UN APPELLO “LA CULTURA E’ NEI GUAI” AI CANDIDATI PRESIDENTI

La cultura, come il nostro pastone (nota politica), raffigura un libro che marcia, cammina, osserva, ascolta e parla, metaforicamente rappresenta il bisogno di dialogare con la gente. In questo senso dobbiamo accogliere l’appello, lanciato da intellettuali del mondo dello spettacolo e della cultura “La Cultura è nei guai”, apparso su Live Sicilia, per farlo nostro, per aderire, e per urlare il nostro disappunto sul fatto che la cultura viene da sempre considerata una Cenerentola, che lascia,però, la sua scarpa perché un principe la raccolga.

L’appello è diretto ai candidati presidenti, firmato da intellettuali siciliani e italiani, e si concentra su un fatto:la cultura come motore di sviluppo, risorsa e investimento, in quanto rappresenta il 54% della ricchezza prodotta,, occupa un milione e quattrocentomila persone, a livello nazionale, il 10%  dell’export, con un equivalente di 17,8 miliardi di euro, il 4,4% della spesa complessiva.

Insomma non dovremmo proprio considerarla deficitaria in senso economico, e ,aggiungiamo, inoltre, che è indispensabile per la crescita , per l’evoluzione, per la qualità di vita.

Manifestazioni come quelle di Siracusa, Dramma Antico, Taormina Arte ed altre crediamo non essere una palla al piede dell’economia complessiva.

E’ giusto fare le critiche al Circuito del mito, non per l’idea di circuitazione del bene teatrale, e per la valorizzazione della rete di siti archeologici,  ma per la disorganizzazione, e per gli eccessivi fondi impegnati, che non hanno giustificato il prodotto ottenuto.

Però, da questo a fare di tutta l’erba un fascio, ci sembra inopportuno  e  poco conveniente.

L’alternativa non è sparare a zero sulla cultura, sugli spettacoli, considerati effimeri, ma di incentivarli , in quanto questi rappresentano una veicolazione  di idee, di pensieri, di immaginario collettivo, bene immateriale, ma indispensabile per una crescita collettiva.

Se quanto detto vale per il teatro, per la cultura,invece, la soluzione ai problemi economici di una regione o di uno stato, ci sembra grave debba passare dall’eliminazione di pubblicazioni, di libri, di convegni, di manifestazioni, di incontri, in quanto non indispensabili: sono i costi che si devono contenere, senza strafare, cosa non fatta finora.

L’appello ci sembra interessante, ed opportuno: una voce nel deserto o una voce ascoltata dai candidati presidenti più sensibili alla cultura?

 

 

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