PIÙ DONNE, MENO CORRUZIONE

Su la Repubblica di ieri 3 giugno, Chiara Saraceno perorava la necessità che vengano nominate delle donne nel caso del prossimo rinnovo di due importanti autorithy, quella per le garanzie nelle comunicazioni e quella per la protezione dei dati personali. E’ sotto gli occhi di tutti la situazione degli organi istituzionali gestiti, almeno ai più alti livelli e per non meno del 90%, da uomini. Nonostante, come sottolinea sempre la Saraceno, il parlamento abbia qualche tempo fa approvato una legge antimonopolistica per il sesso, riservata alle aziende quotate in borsa: i principi giusti si applicano a casa degli altri, non a casa propria.

A proposito di quanto sopra, è allora il caso di ricordare che un intero capitolo della relazione annuale della Banca d’Italia è dedicato alle donne e al loro ruolo nell’economia italiana, 10 pagine su un totale di 396. Dieci pagine che raccontano quanto l’Italia presenti forti criticità rispetto alla partecipazione delle donne nella vita economica, nonostante i progressi negli ultimi decenni. Perché, “Nel 2011 il Paese continua a collocarsi tra i più arretrati nella graduatoria dell’indice Global gender gap (al 74° posto su 145 paesi; 21° posto tra quelli dell’Unione europea) – si legge nel testo della Banca d’Italia – penalizzato soprattutto dalla componente “partecipazione e opportunità economiche” (90° posto), mentre è più contenuto il divario in termini di “risultati scolastici” (48° posto).

Per Bankitalia, una è la causa principale della bassa partecipazione femminile: “La carenza dei servizi volti a conciliare vita professionale e familiare” che continua a essere “un freno alla partecipazione al mercato del lavoro nei primi anni di vita dei figli”. Perché anche all’interno della famiglia, anche tra le coppie in cui entrambi i coniugi lavorano, “i carichi domestici e di cura gravano in misura sproporzionata sulle donne”. Per questo si sottolinea la necessità “di interventi ad ampio raggio per ridurre i divari; le esperienze sviluppate in alcuni paesi – sul piano normativo, fiscale, dei servizi – possono fornire utili indicazioni”

Eppure, una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, nelle posizioni di vertice e nelle amministrazioni porterebbe non solo “meno corruzione” perché “a una più elevata presenza di donne tra gli amministratori pubblici corrispondono livelli di corruzione più bassi e un’allocazione delle risorse orientata alla spesa sanitaria e ai servizi di cura e istruzione”. Ma anche, “un aumento del numero di famiglie con redditi da lavoro e una riduzione del rischio di povertà, con una crescita complessiva del Pil”.

Se allora è vero che a una maggiore partecipazione femminile corrisponde meno corruzione, e questo vale anche in politica e negli ambiti istituzionali, questo è un ulteriore buon motivo perché si faccia giustizia tra i sessi e giustizia contro la corruzione.

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