“CREPUSCOLO IBLEO”

Dopo tanto letargo meditativo, per certi versi imputabile anche all’amarezza scaturita dallo sciagurato risultato delle ultime elezioni amministrative, esco dal mio osservatorio dei  fenomeni della vita per un nuovo contatto con i cari amici lettori di Ragusa Oggi. Leggendo alcuni articoli sul Web del nostro quotidiano,  ho colto con tristezza e quasi con tedio, gli appelli di sempre, rivolti peraltro da bravi e sensibili cronisti, ben informati, miranti ad una augurabile e possibile rivalutazione del centro storico. L’argomento in oggetto è ormai diventato come un malato inguaribile; recentemente sono venuti al suo capezzale politici,sindaci e amministratori di ieri e di oggi, convenuti pubblicamente per diagnosticarne il malessere e suggerire la terapia giusta per  una pronta riabilitazione. Vorrei  tanto che i loro “ bla bla” fossero utili  alla causa,piuttosto che non essere dissimili dall’operato inutile dei medici luminari chiamati a guarire”Arpagone”, noto personaggio di un’ironica e divertente commedia di Moliere.

 Tentando adesso di fare una valutazione obbiettiva di ciò che si presenta al mio sguardo, non certo offuscato da interessi  egoistici né da squallidi intrighi di faccendiere insinuato nei  vicoli sordidi della politica , esprimerò il mio punto di  vista, non da cronista, ma da libero pensatore. Nella nostra Ragusa, il “ centro storico e non tale”, sono ormai delle entità quasi astratte. Il tanto decantato progresso e sviluppo economico per grazia ricevuti, non hanno apportato l’auspicata  ventata di  bonifica morale e culturale dei quartieri urbani che costituiscono il cuore e le aree ad esso limitrofe della nostra città, come invece è avvenuto in  altre realtà  dell’isola e, soprattutto del resto d’Italia. Tutto questo non è solo colpa della gente che, a detta di alcuni,non avendo un livello di aspirazioni più elevato, bivacca nei centri commerciali,piovuti dal cielo in un nonnulla(ma da dove è arrivata tanta manna dal cielo per realizzarli così celermente? Ah saperlo!!), oppure acquistare a qualunque costo una mercedes o un BMW e una villetta a Mazzarelli,feudo ibleo, per una grama esigenza del proprio io. Io penso che la responsabilità dell’ignavia e della mediocrità imperanti  nella nostra città siano ascrivibili anche al pessimo governo di essa negli ultimi vent’anni,soprattutto in qualche settore amministrativo di delicata importanza. Questa non  vuole certo essere la solita critica del “dalli al politico” come capro espiatorio dei malesseri  consolidati nel nostro habitat urbano, ma è un’analisi  schietta e chiara che inevitabilmente va collegata con i poteri in essere.

Il centro urbano meno nobile o non di  valore storico che dir si voglia è ormai involuto e abbandonato. Un classico esempio è Viale Ten. Lena, un tempo vero salotto cittadino, pieno di negozi, cinema,con un caffè molto elegante (n.d.r Talmone),pur non essendo un “Pub”  di oggi. Questo viale brulicava di gente, estate e inverno . Nei cinema e negli accoglienti bar dell’epoca vi erano caffè concerto,rappresentazioni teatrali  show studenteschi,convegni interessanti e tutto ciò che  potesse contribuire ad incrementare alacremente la tanto agognata aggregazione sociale. A questo punto mi domando con naturalezza: ma chi è rimasto indifferente per anni alla decadenza  e  all’agonia di una strada splendida e decorosa,conosciuta anche in tutta la provincia? Chi ha autorizzato  l’edificazione di una costruzione così mostruosa, peraltro colosso fantasma di nessuna utilità, che da quasi trent’anni incombe deleterio come unno sconfinato dinosauro di cemento?  Spesso incontro distinti signori anziani di mia conoscenza, che tornano da una salutare passeggiata, tristi e disgustati per lo squallore che comprime  la zona. Per farsi perdonare queste leggerezze, i nostri  diligenti amministratori però, in collaborazione con i detentori del potere a livello regionale, veri decisionisti del calmiere dei costi delle opere pubbliche, e della  equa distribuzione dei guadagni  agli organi competenti, hanno fatto realizzare nei pressi un parcheggio sotterraneo sontuoso( n.d.r. P.zza del Popolo il suo completamento ha già sforato di quattro anni i tempi della consegna per chi non lo sapesse con grave danno per i cittadini tartassati da multe e contravvenzioni di certa entità; complimenti a chi si occupa del settore traffico e viabilità….) Trasferendoci  ora ad analizzare il centro storico vero e proprio,caratterizzato dalla presenza  di palazzi, monumenti  e costruzioni  barocche, lo scenario crepuscolare  non cambia di molto.

