UN CITTADINO COMUNE AI MARGINI DELLA STRADA

Come definire un  paese in cui  noi tutti, oggi,  viviamo? “Noi” inteso come quei cittadini comuni che si alzano la mattina per  lavoro (per chi il lavoro ce l’ha ed in ogni caso si alzano lo stesso per cercarlo), quei ragazzi terrorizzati all’idea che ricomincia la scuola (“ma a cosa mi serve sapere?”), dopo il vagabondare estivo, quelle donne in cerca di un sostanziale ruolo?

Beh! Una società così.

Un paese così.

Tra notizie di una crisi storica (si divertiranno i posteri) e gente che viaggia e spende alla faccia di quello che già era povero e quello che lo è diventato, il paese va avanti fra alzi e crolli di borsa, indici istat, sondaggi vari su disoccupazione, degrado, povertà etc..(veri o presunti):  numeri che non sono primi, né secondari, né importanti, basta che sono numeri come le persone che vivono in questo paese.

E tra balletti in Parlamento, notizie news, scoop e comicità gratuita, il Paese si spacca, si divide, si irrigidisce e diventa fonte di barzellette, risa, pianti. grandi atti di solidarietà, voglia di ricominciare, voglia di lottare:  un paese da fb, twitter, etc…. per l’arricchimento dei network.

E pur vero che le belle notizie non fanno  Audience, ma non è possibile che è tutto così nero.

La benzina è alla stelle ma le macchine camminano ancora.

I negozi storici chiudono ma “le grandi firme” da prezzi da capogiro sono ancora in auge!

I cassonetti dell’immondizia sono stracolmi: la gente ancora mangia e spende e butta!

Il nero esiste per chi lo vive da tempo e per chi ha perso quello che, mattone per mattone, aveva costruito per il  mantenimento di una cerchia di ricchi finti avversari, falsi amici, legati dal non perdere e dal facile guadagno.

Il nero esiste nel guardare il futuro dei figli che non sono i “figli di papà” ma quegli oggettini che si trovano nelle merendine con cui si gioca per un po’ e poi si perdono o si buttano.

Un paese che crea “plebei” e “patrizi” alla faccia della DEMOCRAZIA (povera parola usurpata, inflazionata, utilizzata a sproposito).

Ed in attesa di “bandi” (così vengono chiamati quei questionari infelicemente complicati) affinchè si possa aspirare ad un lavoro o, comunque, ad una risorsa, il Paese diventa stranamente e paradossalmente un paese dei “ricchi e poveri”: ricchi che continuano ad arricchirsi (soldi chiamano soldi) ed i poveri che continuano a sperare un qualcosa, non si sa cosa, ma qualcosa (un miracolo, si presume).

Il cittadino comune è al margine di una strada percorsa dai soliti noti che confusamente si agitano facendo il gioco “delle tre carte”.

Il cittadino  grida e si lamenta ma sta a guardare e non fa alcunché, perché così è stato abituato e, comunque,  perché si trova SOLO! Una lotta contro  Mulini al Vento.

Devi conoscere un amico influente ed importante e forse “ti sarà dato”.

Non c’è da criticare il ricco che si è creato la sua ricchezza con la fatica, c’è da criticare alcuni ricchi che lo sono senza fatica e continuano ad esserlo.

La competizione sana manca in questo paese  che conosce invidia, rabbia, compromessi e giochi di parole, un paese di opportunisti altro che gente calorosa ed ospitale.

Un Paese dove l’abito fa il monaco.

La competizione e la passione nel raggiungere il traguardo si spegne sul nascere quando in cima ad una vetta puoi benissimo arrivarci con un elicottero, senza arrampicarti : fatica sprecata se conosci le persone giuste.

Il cittadino ai margini della strada è diventato polemico e rabbioso, pur mettendo links e messaggini di cuoricini, amicizia e bontà attraverso l’immancabile cellulare ultimo grido, comprato a rate, su internet.

Un cittadino che ancora si genuflette al cospetto di chi lo sta rovinando.

Che Paese è questo qua?

P.Z.

 

 

 

 

 

 

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