ALLA RISCOPERTA DI BIAGIO MANCINI FIGURA ANCORA VIVA A COMISO

“Nessuno, lo sappiamo, potrà più restituirci, se non forse nel sonno, l’ombra di una nuvola del ’36 sulle nostre fronti nude, e un grido di rondini, e una cantilena d’echivendolo, e la voce di Biagio Mancini dall’alto di un’impalcatura, un mezzogiorno del ‘49”. Così Gesualdo Bufalino, in “Comiso Viva” del 1976, cantava la figura del maestro del costruire con arte, l’architetto Biagio Mancini (1922-1959). E alle sue opere, alla sua figura, al suo essere professionista, ha voluto rendere omaggio l’Ordine degli architetti della provincia di Ragusa, con la Fondazione Arch. (Studi e ricerche) e la commissione “Focus cultura” in occasione del secondo appuntamento de “La Primavera dell’Architettura”. Una sala stracolma di gente, al Centro servizi culturali, ieri pomeriggio a Comiso, ha reso omaggio all’uomo e alle opere dell’architetto impregnato di cultura umanistica fiorentina e di razionalismo alla Michelucci. Anche la presenza del prefetto Francesca Cannizzo, del soprintendente di Ragusa, Vera Greco, oltre a quella del sindaco, Giuseppe Alfano, con l’assessore alla Cultura, Maria Rita Schembari, e del deputato regionale Giuseppe Digiacomo, ha elevato al massimo livello la partecipazione istituzionale. “E’ evidente – afferma il presidente dell’Ordine, Giuseppe Cucuzzella – che abbiamo colto nel segno proponendo una figura come quella di Biagio Mancini che, ancora oggi, è molto apprezzata in questa città”. Una sottolineatura fatta anche da Vincenzo Canzonieri, presidente della Fondazione Arch., nel suo intervento introduttivo in cui ha avuto pure modo di soffermarsi sulle caratteristiche dell’iniziativa, giunta al secondo appuntamento, portata avanti dall’Ordine. Ma chi era Biagio Mancini? Studente a Firenze negli anni Quaranta, con poco pane e molta passione, osservava con una certa qualità d’animo le bellezze del Rinascimento. Nato a Comiso da una famiglia di artigiani, si laureò nel capoluogo toscano nel dicembre del 1949. Nel 1950 aprì lo studio-abitazione, diventando in breve tempo un punto di riferimento per molti. Il suo primo progetto fu la Villa Monello che realizzò con ampia libertà. Sempre a Comiso, realizzò Villa Sallemi, con uso sapiente dei materiali, il Cinema Diana, dalla sorprendente copertura apribile, l’ex Cinema Gaudium, la Fonte Diana, dal disegno leggero e trasparente, e la sua villa su pilot, che non esiste più. A Vittoria progettò il Cinema Rox, la casa Palazzolo e altre costruzioni. Ad Acate il Municipio. A Ragusa l’Hotel Mediterraneo, il palazzo della Fiat (dove poi aprì lo studio), il grattacielo, la Chiesa dei carmelitani. A tratteggiarne la figura, ieri pomeriggio, il figlio, l’architetto Salvatore Mancini, l’architetto Giuseppe Inghilterra, attraverso uno sguardo alle sue opere, il prof. Nunzio Zago, soffermatosi su “La Comiso di Bufalino”, lo scenografo Giuseppe Guastella e l’ing. Michele Zisa, con una relazione sulla “Salvaguardia dell’architettura moderna degli anni 1950-1960”. In pochi anni Mancini progettò opere in mezza Sicilia. “Ce ne vuole – diceva – per diventare un Wright”. Era il suo architetto ammirato. Mancini è  stato ricordato come un uomo fra gli uomini, una personalità libera ed onesta che si rapportava con le maestranze con umiltà e semplicità. Questo l’alto insegnamento che viene da questo generoso architetto. Ed è un insegnamento che assume in questo periodo, in cui è necessario abbandonare molti compromessi che hanno portato agli scempi della natura e ai negativi risultati urbanistici ed architettonici più recenti, un altissimo significato. 

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