ARRANGIARSI PER VIVERE

 Passeggiando per le vie di Palermo, in una cocente giornata di sole, noto che la mia città, come tutte le città siciliane e italiane, è proprio bella.

Guardando con gli occhi da turista, la vedo incantevole nelle sue forme e colori, frutto prelibato di grandi civiltà che hanno lasciato il segno, non solo nelle grandi strutture ma anche nei volti e nelle cadenze linguistiche.

Ma, osservandola con gli occhi da Siciliana, l’amarezza che tale terra non abbia trovato ancora la sua identità, schiacciata dal potere e dal malgoverno, mi prende il cuore.

Negozi chiusi e volti spenti.

Affittasi e vendite di case ed attività.

Crescita di bancarelle nei marciapiedi di ogni sorta: frutta e verdura, artigianato locale, riciclo di roba usata in poche parole “l’arte di arrangiarsi”.

I siciliani la conosco bene, perché l’hanno sempre praticata. Hanno sempre cercato di non fermarsi alle difficoltà che la società gli imponeva, e non mi prolungo sulla non efficienza di chi ha governato, perché di questo ne siamo consapevoli ormai da tempo.

Mi rammarica soltanto che i loro sogni di riscatto, semplici e chiari, quali possedere una casa ed avere un lavoro, che si traduca in attività propria o impiegatizia, stanno in atto frattumandosi, in nome di una salvezza di chi sa chi.

Tutto sommato i veri Siciliani hanno sogni semplici, il popolo della strada, di cui io ne faccio parte, non vuole altro che rimanere nella propria terra e costruire un futuro per i propri figli.

Deviati da una politica fatta di fumo, le loro certezze si sono rivelate “castelli di sabbia”.

E, quello che fa ancora più male, è vedere nei loro occhi la rassegnazione e la disperata ricerca di una sistemazione di figli universitari e over 40 che campano alle loro spalle.

Così il ritorno agli “antichi mestieri” per sopravvivere e “non fare mancare il necessario ai figli”.

Parlo di quel popolo che si è sempre sbracciato e ha creduto nel lavoro.

Ora, pur avendo una casa con ipoteca bancaria, non la sente sua, perché in realtà non lo è: senza lavoro sicuro non può pagare il mutuo, né la devastante Imu. Semmai questa la dovrebbe pagare la banca, reale padrona di quella casa tanto desiderata!

I poveri in Sicilia crescono. E’ un dato di fatto!

Non è fantascienza, è realtà.

Molti si sono illusi, e di questo non li giudico ma neanche li approvo, nel cercare nella P.A,  una sistemazione, attraverso clientelismo e promesse di chi aveva bisogno  di  raggiungere il proprio obiettivo: e di questi molti, troppi, sono risultate pedine per  “giochi di potere”.

Credono ancora i Siciliani, e stringono la cinghia ma per quanto ancora?

Creatività, inventiva e senso dell’arrangiarsi non manca.

Ma queste belle “virtù”vengono alimentate?

In questo stato di cose assolutamente no.

Cresce il lavoro “nero” per necessità o si cerca il lavoro facile, ancora per raccomandazione e…

Il posto fisso, quando questo dovrebbe essere riservato soltanto quando ce n’è la reale necessità.

Ci troviamo di fronte uno scenario trivalente: gli” aristogatti” (gli intoccabili), una borghesia decadente e il povero senza niente.

E chi ha un lavoro questo è nel terziario, cioè nei servizi amministrativi, comunali ect… (più del 70%), e la beffa è che i servizi sono inefficienti e disorganizzati. Tanto personale per non far nulla alle spalle di quelle imprese, attività che, in agonia, stanno morendo.

Si può aumentare Iva, Tarsu e tanto altro per risanare i danni altrui.

Ma di certo chi non ha alcunché, non risolverà niente!

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