All’Hospice di Modica una messa per chi soffre a cura della Caritas

Una celebrazione molto partecipata, non solo per i numeri. È stata una preghiera di preghiera intensa quella di ieri sera all’Hospice di Modica. Il momento più ‘forte’ quello che in pochi hanno potuto ‘vedere’, ma che tutti hanno accompagnato con la preghiera: il cappellano don Giorgio Cicciarella ha portato il Santissimo Sacramento nelle stanze dei malati, accompagnato da alcuni volontari che ogni giorno offrono la loro presenza, spesso silenziosa, a chi sta male. La messa per la città, appuntamento mensile animato dalla Caritas diocesana e dal Centro di ascolto cittadino, nel mese di febbraio, in cui si dedica particolare attenzione a chi soffre per la malattia, è stata celebrata proprio nella struttura ospedaliera.

Il senso nella preghiera del direttore Caritas, Maurilio Assenza, durante l’adorazione eucaristica: «Signore, la nostra preghiera stasera unisce sofferenza e responsabilità pastorali: per il luogo, per essere qui a dire al cappellano padre Giorgio quanto gli siamo grati e come vogliamo che si senta espressione di tutta la comunità ecclesiale, per esserci come animatori Caritas, con la responsabilità di coinvolgere le nostre comunità perché nessun ammalato resti solo». E ha aggiunto: «Non lo so, Signore, se è un sogno impossibile, che ci siano sentinelle che si accorgano, che si attivino forme discrete di presenza, di visita per ogni ammalato. Aiutaci a risvegliare la carità sopita nella città, non venendo meno alle nostre responsabilità pastorali e di animazione».

Maurilio Assenza ha poi proseguito: «La malattia di chi ti è caro: quanta impotenza in certi momenti e quanta commozione nell’aver cura della mamma che si mette nelle tue mani diventando dolcissima negli ultimi giorni. Quanta percezione di dedizioni belle e di disfunzioni gravi nel campo sanitario e talora deformazioni professionali, che la signora Maria esplicitava così, chiamando ‘Caino’ chi pensa anzitutto ai soldi. Situazioni che ci scoraggiano, ma anzitutto interpellano. Donaci una comunione forte, generativa, di missione tenace, profetica, creativa nelle frontiere più difficili».

Parole che hanno fatto eco a quelle che don Giorgio ha ripetuto nell’omelia, richiamando il testo del messaggio annuale del Papa in occasione della Giornata del malato. «Ci impegniamo a pregare per tutte le persone sofferenti, di tutti i reparti. Non ci sono reparti dove non ci sia sofferenza… Il malato non ha bisogno di troppe parole, di commiserazione, ma della nostra vicinanza, come Maria che si mette a servire Elisabetta. È un bel dono gratuito: mi avvicino alla persona sofferente e mi prendo cura, con la mia vicinanza, con una carezza. Essere vicino a chi è nella sofferenza ci fa scoprire che tutto è dono».

Una volontaria dell’Unitalsi ha ricordato come proprio il 22 febbraio del 1858 Bernadette tornò alla Grotta di Lourdese, ma quel giorno la Vergine non apparve: «Bernadette si sentì abbandonata, come Gesù sulla croce, come ciascuno di noi, soliti, tristi e impotenti di fronte alle prove della vita… come se Dio si nascondesse proprio nel momento in cui lo invochiamo. In realtà ci è vicino… Dio ci ama così come siamo. Chiediamogli la grazia di incontrarlo nel servizio, in chi ci tende la mano». Tante le preghiere: quella degli operatori sanitari quella dei volontari, perché Dio possa aprire «i nostri cuori alla speranza dove c’è paura, al conforto dove c’è tristezza». Molto toccante la preghiera di due signore, la cui mamma, un anno fa, era stata ricoverata all’Hospice, dove ha trovato «assistenza e conforto». Un giovane ha pregato per i «fratelli migranti, perché il Signore accompagni i loro viaggi e i lo sogni».

La preghiera di Enrica: «Signore, ti prego di donarci la forza di dare sempre un senso ai momenti dell’inerzia, della malattia, della solitudine, della sofferenza. Momenti che viviamo spesso come intervalli strani, oscuri, della vita, da abbreviare il più possibile e da dimenticare subito. Aiutaci ad andare oltre le circostanze esteriori, di gioia o di dolore che siano. Aiutaci ad abitare con pienezza e fiducia nel tuo amore le terre di confine tra malattia e speranza, tra fragilità e rinascita. E facci essere per tutti carezza, sorriso, balsamo e testimonianza di carità autentica».

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