Archeologia violata: Ragusa coinvolta nella più grande operazione anti-tombaroli degli ultimi anni

Tra Sicilia e Calabria sgominata rete internazionale di tombaroli: Ragusa al centro dell’operazione

Un’operazione imponente, che attraversa regioni, province e persino confini nazionali, ha colpito duramente una rete criminale dedita al traffico illecito di reperti archeologici. E Ragusa, ancora una volta, si ritrova al centro di una vicenda che mette in luce sia la vulnerabilità che la ricchezza del suo territorio.

Dalle prime ore dell’alba del 12 dicembre 2025, i Carabinieri del Gruppo Tutela Patrimonio Culturale di Roma — coordinati dalla Procura Distrettuale di Catania e dalla DDA di Catanzaro — hanno eseguito 56 misure cautelari nell’ambito di un’operazione che ha coinvolto numerose province, tra cui Ragusa, Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta ed Enna, oltre a Crotone in Calabria. Le attività investigative si sono estese anche fuori dall’area meridionale, toccando Roma, Firenze, Ravenna, Ferrara e Forlì-Cesena.

Il ruolo di Ragusa nell’inchiesta

La provincia iblea è uno dei territori più esposti ai rischi degli scavi clandestini, per la ricchezza di siti archeologici spesso isolati e difficili da monitorare. Nel quadro dell’indagine, Ragusa emerge come uno dei luoghi dove la rete dei “tombaroli” agiva con particolare sistematicità, approfittando delle vaste aree rurali e del patrimonio archeologico diffuso, spesso non ancora completamente valorizzato.

Il coinvolgimento di indagati operanti nel territorio ragusano conferma quanto la provincia sia considerata da anni una zona strategica dai gruppi criminali specializzati nei furti di reperti antichi: oggetti che, una volta trafugati, venivano falsificati, rivenduti o esportati illegalmente attraverso canali internazionali.

Due indagini, un’unica rete criminale

A far scattare l’operazione congiunta sono stati i risultati paralleli di due indagini:

  • “Ghenos”, coordinata dal Nucleo TPC di Palermo, che aveva individuato una squadra di tombaroli siciliana attiva in diverse province, compresa Ragusa.
  • “Scylletium”, sviluppata dal Nucleo TPC di Cosenza, che ha documentato le attività illecite in Calabria.

La svolta è arrivata quando gli investigatori hanno scoperto che la stessa squadra siciliana operava stabilmente anche in Calabria, collaborando con gli indagati dell’altra inchiesta. Un collegamento che ha svelato l’esistenza di una rete strutturata, con competenze tecniche, strumenti professionali e contatti internazionali.

Dure le parole degli inquirenti: “Un ambito criminale altamente specializzato”

Gli inquirenti sottolineano come il traffico illecito di beni archeologici sia un settore “altamente specializzato”, capace di generare enormi profitti a danno del patrimonio culturale italiano. Non si tratta di furti occasionali, ma di un sistema organizzato, che richiede conoscenze specifiche, strumenti adeguati e reti di contatti sia locali che oltreconfine.

Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale — che opera dal 1969 ed è riconosciuto come eccellenza internazionale — ribadisce quanto sia fondamentale rafforzare la vigilanza soprattutto nelle province ricche di siti rurali, come Ragusa.

Un patrimonio da proteggere: la sfida per il futuro

Quest’operazione porta con sé una riflessione importante per il territorio ragusano: la necessità di proteggere, valorizzare e rendere sicuri i tanti luoghi archeologici disseminati tra altopiani, vallate e zone rurali.

La provincia di Ragusa, con la sua storia millenaria, resta un meraviglioso scrigno di testimonianze del passato. Ma è proprio quella bellezza — spesso poco conosciuta — ad attirare chi cerca profitti facili e veloci.

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