UN PASTORE IN “ODORE DI PECORE”

«Un pastore che odora di pecore» – ebbe a dire un giovane alla fine dell’incontro diocesano con Don Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, sull’immigrazione come segno dei tempi tenuto alla Domus S. Petri di Modica il 5 aprile 2013, e ancora i giovani modicani lo ricordano con grande stima! – a dire quanto peso hanno nella loro crescita i testimoni autentici. Don Franco Montenegro è stato altre volte nella diocesi di Noto (per incontri sulla comunione e sul territorio) e a Modica (per il Congresso eucaristico nel 2000, quando tra l’altro inaugurò la Casa Anna Polara), e molto intensi sono i legami con la nostra Caritas diocesana avendo condiviso con lui, per anni vescovo delegato per la Sicilia e presidente di Caritas Italiana (ora è presidente di Migrantes), l’impegno per una Caritas capace di coniugare insieme Vangelo e storia, Vangelo e territorio. Sono legami di affetto che si estendono fino alla parrocchia e alle Clarisse di Paganica (L’Aquila) con cui manteniamo relazioie di fraternità dopo il terremoto e dove don Franco è stato per incoraggiare a vivere anche le prove grandi alla luce del Vangelo. E così, saputa la nomina di don Franco a cardinale, subito la voce si è diffusa diventando lode a Dio e gioia grande per le sue “sorprese” perché, con papa Francesco, quello di cardinale diventa sempre più, non un titolo onorifico, ma un riconoscimento della misura evangelica della carità, che è quella dell’attenzione agli ultimi, alle periferie, ai migranti. Che in don Franco è capacità di stare con la gente con simpatia, semplicità, verità. Quando per incuria crollarono delle case a Favara e ci furono morti, andò ai funerali mettendosi accanto ai familiari, come fu presente giorno e notte a Lampedusa lo scorso ottobre ad accogliere le centinaia di salme degli immigrati dando voce al grido di dolore degli innocenti e onorando l’ospitalità della gente di Lampedusa. Costante e forte è il suo grido contro la mafia e una politica incapace di affrontare i problemi della gente, dalla cui parte sta anzitutto con il suo stile di vita. Ed ecco che la gioia per la sua nomina a cardinale – anche nei contenuti dei messaggi che si stanno trasmettendo le molte persone che l’hanno conosciuto – diventa «una chiamata alla responsabilità, perché viene riconosciuto il modo mite e forte al tempo stesso con cui don Montenegro è capace di andare dritto al cuore» – ha sottolineato una mamma che insieme al marito vive l’esperienza dell’affidamento di “figli generati dall’amore”. Il messaggio costante di don Franco, infatti, è quello del Vangelo dell’accoglienza, accoglienza in particolare dei migranti con la consapevolezza che gli immigrati di oggi sono frutto di un mondo ingiusto, di modelli di sviluppo sbagliati. Ma il messaggio di don Franco – come riportato nella Carta della Casa don Puglisi di Modica – è anche un invito a costruire le nostre città nella bellezza delle relazioni. «Accogliendo sogni e valori di tutti che, come profetizza Isaia, “ mettono insieme l’Assiro e l’Egiziano e rendono Israele testimone dell’agire grande di Dio!”». «Chiediamo a Dio la “mantellina larga” del pastore che si carica di tutte le pecore e in particolare di quelle più deboli» – così ebbe a dire alla fine dell’incontro modicano. E così pensiamo adesso la sua “mantellina di cardinale”, augurandogli di rimanere sempre autentico uomo, cristiano e pastore che consegna a tutti la verità del Vangelo che è, come dice il suo motto episcopale scritto sulla sua croce di legno, “caritas sine modo” (una carità senza misura). 

 

 

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