10 FEBBRAIO: RICORDIAMO LA STRAGE DIMENTICATA

Nel giorno del RICORDO (10 febbraio), ci sentiamo vicini più che mai a coloro che furono “infoibati”.

Le Foibe erano delle cavità naturali profonde, presenti in Friuli Venezia Giulia e in quelle terre, dominate fin da allora da grandi tensioni etniche oltre che ideologiche, nacque un movimento di resistenza guidato dai partigiani comunisti di Tito, futuro leader jugoslavo, che si scontrarono con gli italiani. Dopo l’8 settembre 1943, cominciarono le prime azioni violente ad opera dei partigiani di Tito contro gli italiani, come forma di rappresaglia per le precedenti repressioni subite dal regime fascista. Nell’ondata anti-italiana, però, non furono colpiti soltanto i fascisti, ma gli italiani non comunisti in generale. Si è trattato molto probabilmente di una sorta di “resa dei conti”, una repressione dettata dall’alto.

La cosiddetta “Foiba di Basovizza” era originariamente un pozzo minerario; in seguito, divenne un sito di massacri ed esecuzioni complessive per prigionieri, militari, poliziotti e civili, ad opera dei partigiani comunisti di Tito, dapprima destinati ai campi d’internamento allestiti in Slovenia e successivamente giustiziati a Basovizza.

Le vittime venivano prelevate dalle loro case a Trieste durante i 40 giorni di occupazione jugoslava della città (dal 1 maggio 1945). A Basovizza, nei pressi della foiba, arrivavano i camion della morte con il loro carico di malcapitati; qui i torturatori, non soddisfatti dei maltrattamenti già inflitti, spogliavano le loro vittime bloccavano i polsi e i piedi tramite filo di ferro ad ogni singola persona, servendosi di pinze e, in un secondo tempo, gli sfortunati venivano avvinti fra loro a catena, sempre tramite il fil di ferro. Gli aguzzini si dilettavano, nella maggior parte dei casi, a colpire con una scarica di mitra i primi sventurati del gruppo che precipitavano immancabilmente nella foiba, trascinando con sé gli altri. Sul fondo, chi non trovava morte immediata, dopo un volo di oltre 200 metri, continuava a rimanere in agonia per le fitte atroci delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra le sporgenze acuminate delle rupi.

Le violenze seguitarono anche dopo la guerra, quando Trieste fu fonte di controversia tra Italia e Jugoslavia: in particolare nella zona tra Gorizia, Trieste, Fiume e l’Istria, i titini approfittarono del disordine per liberarsi dei possibili futuri avversari politici ed etnici, colpendo ancora migliaia di italiani che non avevano niente a che fare con il fascismo. Furono infatti coinvolti nel massacro anche cattolici, socialisti, liberali o esponenti del mondo economico e civile italiano. Molti italiani scapparono per sottrarsi allo scempio (diverse città accolsero i profughi giuliano-dalmati. A Roma, per esempio, c’è un intero quartiere che si chiama “Giuliano Dalmata”, in quanto negli anni Cinquanta vi si trasferirono duemila profughi).

La visita alla FOIBA di BASOVIZZA diventa tappa fondamentale per chi vuole toccare tristemente con mano e guardare con occhi velati di angoscia quello che è stato un campo di violenze che coinvolse molti rappresentanti della comunità italiana con una sorta di pulizia etnica voluta, appunto, da Tito.

Nel corso degli anni questi martiri sono stati vilipesi e dimenticati. La storiografia, lo Stato italiano, la politica nazionale, la scuola hanno cancellato del tutto il ricordo e le notizie riguardanti  chi è stato barbaramente trucidato per il solo motivo di essere italiano o contro il regime comunista di Tito.

Ma quante furono le persone fatte ruzzolare e, volutamente uccise, nella Foiba di Basovizza? Tenendo in considerazione alcuni elementi come la profondità del pozzo e lo spazio volumetrico, si presuppone che oltre duemila siano state le vittime. Una cifra raccapricciante. Ma anche se fossero state la metà, si tratterebbe pur sempre di una strage smisurata, per di più a guerra finita!

Per anni questo orrore è stato taciuto. Solo nel 1980, associazioni combattentistiche, patriottiche e dei profughi istriani-fiumani-dalmati fecero pubblicamente il punto sulla tragedia e il pozzo di Basovizza e la Foiba n.149 vennero riconosciute monumenti d’interesse nazionale. Il sito di Basovizza, ripulito e riordinato dal comune di Trieste, divenne il memoriale per tutte le vittime degli eccidi del 1943 e 1945, ma anche motivo di dispute e diatribe per il prolungato silenzio e il mancato omaggio delle più alte cariche dello stato. Il 10 febbraio 1947 infatti fu firmata la Pace tra Italia e Jugoslavia che diede a Belgrado l’Istria, Fiume e Zara, e che segnò l’inizio di un esodo di oltre 250 mila italiani da quelle zone verso l’Italia L’omaggio è arrivato solo nel 1991, anno fondamentale per la dissoluzione jugoslava e dell’Unione Sovietica, quando a Basovizza si recò l’allora presidente della repubblica Francesco Cossiga, seguito due anni più tardi dal successore Oscar Luigi Scalfaro, che nel 1992 aveva dichiarato la Foiba di Basovizza “monumento nazionale”..

Il giorno del ricordo è stato istituito grazie ad una legge del 30 marzo 2004.

Solo a partire dal 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del ricordo ai morti nelle foibe istriane e da quel momento è iniziata l’elaborazione dei una delle pagine più angoscianti della nostra storia.La memoria storica ha finalmente cominciato a prevalere sui silenzi e sulle manovre politiche.

Non molte le iniziative in campo scolastico su questo argomento e periodo storico, pertanto presso l’auditorium del Liceo Scientifico “Enrico Fermi “ di Ragusa, domani 10 febbraio dalle 11.15 alle 13.15 la Scuola incontrerà  il dottore Lorenzo Salimbeni, storico e ricercatore dell’università di Udine Tema del dialogo sarà“1945-2015. Foibe ed Esodo, tragedia d’Italia”.

 

Foibe ( di Fabio Magris)

Ossa spezzate
atroci agonie
l’uomo ha superato Caino.
Come bestie torturate
legati ai polsi con vile fil di ferro
gettati ancor vivi nell’oscurità.
Massacro senza limiti
sterminio,
carneficina,
eccidio,
genocidio,
inumani vendette,
stragi e rappresaglie
coperte da anni e anni di silenzio
per politiche infami.
Ora,
nei prati di Basovizza,
un masso di pietra carsica
sigilla la vergognosa tomba
dei dodicimila infoibati.
Non si odono più
tormentosi lamenti
ma solo frusciar del vento
e..
poco lontano
un ragazzino sorridente
fa volare il suo aquilone.

        

 

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