“ARGU LU CANI” E “ZAGHIRI E PARMI” AL FELICIANO ROSSITTO

Presentati nei nuovi locali del Centro Studi Feliciano Rossitto di via Majorana  i due libri di poesia in lingua siciliana  di Salvo Miccichè, “Argu lu cani” e Zàghiri e Parmi”. Hanno omaggiato il poeta Moccichè il presidente del Centro Studi Rossitto, onorevole Giorgio Chessari, il professore Giuseppe Pitrolo, il giornalista Pippo Nativo e l’attore Giorgio Sparacino che ha magistralmente interpretato tante poesie . E’ stata un’occasione per parlare di poesia siciliana nel tentativo di diffonderne e tutelarne la lingua. A tal proposito il volume “Zaghiri e Parmi” è corredato da un compendio di grammatica siciliana, un ampio glossario, una bibliografia e un apparato di note per chi vuole approfondire lo studio di questa lingua, spesso calpestata e usata male dai giovani soprattutto nei social network. Ampie le relazioni sia del professore Pitrolo che di Pippo Nativo. Il primo si è soffermato , anche nell’introduzione, sulla lingua e gli autori che l’hanno omaggiata, riconoscendo Miccichè e Renato Fidone tra coloro che si inseriscono coerentemente nello scenario dei grandi poeti in dialetto del Novecento. “ Le Loro Poesie- ha scritto Pitrolo nell’introduzione – tendono a conservare e preservare un mondo e una lingua.. scrivere in dialetto, perciò, significa opporsi all’omologazione, essere “glocal”, cioè globale e locale e Miccichè e Fidone pensano globalmente e agiscono localmente” . Pippo Nativo che ha curato la prefazione di entrambi i libri ha illustrato i contenuti del “cuntu”, quelli fatti non solo di parole ma di profumi, gesti , pause, intonazioni. “Nella Sicilia, “Pitruzza ccu tri punti”, Dio pone, come l’Eden, un giardino di ”Zaghiri e parmi” in cui nasce la “puisia” e il poeta- che raccontava ad Argu cunti e stori- ora prosegue raccontando in versi i profumi e le sensazioni dell’Isola e insegnando i fondamenti di una lingua divina, pietica, magica, pluriforme: il Siciliano”. In “Argu lu cani”,  che gode di varie pagine critiche, nonchè, come detto, della prefazione di Pippo Nativo, il libro si chiude  con la poesia “L’Isula”: di cui l’incipit recita:  “L’Eternu Patri ficia u munnu in sei jorna, e lu settimu, s’arripusau; ma prestu ci turnaàu e vosi mintiri a centru ‘imari ‘nsignali di la Sa Putenza, ‘mpuntu fermu ppi sinnari lu camminu di Suli e Luna. E misa na pitrudda cu tri punti, comun a freccia, e nascìu accussì l’Isula..” La stessa poesia apre l’altro libro “Zàghiri e Parmi”, quasi un continuum di  evocazioni isolane in cui i  versi di Miccichè  si perdono, con la grande sensibilità che gli appartiene, tra luoghi , profumi, Santi  e genti, cibo e mare, “Ficumacchi e ficumori” ( fichi e fichidindia), pane fatto in casa e biancomangiare.  E’ un omaggio alla Sicilia e al Siciliano, eletto a lingua e non più semplice dialetto , un lavoro certosino che denota grande cultura non solo dei luoghi e delle tradizioni per cui l’autore sembra aver vissuto da secoli, ma soprattutto dei termini di cui il glossario annesso fa largo uso. Sia la fonetica che mostra la pronunzia del vocabolo , che gli accenti e gli apostrofi delle parole usate in lingua siciliana sono sapientemente spiegate dall’autore così come ampia è la morfosintassi, i tempi e i modi del verbo. Un lavoro che Salvo Miccichè, appassionato di lingue, doveva alla sua Sicilia, perché pur parlando correttamente l’italiano, l’inglese, il francese e il russo, lui le sue poesie le scrive in Siciliano!

Giovannella Galliano

 

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