SE 240 MILA EURO VI SEMBRAN POCHI!

Manca in Italia un progetto condiviso almeno nei suoi presupposti principali. Ognuno pensa solo e sempre al proprio ristretto orizzonte individuale e, quindi, di categoria, per difenderne i privilegi. Perchè solo di privilegi piace parlare in Italia, non di diritti, visto che questa nobile parola si collega immediatamente all’idea di universalità e di uguaglianza nel loro riconoscimento.

Mentre tutti parlano di abbattimento della spesa pubblica e di fine degli sprechi, con scandalo e indignazione leggiamo che i dipendenti di Camera e Senato, così come hanno già fatto i dirigenti e funzionari dell’ARS, difesi dal loro sindacato di categoria, sono sul piede di guerra, perchè, udite udite!, hanno subito l’intollerabile ingiustizia di vedersi decurtati gli stipendi al tetto massimo di “appena” 240 mila euro annui.

Giustamente il Presidente Laura Boldrini replica che bisogna adeguarsi al “paese reale”, lontanissimo da retribuzioni così elevate e molte volte, purtroppo, perfino da una retribuzione qualsiasi.

Il grillino Di Maio invece a proposito delle proteste dei dipendenti twitta “Comportamento dipendenti comprensibile. Succede quando si taglia ai dipendenti senza prima tagliare alla politica.” Verissimo che i nostri rappresentanti in Parlamento avrebbero già da tempo dovuto ridurre in modo drastico e con decorrenza immediata le loro laute prebende, ma se continuiamo con la logica del “prima” bisogna fare altro, non si comincia mai da nessuna parte.

Assolutamente corporativa e arcaica la posizione dei sindacati che, ciechi davanti al dramma della povertà che avanza, difendono l’indifendibile: la immeritata ricchezza di pochi privilegiati fin che si può. Fino sull’orlo dell’abisso, senza fermarsi.

 

 

 

 

 

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