#adessobasta. L’arancia meccanica iblea

Ciò che è successo qualche giorno fa alla giovane donna vittoriese è l’emblema brutale di come il corpo femminile sia ancora considerato un oggetto su cui e contro cui all’uomo è permesso sfogare il peggio dei propri istinti animaleschi e della propria rabbia. La sequenza dei fatti raccontati dalla vittima si snoda come una pellicola da film horror che rende ancora più inquietante l’episodio.

Un uomo, un padre, un marito (a proposito: che ne è della sua famiglia, della moglie, dei figli?) che deve sfogare le proprie frustrazioni familiari e coniugali con la prima che passa, facendone la vittima di questo caos esistenziale. La preda è, naturalmente, una donna che ha solo la sventura di incrociarlo sulla sua strada al ritorno di una normale festa di compleanno passata con gli amici. Ma per lui è la preda ideale, è la bambola di gomma, l’oggetto su cui sfogare tutta la rabbia e la brutalità accumulate. Ci viene spontaneo chiederci che svolgimento avrebbe avuto la trama se a passare, in quel momento fosse stato un uomo. Certo non il medesimo.

Tutto ciò ci rende ancora più convinte e decise a proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso: non ci stancheremo di informare e formare riguardo la violenza di genere, di educare il più possibile per quanto concerne il rispetto delle differenze, di reclamare e combattere per leggi e pene adeguate (troviamo inammissibile che questo bruto si sia fatto solo 4 giorni di galera dopo una condanna a due anni e mezzo per reati similari) per i colpevoli di questi delitti, di assistere e aiutare le donne vittime di violenza.

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