Francia, Gran Bretagna e Spagna alzano il livello di attenzione sanitaria per la diffusione di una pericolosa ondata di influenza stagionale particolarmente aggressiva, ribattezzata dagli esperti “super influenza”. Si tratta del virus H3N2, uno dei principali ceppi influenzali, che quest’anno si presenta con un sottotipo mutato, noto come “K”, capace di diffondersi più rapidamente e […]
Riusciamo a dividerci anche sulle barche della solidarietà
04 Set 2025 08:49
La rubrica dello psicologo a cura di Cesare Ammendola
Persino su questo litighiamo sui social. E ovunque.
Ora il vento e altre tempeste sembrano avere fermato le imbarcazioni.
Voglio invece condividere qui le parole del mio Ordine, l’OPRS, l’Ordine Psicologi Sicilia, che in un post pubblico di due giorni fa ha pronunciato parole gentili ma ferme su un tema che non dovrebbe essere divisivo.
“La Sicilia si è mobilitata per accogliere e sostenere la Global Sumud Flotilla, la più grande missione civile via mare diretta verso Gaza con l’obiettivo di fornire sostegno concreto alla popolazione palestinese e di richiamare l’attenzione della comunità internazionale sulla situazione umanitaria in atto. La flotta internazionale ha fatto tappa in questi giorni nei porti di Catania e Siracusa, da dove partirà ufficialmente la missione, insieme alle altre imbarcazioni in arrivo da Spagna e Tunisia.
Come Ordine degli Psicologi della Sicilia, come categoria professionale, non possiamo non sostenere la Global Sumud Flotilla, riconoscendo il valore umano e simbolico di questa iniziativa e l’importanza di azioni concrete volte a promuovere diritti, dignità e salute nei contesti di maggiore fragilità.
Riteniamo, inoltre, fondamentale per il futuro del senso della nostra professione non soccombere agli automatismi psicotici della catena distruttiva, opporsi e dire no.
Non soccombere alla rassegnazione e all’impotenza, soprattutto quando non c’è niente da fare, o così appare in certi frangenti della vita.
Questo facciamo, in piccolo, ogni giorno, nei nostri luoghi di lavoro, e questo facciamo, proviamo a fare, anche quando le scale di proporzione sono tutte sul sociale. Alimentare la fiammella del cambiamento possibile come pratica di salute mentale.”
Faccio mio il messaggio/appello delle colleghe e dei colleghi per una semplice ragione che ribadisco con il tono forse retorico, poetico, ma invero drammatico col quale avevo già scritto a riguardo pochi giorni fa.
L’umanità ora è la barchetta di carta di un bambino perduta tra le onde dell’orrore. Anche io soffio con tutto il cuore perché le barche arrivino a destinazione. Solo perché la destinazione coincide con la salvezza di bambini (innanzitutto) straziati dalla fame. Non ne faccio una questione ideologica. Non appartengo a nessuna tifoseria.
Amo Israele e gli ebrei da sempre. So che anche loro, ogni giorno, da decenni, percepiscono di essere minacciati esistenzialmente. Ho provato orrore nel leggere l’olocausto. E orrore il 7 ottobre.
Ma da mesi il mondo sbircia dalla siepe e tollera l’inferno di un giardino. Il giardino dell’infinita vergogna.
Tento di dire soltanto una cosa: l’ancora che ci consente di rimanere umani oggi è legata a un filo fragile di carta. In un oceano d’odio che nessun bambino, di nessuna nazionalità e religione, avrebbe mai disegnato.
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