A RISCHIO IL FUTURO DELLA BIODIVERSITÀ GLOBALE

 Una ricerca pubblicata su  Nature Climate Change (Quantifying the benefit of early climate change mitigation in avoiding biodiversity loss;  Published 12 May 2013) della  University of East Anglia, rivela che nei prossimi decenni la biodiversità potrebbe subire un drastico declino a causa dei cambiamenti climatici.

“Il cambiamento climatico dovrebbe avere influenze significative sulla biodiversità terrestre a tutti i livelli del sistema, comprese riduzioni a livello delle dimensioni, dell’areale e dell’abbondanza delle specie, soprattutto tra le specie endemiche”.

Entro il 2080, se non si farà nulla per ridurre il riscaldamento globale, si prevede che circa il 34% degli animali e il 57% delle piante perderanno la metà dei loro areali; le aree cioè, entro cui sono distribuite le specie, diminuiranno sempre più a livello globale e con esse la biodiversità.

La ricerca ha preso in esame lo studio di 50mila specie comuni e globalmente diffuse; gli autori hanno spiegato che uno studio di tali proporzioni è stato possibile grazie all’utilizzo della Global Biodiversity Information Facility, una piattaforma che permette di accedere ad un immenso database relativo a ricerche eseguite in laboratori di tutto il mondo.

“Mentre si è fatta molta ricerca sugli effetti dei cambiamenti climatici sulle specie rare e minacciate, poco è stato studiato su come un aumento della temperatura globale influenzerà le specie più comuni. La questione più ampia delle potenziali perdite delle specie diffuse è un problema serio in quanto anche un piccolo declino di queste specie può alterare in maniera significativa gli ecosistemi” ha spiegato Rachel Warren, del Tyndall Centre for Climate Change Research, che continua: “La nostra ricerca prevede che il cambiamento climatico ridurrà di molto la diversità delle specie anche molto comuni che si trovano nella maggior parte del mondo. Questa perdita di biodiversità su scala globale impoverirebbe notevolmente la biosfera e i servizi ecosistemici che fornisce. Abbiamo esaminato l’effetto dell’aumento delle temperature globali, ma altri sintomi del cambiamento climatico, come gli eventi meteorologici estremi, i parassiti e le malattie ci fanno supporre che le nostre stime sono troppo caute. Soprattutto gli animali possono diminuire più drasticamente perchè le nostre previsioni non tengono conto della diminuzione del cibo”.

 

Le perdite maggiori si prevedono in Amazzonia, in Australia e nella fascia sub-sahariana e saranno soprattutto a carico di anfibi e rettili. In Asia centrale ed in Europa sud-orientale ci sarà una drastica diminuizione delle specie vegetali.

Il dr VanDerWal, co-autore della ricerca, del Centre for Tropical Biodiversity and Climate Change della James Cook University, evidenzia che “La flora e la fauna unica dell’Australia avranno un momento particolarmente difficile. Stiamo per assistere a grandi cambiamenti della temperatura e precipitazioni e della tempistica di tali eventi in Australia. Anche se abbiamo già una quantità enorme di variabilità nel nostro clima, significa che le specie in futuro saranno ancora costrette a spostarsi a causa del clima. L’Australia è abbastanza grande e in gran parte pianeggiante, quindi i movimenti dovranno avvenire abbastanza lontano in termini di distanza. Ma la dispersione su lunga distanza non è comune per molte piante australiane, per gli anfibi e piccoli mammiferi che proprio non possono camminare alla velocità del cambiamento climatico che è una realtà”.

 

Sarebbe necessario che i Governi di tutto il mondo attuassero quelle strategie utili a controllare le emissioni di gas climalteranti al fine di mitigare i cambiamenti climatici e ridurre al minimo le alterazioni degli ecosistemi. Secondo i ricercatori questo porterebbe alla riduzione del 60% delle perdite ed inoltre si darebbe alle specie un tempo di circa 40 anni in più per adattarsi ai cambiamenti.

“L’azione rapida e rigorosa per ridurre le emissioni di gas serra a livello globale potrebbe ridurre queste perdite di biodiversità del 60 per cento se il picco delle emissioni globali fosse nel 2016, o del 40 per cento se il picco delle emissioni fosse nel 2030, mostrando che l’azione rapida sarebbe molto vantaggiosa. Questo sia per ridurre la quantità di cambiamenti climatici e per facilitare l’adattamento delle specie animali, vegetali e degli umani”, continua Warren.

Con una precisa strategia, secondo gli autori si potrebbe far sì che la temperatura aumenti solo di due gradi e non di 4 come previsto che succeda entro il 2100.

“La buona notizia è che la nostra ricerca fornisce nuove prove di come una rapida azione possa ridurre i gas ad effetto serra sia in grado prevenire la perdita di biodiversità, riducendo la quantità di riscaldamento globale a 2 gradi Celsius invece che 4 gradi. Questo farebbe anche guadagnare tempo – fino a quattro decenni – perchè le piante e gli animali possano adattarsi ai restanti 2 gradi di cambiamento climatico”.

I ricercatori concludono: “Ci sarà anche un effetto a catena per la popolazione umana che dipende totalmente dall’ecosistema in cui vive e una perdita così diffusa su scala globale della biodiversità è destinata a impoverire i servizi dell’ecosistema su cui si fonda la vita umana. Queste specie comuni di piante e animali sono fondamentali per la purificazione dell’acqua e dell’aria, prevengono le inondazioni, fungono da nutrimento per il suolo che noi destiniamo all’agricoltura e ne garantiscono i cicli”.

Tutte cose che consideriamo scontate, ma che non lo sono affatto, e che noi stiamo facendo sparire.

 

 

 

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