ATTENTATO ALLA SCUOLA, ATTENTATO ALLA SOCIETÀ.

Attentato davanti una scuola, a Brindisi: una studentessa morta, diverse ferite. Una notizia che ha sconvolto gli animi di tutti gli Italiani: tutti, attoniti, a seguire il tam-tam delle agenzie che arricchivano di particolari la vicenda. Tutti, increduli, a cercare di capire il movente, la matrice, il perché. Tutti, in silenzio, nelle piazze e nelle strade per testimoniare.
Non sono ancora state accertati i colpevoli ed i moventi dell’attentato di Brindisi, ma l’evento ha destato una profonda riflessione su alcuni punti chiave.
IL LUOGO. Scegliere una scuola come teatro di un attentato indica chiaramente che nella mente dell’assassino c’era la volontà di fare una strage. Una strage che sconvolgesse e facesse rumore, destasse sgomento e scalpore. La scuola è, senza troppi giri di parole, la base di ogni società, un parametro fondamentale per determinare la salute di uno Stato. Conosciamo tutti la destabilizzazione e l’indebolimento della scuola pubblica messo in atto dalle politiche dei precedenti governi: le ripercussioni sulla società sono mostrate dalle statistiche e dalle indagini che descrivono l’Italia come un Paese con sempre meno laureati e con sempre meno possibilità di lavoro per loro. La scuola, da punto di forza, epicentro delle rivolte studentesche in tempi molto più lontani di quanto effettivamente siano, è diventata il punto debole di una società e di uno Stato debole. Attentare alla scuola è, di fatto, attentare alle istituzioni.
I MODI. Le modalità dell’attentato non hanno precedenti, le tre bombole fatte detonare non fanno pensare al coinvolgimento della mafia o di gruppi terroristici, bensì al gesto isolato di un folle. Ma alcuni elementi richiamano alla pista mafiosa: l’intitolazione della scuola a Francesca Morvillo, magistrato moglie di Giovanni Falcone, anch’ella vittima della strage di Capaci; lo stesso istituto professionale che vinse il primo concorso sulla legalità indetto dall’osservatorio dei giovani editori; il corteo della legalità che sarebbe transitato a Brindisi di lì a poco. Se questi elementi non saranno giudicati solo una coincidenza, siamo davanti ad una nuova, drammatica fase in cui si colpisce la nuova generazione, stanca, indignata e cosciente del cambiamento che deve mettere in atto.
I TEMPI. Dieci minuti prima si sarebbe evitata la strage, dieci minuti dopo avrebbe coinvolto più studentesse. Che la vittima designata fosse proprio Melissa o un’altra delle studentesse provenienti da Mesagne presenti a quell’ora?
LE VITTIME. Secondo molti, mafiosi e terroristi non avrebbero mai scelto studentesse di un istituto professionale per un attentato. Molti dimenticano che stiamo parlando di menti criminali che nella storia hanno stupito il Mondo intero con la loro efferatezza. Non è detto che ci sia la criminalità organizzata dietro quest’evento, ma è sbagliato pensare che essa non coinvolgerebbe mai giovani studentesse. Creare nuove strategie di terrore colpendo ragazzi che vanno a scuola non è impensabile: “L’istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa”, diceva Antonino Caponnetto. E che ci sia o no la mafia dietro questo atto, c’è sicuramente una cultura mafiosa da combattere ed eradicare.
Non è possibile morire andando a scuola, non si deve aver paura di compiere qualsiasi gesto della quotidianità. Condannare non basta, bisogna combattere la violenza scaturita dall’ignoranza. E le armi più potenti sono proprio i libri, ricchezza della scuola. L’istruzione e la cultura combattono la violenza e non bisogna permettere che la violenza arrivi dove la cultura viene trasmessa: difendere la scuola dalla violenza e difenderla da chi tenta di indebolirla, affinché ritorni sicura, eccellente e funzionale.
I Giovani dell’Italia dei Valori di Ragusa esprimono il loro cordoglio alla famiglia Bassi e la loro vicinanza alle famiglie delle studentesse ferite, con la speranza di una repentina guarigione.

 

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