A RAGUSA SI RINNOVA UN DIFFUSO RITO, MODERNO MA ORMAI RADICATO

Si rinnova a Ragusa un rito moderno ma ormai consolidato tra i tantissimi che seguono un modo di pensare, un atteggiamento, un comportamento quasi del tutto condivisibile. Il rito è collettivo e privato, ma necessita di un fondamentale elemento per poter essere celebrato: il bel tempo. E domenica 10 marzo 2013 il bel tempo è effettivamente arrivato: totale assenza di vento anche nelle zone montane, temperatura confortevole intorno ai 20 gradi nelle ore calde della gironata, limpidezza di cielo e diffusa voglia di primavera, tra gli umani e la natura.

Ed ecco il rito, che può svolgersi ovunque, ma con luoghi maggiormente dedicati, quasi istituzionalizzati. Tra questi, al primo posto assoluto e senza possibilità di comparazione, è il Lungomare di Marina di Ragusa, nel tratto “raffinato”, ovvero dal nuovo Porto a Piazza Duca degli Abruzzi, ed anche nel tratto “viddano”, dalla stessa Piazza (anche se attualmente chiusa per i noti lavori di rifacimento) e fino a Piazza Malta. Dopo Piazza Malta e fino al depuratore è invece terra non definita, certamente non di competenza dei ragusani finicchi. Tornando alla parte “fina” de lungomare, e sopratutto lungo le banchine del porto turistico (celebrato anche da Sereno Variabile nella puntata di sabato), ecco celebrato il rito di cui si diceva: i ragusani – avvertita la temperatura primaverile – iniziano a spogliarsi. Letteralmente. Sono stati avvistati bermuda, pantaloni di leggerissimo lino bianco, polo a manica corta, camice sudate sotto le ascelle, cappellini colorati e financo le infradito a mostrare falangi e falangette bianche e rachitiche nonostante i mesi in palestra e in solarium.

Un rito collettivo che il ragusano celebra con felicità, inusuale nel carattere tipico del massaro dell’altopiano, ma ormai fatto compiuto tra le nuove e nuovissime generazioni, del tutto globalizzate. Si aggiunga che il rito prevede anche una fase di ritorno, quando, a settembre, arriverà la prima giornata di pioggia e, nonostante i ventotto gradi, i ragusani tireranno fuori i moncler lucidi e i nuovi stivali. Ma non anticipiamo nulla, così da riservarci un altro articolo per quel tempo.

Prima di chiudere, sarebbe appena il caso ricordare che i nonni e i bisnonni di questi ragusani che oggi mettono le infradito il 10 di marzo, solo fino a qualche decennio fa, memori (memorie di millenni) dell’antica tradizione, erano sempre fedeli all’antico modo di dire: “a maju nun livari, a sittiemmuru nun mintiri”.

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