RISOLTO IL GIALLO DEL 26ENNE BRACCIANTE AGRICOLO BENGALESE UCCISO A COLTELLATE

Ventiquattro ore di serrate ed ininterrotte indagini sono bastate ai Carabinieri della Compagnia di Vittoria per assicurare alla giustizia l’omicida del 26enne SULTAN Tipu nativo del Bangladesh, bracciante agricolo, incensurato, colpito a morte da una coltellata sferrata con inaudita violenza all’altezza del cuore, verso le ore  16.00 di domenica 17 agosto 2014. Si tratta di CIUBOTARU Iulian, 25enne rumeno, anch’egli bracciante agricolo, celibe, incensurato, il quale è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto come da decreto emesso dalla Dott.ssa Federica Messina, Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Ragusa, che fin dal primo minuto si è portata in Contrada Resinè per coordinare le indagini, per i reati di omicidio volontario aggravato e porto di oggetti atti ad offendere.

Sul posto si era portati immediatamente il Comandante della Compagnia Capitano Francesco Soricelli, il Comandante del Nucleo Operativo e Radiomobile Tenente Luca Armao e il Comandante della Stazione di Scoglitti Maresciallo Rosario Piscopo, che unitamente ai propri militari avevano iniziato a sondare l’ambiente agro-pastorale della zona, nel cui ambito poteva essere maturato l’omicidio.

Contestualmente i Carabinieri della Sezione Rilievi Scientifici del Comando Provinciale di Ragusa si portavano sul posto per effettuare un accurato sopralluogo per ricostruire la dinamica dei fatti e mettere il risalto tracce utili al proseguimento delle indagini. Nello specifico, la vittima è stata aggredita sull’uscio dell’ingresso della propria abitazione, provandosi poi ad allontanare  per cercare dei soccorsi, percorrendo oltre 80 metri, per poi accasciarsi al suolo in un campo adiacente.

Fin da subito emergevano difficoltà nell’identificazione del cadavere, il quale non aveva addosso nessun documento e domiciliava in un abitazione rurale con altri 3 connazionali che al momento dell’omicidio non erano presenti in casa, poiché allontanatisi verso le ore 9 della mattinata stessa per recarsi in spiaggia e guadagnarsi da vivere mediante la vendita di oggetti vari. Indicazioni utili per l’identificazione dello stesso, non arrivavano nemmeno dal proprietario dell’abitazione il quale affermava di non conoscere l’identità dei singoli bengalesi, i quali spesso si alternavano tra loro. Inoltre, il grave fatto di sangue era avvenuto in un orario e in un giorno scarsamente frequentato da estranei, trattandosi di una via secondaria che da Vittoria porta a Scoglitti.

 Giungeva altresì sul luogo prima il 118 e poi il medico legale Dott.ssa Maria Iannì, la quale, da una prima analisi del cadavere, constatava che verosimilmente il decesso era stato causato da una sola ferita da arma da taglio, inferta al petto della vittima, tesi che veniva confermata nella successiva ispezione cadaverica effettuata lunedì mattina presso il cimitero di Vittoria.

Nel frattempo le indagini prendevano forma dalle dichiarazioni dell’ultima persona che aveva visto la vittima ancora in vita, ovvero il proprietario dell’abitazione ove era domiciliato, il quale aveva immediatamente chiamato il 112. Quest’ultimo riferiva di aver visto il ragazzo avvicinarsi il ragazzo presso la propria abitazione in cerca di aiuto, di averlo visto lamentarsi per l’aggressione subita, profferendo frasi del tipo “il rumeno mi ha accoltellato” e di averlo visto poi accasciare al suolo. Riferiva altresì lo stesso che, nell’orario (ore 16.00 circa) in cui aveva visto il ragazzo correre verso il proprio casolare, aveva altresì notato un gregge di pecore passare nella zona guidato da due pastori.

Si passava così alla ricerca dell’ovile interessato che grazie alla conoscenza del territorio dei militari operanti, veniva immediatamente individuato ad un centinaio di metri dal luogo del delitto, ottenendo altresì la presenza di due pastori di nazionalità rumena. Questi dichiaravano che, nell’ora del delitto, si erano imbattuti in un ragazzo a loro sconosciuto, dell’età apparente di circa 25 anni, il quale, a bordo di una bicicletta, aveva tentato di superare il loro gregge, che stazionava sulla strada Resinè, e, non riuscendovi, li minacciava brandendo un coltello ancora sanguinante. Detta indicazione, perfettamente congruente con quanto riferito dal proprietario dell’abitazione, diveniva tesi primaria per il proseguo delle indagini.

