VOLANO GLI STRACCI NELLA SINISTRA

A questo punto la situazione è veramente critica, se non preoccupante, perché la mancanza di serenità si riflette sulle questioni politiche, a tutti i livelli. Restiamo meravigliati delle beghe interne che assillano la sinistra a Ragusa, ci interroghiamo sui difficili rapporti fra il Megafono di Crocetta e il PD siciliano, restiamo allibiti per quello che accade a livello nazionale.

Per Ragusa si è scritto di tutto e di più, la mancata espressione di una candidatura e la sua implorante ricerca delineano il quadro della situazione.

In Sicilia il Presidente Crocetta viene definito, dalla stampa regionale, il picconatore della sinistra. Non gli viene perdonato di aver dato vita a un partito che, addirittura, alza la voce e pretende spazio, già dalle prossime amministrative. Nonostante la direzione regionale del Pd avesse chiesto a Crocetta condivisione nelle scelte, il Presidente si muove con la massima autonomia, come evidenziano i fatti degli ultimi giorni, la nomina di Antonio Ingroia, leader di Rivoluzione civile, “nemico” del Pd, la sostituzione di Franco Battiato con la sua segretaria particolare, la decisione del Megafono di non partecipare alle primarie che si terranno domenica 14 aprile a Messina.

Si aggiungano le tensioni che affliggono il PD a Catania e a Siracusa, per capire il momento che vive il partito in Sicilia, stretto fra l’incombenza dei grillini, le tensioni con Crocetta e qualche bega interna che non manca mai.

La situazione nazionale vive un momento di difficoltà per il successo parziale alle politiche che ha messo in subbuglio il partito, ormai spaccato con i sostenitori di Bersani, invero sempre di meno, alla disperata ricerca di una soluzione, anche forzata, per formare un governo, e tutti quelli che vogliono approfittare del momento di difficoltà del segretario per imporre una nuova leadership. Anche le nomine per la seconda e la terza carica dello Stato si sono dovute adeguare alle esigenze di ottimizzare gli equilibri, con il risultato che le cariche sono formalmente assegnate alla sinistra, la seconda al PD, ma a nessuno dell’apparato, per  cui è aumentata la schiera degli scontenti che, come il cinico orientale, sono seduti sulla riva del fiume per aspettare che la corrente trasporti i resti del nemico.

Fra le esternazioni di D’Alema, le dichiarazioni di Veltroni, gli atteggiamenti di Renzi oggi disponibili, domani aspramente critici, si ergeva su tutti, fino a ieri, l’autorità del Capo dello Stato, tutore della Costituzione e ‘pater familias’ del partito che resta pur sempre il suo di appartenenza.

Ogni minimo tentativo di scalfire la marmorea immagine di equilibrio, di saggezza, di rigore morale, di abilità politica nel ruolo capo supremo della nazione, era destinato a morire sul nascere per la incrollabile fede di ogni esponente della sinistra che blindava idealmente il compagno Napolitano e lo rendeva impermeabile a qualsiasi minimo tentativo di critica.

Anche questo è venuto a mancare. Stanno cominciando a volare gli stracci, anche perché conoscendo il partito e l’apparato, è difficile pensare che talune questioni vengano fuori per caso o da opinioni personali.

Sintomatiche erano state le parole di Corradino Mineo, ex direttore di Rainews 24, voce del partito e della sinistra, nuovo arrivato in Senato, capolista nella nostra Sicilia, che, per prendere le difese di Bersani alle prese con il suo mezzo incarico esplorativo, dichiarava senza mezzi termini: “La responsabilità di Napolitano è gravissima, perché avrebbe dovuto dare l’incarico pieno a Bersani”.

Ora arrivano le roventi dichiarazioni del coordinatore nazionale dell’area programmatica di Lavoro Società, uno dei segretari confederali della Cgil, Nicola Nicolosi, che ha attaccato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella gestione della crisi politica.

Ha battezzato la situazione politica italiana “il caos perfetto”, perché I partiti non trovano l’accordo, i sindacati sono divisi e i cittadini non sanno a che santo votarsi. Anche il Presidente della Repubblica è finito nel tritacarne, colpa sua se il Paese è senza governo, è stato lui a trascinare l’Italia in un imbuto istituzionale senza precedenti. Quando anche il Quirinale, in scadenza di mandato, diventa bersaglio di aspre critiche, vuol dire che il giocattolo si è rotto, anche perché, pure il più odiato nemico, a pochi giorni dal pensionamento, diventa più sopportabile.

