1° Maggio 2018. Il Lavoro è… La riflessione della Cgil

Questo 1° Maggio 2018 è segnato dalla profonda crisi che investe il lavoro in tutte le sue forme, contenuti e declinazioni. Questi anni di recessione economica e le misure di austerità messe in campo dai Governi hanno aggravato la condizione del lavoro soprattutto in alcuni contesti a livello europeo, fra cui l’Italia. Le politiche di austerità hanno aggravato la condizione del lavoro a partire dalla emorragia occupazionale che ha interessato trasversalmente i diversi settori produttivi nel Paese, in più i Governi hanno sostenuto  politiche a partire dal Job Acts, in piena sintonia con il modello economico e ideologico neo -liberista, secondo il principio  meno diritti maggiore occupazione.

Tutto questo ha determinato, in buona parte, la svalorizzazione del lavoro sotto il profilo economico, culturale ed etico.  Da un lato la disoccupazione, soprattutto quella giovanile e femminile che permane nel Paese soprattutto a sud, dall’altro il lavoro sempre più precario e con meno diritti. I contratti sono sempre maggiormente prevalenti quelli a termine rispetto al tempo indeterminato, e sempre crescenti i i contratti di lavoro di brevissima durata. Attraverso questo sistema di forte precarizzazione ed incertezza si sono sempre più determinate ripercussioni a livello sociale, attraverso l’ impoverimento sul piano economico, e una  crisi demografica tra le più gravi in Europa.

Non è  casuale che la svalorizzazione del lavoro determina l’impoverimento del Paese con un sistema di welfare in continua ritrazione. Quest’anno il 1° Maggio a livello nazionale è stato dedicato alla questione della sicurezza sul lavoro. Sono circa 160 i morti sul lavoro in Italia in questi primi mesi del 2018. Un dato allarmante che in proiezione potrebbe raggiungere record altissimi. Questo rappresenta il punto cardine del concetto di perdita di valore del lavoro, l’assenza di sicurezza  nei luoghi di lavoro ci indica un decadimento sul piano culturale che non possiamo accettare. Le politiche di tagli al sistema pubblico hanno determinato lo smantellamento in molti settori a partire dagli Ispettorati del lavoro e dei servizi di prevenzione in capo alle Asp. Nella provincia di Ragusa registriamo una situazione  allarmante in tema di sicurezza sul lavoro. Spesso i nostri Uffici Vertenze Legali assistono lavoratori infortunati, anche gravi, provenienti da lavoro in nero. Il settore maggiormente esposto è quello edile, ma c’è anche la ristorazione e ad settori operanti nei servizi. Il sistema Ispettivo che nel caso della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dovrebbe svolgere attività prevalentemente orientata alla prevenzione, è ormai ridotto a lumicino. L’Ispettorato del Lavoro di Ragusa non ha le forze per portare avanti il proprio compito istituzionale nel territorio. Nel 2017 sono state svolte soltanto due ispezioni ad aziende operanti nel settore dell’edilizia e altrettanto poche in altri settori. A seguito dell’approvazione della legge 199/2016 contro il caporalato e lo sfruttamento ci si è concentrati esclusivamente sul settore agricolo, invece le criticità riguardano tutti i settori. Lo sfruttamento, compreso quello previsto dagli indici della L.199/2016 è presente in tutti i settori, per questo  andrebbero applicate le disposizioni di questa norma a 360°. Occorre che si inverte questa tendenza a livello istituzionale verso il totale smantellamento degli organi preposti al controllo nel mondo del  lavoro, per questo la Cgil di Ragusa ha avviato una vertenza per porre queste questioni al Governo regionale, titolare di prerogative normative in questo campo.

Ma c’è la necessità di innalzare il livello dell’iniziativa da parte di tutto il movimento sindacale per tornare a proporre le questioni del lavoro al centro dell’agenda politica nazionale ed europea. Il 1° Maggio è stato sempre un simbolo di lotta e di rivendicazione di giustizia ed emancipazione sociale. Lavoro è questo, lo strumento attraverso cui le persone realizzano la loro uguaglianza contribuendo alla costruzione di una società più giusta.

Giuseppe Scifo

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