È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
UN MEZZO CON E SENZA FINE
07 Ago 2013 08:12
La particolare e tragica per molti versi situazione economica che viviamo è un dato su cui tutti dobbiamo essere d’accordo, a prescindere dall’incidenza che la stessa può avere sulla condizione personale o categoriale.
Se la crisi rappresenta, per ciò che accade ai più, un problema nazionale, magari inserito in un contesto europeo, appare del tutto evidente che alla stessa devono essere dedicate le maggiori attenzioni per correggere elementi risultanti non idonei se non sbagliati e/o sostituirli con altri idonei a raggiungere un risultato. In caso contrario ci verremmo a trovare, per logica deduzione, senza un mezzo e senza un fine.
Queste ultime due parole, a ben guardare, possono essere utilizzate per molteplici aspetti della vita di ogni singola persona e, cumulati, per l’intero paese.
Se questo non c’è, nessuno in via assoluta e per definizione, ha un mezzo completo per un fine eccellente.
Qualche riferimento ad avvenimenti di quotidiana e noiosa ripetività amplifica i problemi che angustiano o attraversano partiti italiani e che possono rappresentare una conferma o un aspetto che li caratterizza e in atto il PD per questo versante ha la fiaccola in mano.
Un partito ad ampia estensione geografica è il punto di riferimento economico, culturale e propositivo di una schiera d’italiani che a quella struttura affidano, per le proposte offerte, speranze di vita quotidiana o proiettata nel futuro. E’, in proposito, alquanto elementare ritenere che possono, per statica e perenne definizione ontologica, combaciare sempre ed in fase le esigenze di quanti vivono solo del proprio lavoro (se non è stato perduto( con quell’altro concittadino o raggruppamento sociale che ritiene eliminabile trascorrere, ad esempio un fine settimana, nel comune ove abita e preferisce, piuttosto Londra o Berlino e pagare la permanenza in una notte d’albero non meno di 1500 0 2000 euro a sera, a parte tutto il resto.
Un partito raggruppa esigenze complessive di categorie sociali elaborando proposte, individuare soluzioni e soddisfare le esigenze dei rappresentati se la linea intrapresa costituisce concretamente un mezzo per un fine. In buona sostanza, un partito è un mezzo per un fine. I due accennati elementi per funzionalità operativa e di sistema debbono avere connotati diversi, seppure complementari.
L’attuale Presidente Letta che è un giovane politico che dimostra garbo comportamentale ed è conoscitore delle più immediate e cogenti esigenze degli italiani, non è stato chiamato a presiedere un governo come naturale proiezione della carica politica rivestita nel suo partito, ove peraltro non ne era il capo. Le due funzioni (segretario di partito e premier) non necessariamente debbono coincidere. Situazioni contingenziali possono, ma non debbono, per definizione, coincidere. Si potrebbe verificare – solo per ipotesi – se cosi dovesse essere un adattamento delle esigenze complessive degli iscritti, votanti o simpatizzanti, alle aspirazioni personali, seppure umanamente comprensibili, di governo pubblico.
Il bello, per così dire, delle democrazie è che ognuno può e deve poter esprimere le sue opinioni e nel caso che ci intrattiene si è dell’avviso che, come detto prima, il mezzo (vale a dire il partito di cui si può essere il maggiore rappresentante) non per forza e definizione statutaria deve costituire il mezzo per ricoprire la carica di capo. Può esserlo, ma non necessariamente.
Il defunto Andreotti fu eletto sette volte capo del governo, ma per sette volte non fu il capo del suo partito. Anzi, non lo fu mai. Nell’attuale PD si discute molto di questo argomento e non è dato sapere, per noi comuni mortali, quali tesi avrà il sopravvento e il maggiore rischio è dato se il prevalere dell’una o dell’altra soluzione è idoneo a raccogliere attorno allo stesso partito quanti prima lo hanno votato. Se la maggioranza dei votanti o dei simpatizzanti dovesse pensarla diversamente dalle decisioni di vertice non è da escludere che possa andare in malora nello stesso arco temporale sia il mezzo che il fine.
In politica talune certezze che sembravano senza ombra di dubbio realizzabili possono mutare e cambiare per una circostanza imprevedibile o se prevista non tale da far cadere giù il palco.
Solo nella scienza matematica due più due fa sempre quattro sia in guerra che in pace.
Le caratteristiche politiche e culturali di un capo di governo in un contesto non più nazionale ma europeo in cui in atto viviamo ben possono essere diverse da quelle di un capo di partito. Sia ben chiaro che potrebbero anche coincidere, ma questa non può essere considerata sempre e necessariamente compatibile e sovrapponibile. Si versa sempre nell’ambito delle più eterogenee probabilità e nel calcolo delle probabilità la maggiore consistenza dovrebbe essere data dalla distinzione dei ruoli.
Il grande politico, come soleva dire un grande statista del passato, è colui che guarda non alle prossime elezioni che lo possono egoisticamente interessare, ma alle future generazioni.
Quello statista aveva ben in mente la distinzione non letterale ma ontologicamente politica fra mezzo e fine. E’ da ritenere che abbia avuto ragione.
In gergo si dice che la politica è l’arte del possibile e fare politica è molto più difficile del sommare due numeri che, in qualsiasi momento, danno sempre lo stesso risultato.
Politicus
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