Solo qualche ora dopo l’omicidio, giungeva sulla scena del crimine un amico del defunto che permetteva di risalire alla sua completa identità, forniva altresì informazioni sul suo conto. Nello specifico Sultan Tipu era molto ben voluto nell’ambito della comunità bengalese presente nella zona; residente in Italia da circa 7 anni, avendo lavorato precedentemente in alcuni locali di Brescia e Roma, mentre era domiciliato in Contrada Resinè da circa 6 mesi. Nel contempo, ci si riusciva a mettere in contatto con uno zio della vittima, residente a Brescia, successivamente qui giunto per effettuare il riconoscimento della salma del proprio nipote. L’audizione dei connazionali della vittima, giunti nel corso della serata sul luogo del delitto, permetteva di appurare che circa otto mesi addietro nell’abitazione in cui aveva avuto luogo l’aggressione, viveva un cittadino rumeno che aveva avuto una discussione con un loro connazionale, ma comunque non corrispondente al giovane deceduto, soggetto che tutti i connazionali escussi descrivevano dal carattere pacato ed educato, onesto e tranquillo ed estraneo a qualsivoglia conflitto con terze persone. Da tali informazioni portava i Carabinieri operanti a portarsi all’interno di un’altra azienda agricola ove si aveva modo di rintracciare un signore rumeno di 61 anni, rispondente al nominativo fornito dai bengalesi, ma la cui età non coincideva con quella indicata dai due pastori rumeni. Si decideva comunque di condurre presso la caserma di Via Plebiscito di Scoglitti, sia il rumeno 61enne sia un suo figlio ivi presente nell’azienda agricola. Durante la loro escussione da parte degli inquirenti durata diverse ore, i predetti cadevano spesso in contraddizione, mostrandosi talvolta sorridenti ed ironici. Tale comportamento induceva ancor di più gli operanti a percorrere la strada intrapresa, i quali venivano a conoscenza che il padre aveva un altro figlio maschio di nome Iulian, che alla domanda di dove si trovasse quest’ultimo, lo stesso prima rispondeva che si trovava in Romania e poi, contraddicendosi, riferiva che si trovava presso l’azienda dove lavorava. Analogamente anche il fratello verbalmente riferiva le medesime circostanze. I due, a seguito di ripetute insistenze da parte degli operanti, accompagnavano gli operanti presso un’azienda agricola con annesso alloggio, sito a poche centinaia di metri dal luogo del delitto, visibilmente inabitato, all’interno del quale si sentiva squillare un telefono cellulare, circostanza che induceva i Carabinieri a forzare la porta di ingresso, i quali rinvenivano solo un cellulare di colore azzurro unitamente alla carta d’identità del CIUBOTARU Iulian, ma della sua presenza niente. Ci si portava così nell’abitazione del fratello di Iulian, ove quest’ultimo veniva finalmente rintracciato e condotto presso gli uffici della caserma di Scoglitti.

Qui si otteneva la presenza dei due pastori rumeni testimoni, i quali riconoscevano senza ombra di dubbio in Iulian il giovane che nell’ora del delitto era transitato accanto al loro gregge minacciandoli con un coltello, di cui indicavano anche il colore blu. Si iniziava così un lunghissimo interrogatorio nei confronti del CIUBOTARU Iulian, le cui dichiarazioni ed atteggiamento mutavano con il trascorrere delle ore, anche alla luce dei numerosi dettagli in possesso degli operanti. Il CIUBOTARU, oppresso ormai dal rimorso, ammetteva così di aver accoltellato il ragazzo, indicando il luogo ove si era disfatto dell’arma usata per l’accoltellamento e degli abiti indossati e macchiati di sangue, conducendo materialmente gli operanti sul posto e così consentendone il recupero e il successivo sequestro di un paio di pantaloni blu jeans, una t-shirt di colore bianco intrise di sangue, una scatola in cartone macchiata di sangue contenente una serie di coltelli in ceramica, tra cui uno avente il manico di colore blu intriso di sangue, della lama di cm 9.

Alla luce degli inconfutabili elementi probatori acquisiti a carico di CIUBOTARU Iulian, lo stesso veniva condotto presso la caserma di Via Garibaldi di Vittoria ove veniva sottoposto a formale interrogatorio da parte della Dott.ssa Federica Messina, ove lo stesso alla presenza dell’avvocato, rendeva dichiarazioni confessorie.

L’accaparramento del lavoro nei campi sembra essere il movente dell’omicidio. Quello di Vittoria e’ il comprensorio della provincia di Ragusa con la maggior presenza di lavoratori immigrati appartenenti alle varie comunità nordafricane, rumena, indiana e albanese e impiegati nelle coltivazioni in serra: oltre 5000 persone.

Al termine delle formalità di rito, il reo confesso è stato condotto presso la Casa Circondariale di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria iblea davanti la quale dovrà rispondere di omicidio volontario aggravato e porto di oggetti atti ad offendere.

 

 

 

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