URGENZA IMPRESA

 

Attualmente i tassi di disoccupazione sono molto elevati ma, soprattutto, non potranno mai essere curati da una parziale e scarsa ripresa: possiamo in questo momento ipotizzare una crescita economica frazionaria (ipotizziamo un +0.5% ) che verrà sostenuta senza alcuna riduzione della disoccupazione, anzi, generando ulteriore crescita della stessa. In questo quadro purtroppo a me pare che sfugga a molti un particolare: i posti di lavoro sono generati soprattutto dalle aziende private, non da una fantomatica mano invisibile ministeriale o tanto meno dalla pubblica amministrazione come troppo spesso è accaduto in Italia. Credo sia necessario procedere per punti ed elaborare una proposta per migliorare l’attrattività del nostro sistema-Paese nei confronti di ogni genere di capitale.

Ritengo indispensabile mettere a fuoco e mantenere un obiettivo: far sì che in Italia non solo le aziende presenti possano sopravvivere ma si possa mettere un freno alla de-industrializzazione che sta investendo il nostro paese. È mia opinione che si debba fare di tutto per mantenere il manifatturiero in Italia privilegiando i settori capital intensive e ad alto valore aggiunto, tutelando le piccole imprese, attirandone di nuove: il focus deve essere “amici dell’impresa che crea benessere”. Non possiamo inventarci un settore dei servizi che farà vivere tutti, ipotizzando che siano la Cultura ed il Turismo a salvarci – soprattutto se, reduci da un’estate in giro per l’Italia, toccando con mano la grossolanità di alcune nostre città nei campi dell’accoglienza e della ristorazione. Tali settori purtroppo necessitano di forti investimenti pubblici (mancano i fondi) ma, soprattutto, generano elevati fatturati per addetto e poca occupazione a meno che non vengano stimolati indotti importanti che però riescono forse ad esistere solo in determinate località e che, spesso, godono di sovvenzioni molto forti; penso soprattutto al turismo estivo ed invernale in tutto l’arco dolomitico: forti sussidi, politiche di sistema che mirano a far lavorare un’intera regione nella speranza che il gettito generato copra le spese e che così facendo non si generino costi sociali elevati. Dobbiamo invece lottare per sviluppare settori del terziario senza trascurare i settori primario e settore secondario, cioè agricoltura e industria.

Il discorso sarebbe lunghissimo, lo sintetizzo in poche parole. Necessitiamo di un servizio pubblico che sia, giustappunto, al servizio dei privati. In questo momento invece la lobby più potente che abbiamo è quella di chi lavora per lo Stato. Fare funzionare bene la macchina pubblica deve essere un’istanza che attrae qualsiasi partito, qualsiasi uomo politico, perché dare un buon servizio a tutti i cittadini deve essere nel Dna della nostra Pubblica Amministrazione e nell’interesse della collettività, del popolo. E chi lavora negli organi statali paradossalmente dovrebbe avere livelli di produttività superiore a tutti perché il settore pubblico è l’azienda di tutti! Paradossalmente il bene comune è considerato “bene di nessuno” o peggio “distruttore di risorse” per antonomasia ma il diritto del cittadino è quello di avere un bene comune che sia animato dallo spirito dell’eccellenza, della competitività, della propria sostenibilità. I costi, a mio avviso, non sono mai da considerare in modo asettico ma devono essere commisurati ai risultati: quanti di noi non accetterebbero costi dello stato elevati a fronte dell’eccellenza? Ritengo però al tempo stesso necessario trascendere dalle facili ricette o dai mantra organizzativi basati su ruoli-funzioni-compiti-procedure: il servizio pubblico dovrebbe vedere una rivoluzione che parta da una analisi strategica del “chi-fa-cosa” per giungere alla vera riforma delle strutture che contempli anche la riforma della contrattualistica di lavoro. Non sarebbe indolore, non sarebbe facile, non sarebbe voluto ma sarebbe, a mio avviso, indispensabile.

Cosa potremmo fare, nella realtà, per cercare di dare un vero sostegno? Non dimentichiamo che prendere decisioni e portarle avanti in questo delicato momento è essenziale ed al tempo stesso fare può riscuotere ed attivare la nostra coscienza dal torpore.

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