Qui c’è da fare un  distinguo ormai a tutti noto. Da una parte c’è il quartiere barocco per eccellenza, nonché Ragusa Ibla, diventata il fiore all’occhiello della provincia per la maestosa sobrietà acquisita. Essa,grazie  all’utilizzo di somme ingenti di denaro, rese disponibili dalla legge omonima, ha visto felicemente mutare il proprio volto esteriore per la mirabile ristrutturazione dei suoi aviti palazzi,strade e monumenti, assurgendo superbamente a luogo di notevole interesse storico, meritevole di annovera mento nell’area riservata ai siti inclusi nella lista del patrimonio dell’Umanità o dell’UNESCO. Tuttavia, alcuni politici che hanno giustamente rivendicato il merito di aver gestito la realizzazione di questo grandioso progetto, hanno , a suo tempo trascurato un particolare  non certo meno importante. Mi riferisco sempre alla “ Kultura”, croce e delizia di questo nostro enigmatico contesto ambientale. Nessuno degli  organi competenti, legati alle varie amministrazioni succedutesi, si è fatto parte interessata per la diffusione di notizie ed elementi  informativi, inerenti all’argomento, ove sensibilizzare sufficientemente la gente comune al patrimonio artistico ibleo. L’uomo della strada infatti, in genere sconosce sia “Il patrimonio dell’umanità”, l’UNESCO, lo stile barocco ,  il gotico e tutto quanto circonfonde  l’arte sobria iblea. La conoscenza  almeno parziale di questi argomenti  potrebbe generare in essi il ritorno dei veri  valori ed un arricchimento del patrimonio interiore. Spesso mi capita di ascoltare i discorsi di qualcuno che frequenta Ibla (sono tantissimi). In genere sento commenti di tipo gastronomico: si fanno confronti sulla qualità e prezzo tra le pizzerie ed i ristoranti, ubicati ormai come insetti negli anfratti del luogo. Assisto a questi dialoghi inerte e  triste, per la loro irreversibile banalità, unico beneficio ad essi pervenuto.

 Salendo poi verso la parte alta della città, si arriva al cospetto dell’altro centro storico, sicuramente meno corposo e appariscente di Ibla, in sintonia con la borghesia aristocratica meno numerosa ivi residente, rispetto a quella “noblesse oblige” tradizionale, diffusa a macchia d’olio nei quartieri gentilizi della Ragusa bassa dove c’è l’inflazione di baroni, marchesi,  principi duchi e blasonati dell’ultima ora.(Ah Robespierre, se potessi ritornare!!!).  In questa parte della città, e precisamente P.zza S. Giovanni e quartieri limitrofi, dopo le ore 21, irrompe all’improvviso il silenzio assoluto, non vi è il conforto del brusìo delle voci, neanche in lontananza, né alcun segno di vita. Sembra che siano tornati i tristi momenti di angoscia, vissuti dai nostri genitori, quando al tempo della guerra irrompeva minaccioso il coprifuoco. Ebbene, proprio qui andavano fatti i maggiori sforzi di rivalutazione del  centro storico. E’ infatti un concetto noto ad ogni centro urbano, quello di rendere accogliente e gradevole ai cittadini questo sito in particolare, ove  venire incontro alle esigenze sociali di chi conduce ormai una vita frenetica e stressante a causa di lavori usuranti, di turni di notte e di altre attività stancanti che si svolgono nel corso  dell’orario delle tenebre. Invece a quell’ora non vi  è disponibile neanche un bar, dove sorbire un tonificante caffè, né  un luogo per una pausa ristoratrice.

Queste  nel mio vocabolario si chiamerebbero iniziative sociali, impegno per gli altri, e non certo  dispendio esorbitante che soddisfi  solo la parte voluttuaria delle pretese umane.

Concludo serenamente, riportando una frase solenne di Ippolito Nievo: “La rettitudine dell’animo avvezzi a riputare il bene altrui di gran lunga superiore a quello di noi soli”.

 

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