Anteas Ragusa: come hanno trascorso la pandemia gli anziani? Ecco i dati

Il lockdown della scorsa primavera è stato durissimo per gli anziani con demenza e ha purtroppo avuto ripercussioni sul loro benessere mentale e anche su quello dei loro caregiver. I dati, raccolti sugli anziani che hanno trascorso i mesi da marzo a maggio 2020 nella loro casa o in quella del caregiver, indicano che sono soprattutto quattro i disagi comparsi o peggiorati durante le settimane di isolamento: agitazione e aggressività, che si sono manifestate per la prima volta o sono diventate più gravi o frequenti nel 21% dei pazienti, ansia (15%), apatia e indifferenza (13%), irritabilità (12%).

Si è registrato anche un 10% di anziani per cui è comparsa o si è aggravata la depressione, in oltre il 6% sono emersi disturbi del sonno, allucinazioni, delusione. Ad evidenziarlo Anteas Ragusa che mette in evidenza le peculiarità di un percorso che ha interessato una fascia della popolazione nei cui confronti è necessaria una sempre maggiore attenzione.

“Anche i caregiver – aggiunge il presidente di Anteas Ragusa, Rocco Schininà – quasi sempre familiari e nel 68% dei casi donne, hanno risentito negativamente del periodo trascorso in solitudine; inoltre quasi uno su quattro ha dovuto rivolgersi al medico per chiedere consiglio su come gestire i disturbi psico-comportamentali, nel 15% dei pazienti c’è stata necessità di aumentare il dosaggio dei farmaci già in uso o della prescrizione di nuove terapie.

I dati raccolti nell’ultimo anno evidenziano inoltre che gli anziani con demenza hanno un maggior rischio di contrarre Covid-19 e di andare incontro a malattia grave o complicanze, anche neurologiche. Solo il 7% degli anziani prima della pandemia non aveva alcun sintomo psico-comportamentale della demenza. Nella maggioranza dei casi si è potuto osservare un aggravamento di problemi preesistenti, più che la comparsa di nuovi.

Il confinamento a casa è stato dunque deleterio, sebbene un consistente grado di malessere fosse già presente prima del lockdown e la quarantena stessa abbia avuto un impatto consistente a prescindere dall’attività di caregiving. Ecco perché sosteniamo che l’attenzione nei confronti di questa fascia debole della popolazione non sia mai abbastanza e che è necessario garantire i supporti adeguati al fine di sanare tutte le difficoltà segnalate”.

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