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CARCERE: SCOMMETTIAMO SULLA RIEDUCAZIONE
17 Gen 2014 06:07
Nell’ambito della psicologia operata nelle carceri, abbiamo realizzato un’intervista a Barbara Buscemi, specializzata in Psicologia Clinica.
Nel 2011, la dott.ssa Buscemi ha operato nel carcere di Ragusa e Modica in qualità di docente di Comunicazione Interpersonale all’interno del progetto FSE “Rompete le righe”.
D) In merito alla tua esperienza, avevi delle aspettative particolari?
R) Nessuna in particolare, semplicemente, avevo il desiderio di varcare una soglia che, da sempre, mi aveva incuriosito, quella del carcere. Mi interessava, soprattutto, avere un contatto diretto con i detenuti ed è stata un’esperienza che sia professionalmente che umanamente, mi ha soddisfatto molto e che sicuramente rifarei.
D) A tal proposito, qual’è stata la tua esperienza più forte, in senso emotivo, che ti ha colpito e che di certo, ricorderai per tutta la vita? Ci sono stati episodi particolari?
R) In realtà sono stati tanti i casi di detenuti che mi hanno colpito ed ogni singola storia meriterebbe di essere citata. Ma, in generale, quello che mi è rimasto impresso, particolarmente, è stato il fatto che c’erano detenuti, all’interno della struttura carceraria, che scontavano reati commessi anche 10/15 anni prima. Questi tempi così lunghi del nostro sistema giudiziario comportano purtroppo che la pena non è più rieducativa, bensì assolutamente disfunzionale per il soggetto in questione. Per esempio un reato commesso in giovane età e non subito punito comporta spesso che il soggetto, diventato adulto, ha preso le distanze da quel comprtamento deviante messo in atto in passato; si è creato nel frattempo un nucleo familiare, ha un lavoro stabile o magari ha avviato un’attività e invece a distanza di anni si ritrova a dover scontare una pena in carcere che mina e spezza totalmente il nuovo equilibrio che si era creato. Tutto questo rende doppiamente faticoso accettare la pena e scontarla.
D) Quindi, un detenuto, una volta che sconta la sua pena, secondo te, è visto ancora come “individuo”, in grado di reinserirsi con facilità all’interno della società?
R) No, il reinserimento non è affatto facile. La società è spesso impreparata ed è restia ad accogliere chi in passato ha commesso degli errori, infatti, è molto frequente il rischio della recidiva. In mancanza di alternative e possibilità offerte dalla società, per il soggetto la cosa più semplice da fare e ritornare a delinquere, per cui diventa fondamentale creare dei ponti con il mondo esterno che permettono la rieducazione della persona offrendogli delle alternative valide da consentire il reinserimento nella società.
Il carcere dovrebbe essere un luogo di recupero, invece, delle volte, non è altro che un perfezionamento alla devianza. Noi siamo abituati a pensare alla detenzione come alla pena più tipica e quasi insostituibile, della commissione di nuovi reati. Ma di per sé, non è affatto detto che la privazione della libertà che si realizza con la carcerazione, sia sempre la sanzione più adeguata rispetto alla finalità rieducativa. Anzi, come detto pocanzi, dopo la fine della carcerazione e perfino durante la medesima, è molto alto il rischio della commissione di nuovi reati. Forse ancora non si è trovato il modo di sostituire efficacemente le pene carcerarie con altre forme di pena, ma è indubbio che si dovrebbe lavorare in questa direzione, per un sistema adeguato a molti se non a tutti i tipi di reati. Le difficoltà, a questo proposito, discendono dal fatto che attuare tali diverse forme di pena richiede strumenti e risorse economiche ed organizzative, di cui il nostro Stato dispone scarsamente.
Avremmo, quindi, bisogno di una certezza: quella che le pene vengano sempre scontate nei modi più adeguati per perseguirne, appunto, le finalità educative.
Mi piacerebbe quindi che le carceri italiane non fossero solo istituti di pena , ma che puntassero soprattutto al recupero di quelle persone per un futuro inserimento nella società. Quest’ultima deve imparare a dare un’altra possibilità a tutti, qualora il soggetto sia completamente pentito ed abbia scontato la pena con diligenza e buona condotta.
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