Qualcuno potrà dire che il mondo è cambiato, abbiamo anche l’amministratore delegato della Fiat che in coro con la CGIL sottolinea l’urgenza di un governo, Grillo minaccia bastonate e i suoi eletti meditano di occupare il Parlamento, ma, senza dubbio, l’Italia perde quota senza che i piloti mostrino di padroneggiare la caduta.

La tensione fra CGIL e Quirinale è ai massimi livelli: come riportano i quotidiani on line lettera43.it e affaritaliani.it, il tono delle dichiarazioni di Nicolosi non ha precedenti.

“Il responsabile primario della situazione è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che avrebbe potuto sciogliere le Camere nell’autunno 2010 ma non l’ha fatto”. E Nicolosi rincara la dose: “Anziché mettere il Paese nella condizione di scegliere una maggioranza politica, il Capo dello Stato tergiversò permettendo dapprima la compravendita di parlamentari e poi l’avvio di un governo tecnico che invece di risolvere i problemi del Paese li ha aggravati. Come stiamo osservando drammaticamente in queste settimane”.

Nel PD, naturalmente si assiste ad una levata di scudi a difesa del Capo dello Stato, ma non sono i vertici del partito a prenderne le difese. Per ora ci sono solo le parole di Giorgio Merlo, ex margheritino, uno dei dirigenti: “Ho trovato irresponsabile l’attacco di Mineo e di Nicolosi al Capo dello Stato. Un attacco vergognoso e inaudito. E chi ha il coraggio di continuare ad attaccare Napolitano rilascia solo dichiarazioni irresponsabili, volgari e prive di ogni fondamento”. “Il Presidente della Repubblica è stato un punto di riferimento politico e istituzionale. Ha sempre difeso l’interesse nazionale. Chi come Mineo e Nicolosi lo attacca si squalifica da solo”.

Qualcuno si interroga sul perché di queste dichiarazioni dirompenti, ancorchè dell’ala massimalista della CGIL, per un Presidente che è stato sempre apprezzato per tutte le sue azioni. Si arriva a pensare che dietro le dichiarazioni ci sia un preciso mandante e che il mancato incarico a Bersani possa essere fra i motivi scatenanti.

A difesa dio Napolitano si espone anche Carla Cantone, segretario dello Spi, il sindacato dei pensionati all’interno della Cgil, tre milioni di iscritti, che taglia corto: “A Napolitano va tutto il mio rispetto. Un attacco al Colle assolutamente fuori luogo e ingiusto”

Da rilevare come, dopo le dichiarazioni, Nicolosi rincara la dose: “Napolitano nel suo settennato ha fatto cose importantissime. Ha difeso il lavoro e la costituzione. Ha fatto della sicurezza sul lavoro la sua bandiera. Ha fatto benissimo nei primi 5 anni. Poi ha sbagliato molto, ha traccheggiato per poi arrivare, nell’autunno del 2011, a Monti costruendo una maggioranza anomala che ha varato provvedimenti antisociali, facendo pagare i ceti più deboli. Napolitano si è inventato questo presidente del Consiglio, facendolo diventare prima senatore a vita e lanciando al Paese un messaggio: “‘Quest’uomo deve fare le scelte indipendentemente dalle decisioni degli elettori. Non ha quindi bisogno del vostro consenso’. Il messaggio era sprezzante”.

Interrogato sulla sua posizione all’interno della CGIL, Nicolosi ha tenuto a sottolineare che non parla a nome di una minoranza, facendo lui parte della maggioranza del sindacato che, nel corso delle assemblee, condivide queste posizioni. Può dire solo “di non parlare a nome della segreteria, pur nella convinzione che l’idea in seno alla stessa non sia minoritaria. Nei colloqui informali se ne sentono molte. Poi quando si parla la lingua ufficiale tutti sono più attenti, anche fra i parlamentari”.

In definitiva il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è il «responsabile primario della situazione di stallo politico».

Dichiarazioni assai pesanti che, sicuramente, lasceranno traccia nel prosieguo delle vicende politiche di questi giorni, espressione di sentimenti e opinioni che, forse, fino ad ora, non si erano palesate per puro rispetto istituzionale ma si percepivano come segnale di una latente insoddisfazione per la gestione della crisi.

 

 

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