USCIRE DALL’EURO E’ DI DESTRA?

 

Ho avuto, recentemente su facebook,  uno scambio vivace (ma civile e produttivo)  di opinioni con il gruppo (movimento, associazione….?) A sinistra Ragusa su un argomento molto dibattuto in questo periodo: quello dell’uscita dal dominio dell’euro. Un tema che, a mio avviso, è stato colpevolmente lasciato alla quasi totale esclusiva dei partiti di destra e ai cosiddetti populismi del continente.

Lo scambio vedeva una contrapposizione fra la certezza incrollabile del mio interlocutore riguardo alla assoluta necessità di restare nella moneta unica, necessità argomentata soprattutto con il riferimento all’idea originaria di una Europa unica, grande irrinunciabile opportunità per i popoli, e i miei dubbi su quello che si palesa ogni giorno di più come uno dei miti, dei dogmi del neo-liberismo nella declinazione europea.

Credo che basti guardare alle recenti scelte sulla presidenza della Commissione Europea per intuire da quale parte continua a girare il vento. Ma un’annotazione nel merito della garbata polemica avuta sul social network credo vada fatta: cosa diavola c’entra l’Europa di Spinelli e dei nostri padri costituenti con l’Euro?

Non c’è alcun nesso di reciproca necessità! Tanto è vero che vi sono paesi che pur facendo parte dell’Europa non hanno aderito e non intendono aderire all’euro.

In più: la stoccatina che parlare di fuoruscita dalla moneta unica sia per definizione roba da populisti o da fascisti mi fa venire in mente due considerazioni, entrambe generatrici di una profonda tristezza: la prima è che la sinistra, quella che si definisce vera e pura (nella misura possibile nel secondo decennio del terzo millennio!), non perde il vizietto della dogma-addiction, ovvero la dipendenza da una verità assoluta e incontrovertibile, che tanto danno ha fatto alla cultura del novecento, ai suoi sistemi politici, alla causa del comunismo e alla sinistra stessa; la seconda considerazione è un po’ più tecnica e attiene ai meccanismi del discorso: riferirsi alla irrinunciabilità dell’Europa per giustificare la “verità” che non si può rinunciare all’Euro è un sofisma! In realtà, non si tratta della rinuncia ad una prospettiva comunitaria, una vera Europa dei popoli e non già delle banche e degli interessi della finanza. Si tratta invece di recuperare democrazia e sovranità, entrambe perse abbondantemente da quando l’Euro agisce come strumento elettivo del disegno neo-liberista di spoliazione dei diritti sociali e di cittadinanza, di completamento della strategia di mercificazione dei rapporti sociali, della cancellazione di ogni residuo politico e della definitiva sostituzione con l’economia come condizione “metafisica” dell’esistenza umana.

La mia opinione, non dogmatica, è che tale recupero non sia possibile dentro questa moneta unica, e non basta – come fanno gli amici e compagni di A sinistra Ragusa – affermare con sufficienza che l’Euro non è un feticcio simbolico ma uno strumento (neutro?) che può essere usato in un verso o nell’altro. Perché in realtà l’Euro è intanto e soprattutto uno strumento irrimediabilmente compromesso con le politiche neo-liberiste, e perché l’Euro è proprio, esattamente, un “feticcio” simbolico che funziona per ciò che è: un fattore di controllo che agisce sul piano oggettivo dei processi economici (con la supervisione della Commissione e gli interessi forti della Germania) e su quello soggettivo del debito e della colpevolizzazione (austerità, debiti pubblici, smantellamento del welfare).

Chi mi conosce non può dubitare del fatto che mi roda molto che a tuonare contro questo diabolico sistema sia gente come Salvini o come Le Pen. E può intuire anche a chi possa aver dato il mio voto alle europee. Ma, ne vogliamo parlare……..?

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