APERTURA DI CREDITO!

I risultati elettorali di ieri hanno sorpreso tutti sia perché distonici rispetto alle aspettative alimentate dai sondaggisti e fortemente enfatizzate dai protagonisti, sia perché in fondo contrariamente a ciò che si immaginava l’incremento dell’astensionismo rispetto alle passate europee non è andato oltre l’8% (però 5 anni fa si votava in 2 giorni).

 

Per una volta l’esito è stato chiaro qualcuno ha vinto (PD di Renzi), altri hanno perso … Renzi ha avuto ieri dall’Italia la stessa apertura di credito che 7 mesi fa ha avuto dal partito: ieri l’Italia gli ha affidato, come già aveva fatto il partito, la leadership invitandolo a dimostrare nei fatti la forte tensione al rinnovamento del Paese che ha sempre dichiarato.

Nessuno potrà più dire che Renzi non è legittimato elettoralmente, anche se in realtà la legittimazione è avvenuta in modo improprio tramite elezioni che avevano altro scopo, altra finalità, ma che gli attori politici hanno di fatto trasformato in un referendum pro o contro l’azione riformista di Renzi.

 

Al di la delle analisi tardo-ideologiche della sinistra del PD l’azione di sfondamento di Renzi al centro ha dato frutti abbondanti, al di la di ogni previsione, in questo aiutato inconsapevolmente, ma decisamente dalla campagna elettorale di Grillo.

Ripetere dopo un anno gli stessi identici slogan di un anno fa non ha pagato e per diversi motivi, ne elenco alcuni:

a) il linguaggio che costituiva un anno fa una novità sorprendente, che risultava efficace in un guitto prestato alla politica, è risultata un po’ stonata sulle labbra del leader del primo partito del Paese, ci si aspettava una rivisitazione più “istituzionale” del linguaggio che non è arrivata;

b) perché la protesta non si è trasformata in proposta, e questo ha creato delusione in alcuni di coloro che l’anno scorso avevano dato fiducia al M5S (non si spiega altrimenti il calo di voti clamoroso in un elettorato “caricato” da un leader che ha stressato la campagna elettorale proprio in termini motivazionali (quasi 3 milioni di voti in meno)per renderla “insensibile” al calo di partecipazione;

c) le condizioni non erano identiche, il modo di esercitare la leadership di Renzi non ha nulla a che vedere con quella di Bersani, il passo, la determinazione, la capacità comunicativa sono completamente diversi tra i due leader ed infatti il PD guadagna, pur in presenza del calo di affluenza dell’8% oltre 2 milioni e mezzo di voti rispetto alle politiche.

 

Dopo questo risultato che punisce il messaggio di Grillo che è stato percepito come “disfattista” e premia l’invito alla “speranza” di Renzi il percorso delle riforme diventa ineludibile e indifferibile!

Sarebbe sciocco Renzi a pensare che il “suo” sia un risultato consolidato, tutt’altro, è una apertura di credito altrettanto “fluida” come quella concessa un anno fa a Grillo, con una ampia possibilità di consolidamento, ma a seguito di “fatti concludenti” non più di progetti, gli elettori hanno valutato “promettente” i primi 80 giorni di governo del giovane Renzi, ma al prossimo scrutinio verranno valutati non più i programmi, ma i risultati!

In più Renzi, e tutto il PD, sono chiamati a un appuntamento importante per il Paese in cui la concomitanza di diversi fattori creano le condizioni per giocare un ruolo da protagonista in Europa:  il PD ha la più folta rappresentanza nel gruppo del Partito socialista Europeo (l’intuizione di Renzi di entrarvi senza tentennamenti si è rivelata assolutamente efficace); gli “euroscettici” sono cresciuti significativamente di fatto indebolendo politicamente le politiche rigoristiche dell’apparato burocratico europeo, e soprattutto minando due grandi paesi tendenzialmente rigoristi (Gran Bretagna e Francia) che finora sono stati sia dentro che fuori l’area Euro degli interlocutori privilegiati della Germania; l’Italia di Renzi ha per 6 mesi una posizione di rilievo (la presidenza) che gli permette di assumere l’iniziativa di rappresentare le istanze delle economie socialmente più provate dal rigorismo che finora è stato il “pensiero unico” che ha improntato la politica economica comunitaria.

 

Il messaggio è arrivato forte e chiaro anche a coloro che, all’interno del PD,  continuano a pensare il consenso elettorale come intriso esclusivamente di contenuti ideologici, per giunta tarati su categorie novecentesche, i risultati denotano un approccio molto più pragmatico, e anche molto più aleatorio e non solo riguardo alla persona del leader, ma anche riguardo alla parte politica: ti do fiducia se dimostri di saper gestire altrimenti mi rivolgo ad altra compagine.

 

Aver percepito da parte di Renzi questo nuovo approccio alla politica, fortemente osteggiato da parecchi esponenti storici del PD, gli ha permesso di “sfondare al centro” aumentando in un anno di oltre il 15% il proprio consenso elettorale (dal 25,4 delle politiche al 40,8 di ieri).

 

Adesso pero il PD non ha più attenuanti, il Paese si aspetta le riforme efficaci e subito!

 

 

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