È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
BAMBINI SCHIAVI
22 Apr 2013 18:43
Iqbal Mashi nacque in Pakistan da una famiglia poverissima.
A soli 4 anni fu venduto dai genitori a una fabbrica di tappeti e fino a 10 anni rimase incatenato a un telaio. Il padrone pretendeva 10 mila nodi al giorno anche a costo di farlo rimanere accucciato 12 – 13 ore ininterrotte a respirare pulviscolo di lana che danneggiava i polmoni senza rimedio.
Iqbal si ribellò alla sua schiavitù e incominciò a denunciare le condizioni di vita cui erano costretti milioni di suoi fratelli.
A 12 anni ricevette un premio internazionale per il suo impegno. Era diventato un personaggio scomodo per chi si arricchiva sul lavoro dei bambini: la mafia dei tappeti lo condannò a morte.
Fu ucciso il 16 aprile 1995 mentre tornava a casa in bicicletta.
Piccoli schiavi con le loro mani piccole, fragili e agili potevano eseguire meglio i gesti richiesti dai nuovi macchinari nelle fabbriche sin dalla prima rivoluzione industriale e i loro corpi più esili di quelli adulti erano meglio impiegabili nei cunicoli delle miniere; inoltre, essendo più docili e indifesi, risultava estremamente semplice imporre loro regolamenti severissimi e pesantissimi orari di lavoro. Solo dopo il 1840 si intervenne sul lavoro minorile con le prime leggi.
Oggi, all’inizio del ventunesimo secolo, nonostante il progresso della tecnologia che consente miglioramenti nei modi di lavorare mai sperimentati prima, il lavoro dei bambini e delle bambine non solo esiste ancora, ma è largamente diffuso. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO1), nel mondo lavorano almeno 250 milioni di bambini e bambine di età compresa tra i 5 e i 14 anni, di cui circa 120 milioni a tempo pieno: l’Asia è la regione con la percentuale più alta di bambini lavoratori, pari al 61% del totale mondiale, seguita dall’Africa (32%) e dall’America Latina (7%) .
Il problema dello sfruttamento del lavoro minorile è ormai evidente, agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, in tutta la sua gravità e vastità. La grande attenzione che questa tematica sta ricevendo a livello internazionale è però legata non solo alle variabili numeriche e statistiche, ma anche alle condizioni di vita e di lavoro, ai diritti umani e alle situazioni di vita oggettiva dell’infanzia.
Quantificare con precisione il lavoro minorile nel mondo è assai difficile: infatti coloro che utilizzano manodopera infantile difficilmente lo dichiarano.
Questo è dovuto, in primo luogo, al fatto che in tutti i paesi del mondo esistono leggi nazionali che, benché spesso inapplicate, proibiscono il lavoro dei bambini e prevedono sanzioni per chi contravviene al divieto. Inoltre, impiegando giovani lavoratori in nero, i datori di lavoro riducono i costi di produzione e aumentano i profitti ma si pongono nel campo dell’illegalità fiscale, oltre che giuridica.
Come se non bastasse, molti governi, per ragioni di prestigio, fingono che il problema non esista, oppure ne sottostimano l’esistenza, non avendo i mezzi per rilevarlo.
Un elemento da non sottovalutare è la dovuta distinzione tra lavoro forzato, quando il bambino viene allontanato dai genitori e ridotto in schiavitù e lavoro consenziente, quello cioè svolto da un minore in accordo con i genitori per guadagnare qualcosa in supporto al lavoro familiare. E non solo tutte le forme di schiavitù e pratiche analoghe quali la servitù per debiti vanno assolutamente condannate per non parlare del reclutamento di minori nelle forze armate e il loro impiego nei conflitti; l’ingaggio di minori a fine di prostituzione e di produzione di materiale pornografico, l’impiego di minori in attività illecite: e purtroppo oggi ne sono vittime oltre 8,4 milioni di bambini e bambine.
|
© Riproduzione riservata