SUPERMERCATI: BISOGNI INUTILI, BISOGNI AGGIUNTIVI

Non ho seguito molto in dettaglio la vicenda della chiusura/apertura domenicale dei negozi e dei centri commerciali operanti nella città di Ragusa.

Non ho capito quando saranno aperti – se saranno aperti – i negozi cittadini e quando i centri commerciali che – fatto salvo mio possibile errore – sono ancora due.

Non ho seguito e quindi non ho capito, e per il semplice motivo che non mi reputo interessato – a differenza di mia moglie – all’argomento, perché nei due centri commerciali io sarò entrato, nel corso degli ultimi dodici mesi, forse tre volte in quello più “cittadino” e forse due in quello più periferico.

Non li frequento perché mi spaventano. Non è la mia una posizione snobistica, non ne sono capace, tipica invece di quelli che criticano i centri commerciali perché omologanti “non luoghi” che hanno sostituito la piazza cittadina, almeno per i giovani ed anche per molti adulti, molto più numerosi di quanto si possa immaginare.

Allora, io mi chiedo, se in una grigia e notoriamente triste città com’è Ragusa – sul piano collettivo, chè nelle famiglie e nei gruppi si può essere tutta altra cosa – dove un tempo esistette la via Roma quale luogo di incontro, e poi per decenni, decaduta la citata strada e i locali pubblici in essa operanti, il vuoto assoluto di luoghi di aggregazione, cosa c’è di male ad incontrarsi in un luogo comodo, caldo d’inverno e fresco d’estate, con i negozi ma anche i bar e la pizzeria e dove, assoluta priorità del ragusano medio (e non solo ragusano) è facile parcheggiare? Nulla di male, appare evidente. Anzi, se quei centri commerciali attraggono sarà perché sono stati progettati e costruiti in maniera intelligente. Insomma, hanno raggiunto il loro scopo: far entrare quanta più gente è possibile sperando possa spendere soldi, quelli che ha e magari quelli che qualche finanziaria potrà prestagli a comodissime rate e con tassi che non superano quelli della cosiddetta “soglia dell’usura” mensilmente stabilita dalla Banca d’Italia.

Però, c’è un però. E premetto subito che non si tratta assolutamente di critica fine a se stessa, ma di mia personale analisi, empirica quanto onesta. Però, dicevo, nei centri commerciali c’è una atmosfera particolare, si respira un’aria diversa, e non soltanto rispetto ai negozi “al dettaglio”, quelli classici dove una volta si andava per comprare dal negoziante di fiducia e solo dopo la necessaria e immancabile contrattazione sul prezzo. C’è una atmosfera “finta”, c’è un clima artificiale (letteralmente), si perde il senso del tempo e delle stagioni in quelle laiche cattedrali dove si onora il dio denaro per il suo più evidente tramite, ovvero il dio merce, in una sorta di profana liturgia affidata alle luci e agli scaffali, al trucco delle belle commesse e alla musica di sottofondo, al profumo nei dintorni della pizzeria e nell’ipnotico ritmo che cinque o sei casse di un grande supermercato producono con le loro velocissime pistole al laser che per ore e ore leggono codici a barre e riempiono carrelli, quegli stessi carrelli che i ragazzini usano nel parcheggio coperto per fare le terribili e pericolosissime gare di distanza (si tratta di lanciare i carrelli lungo i corridoi del parcheggio e vince chi ovviamente lancia più lontano il carrello che, inevitabilmente, si fermerà sulla lucida carrozzeria di una BMW nuova di zecca per le bestemmie del proprietario).

Incontri gente, anche parenti che non vedevi da dieci anni e che altrimenti non avresti visto per altri dieci anni se non in occasione di un funerale di consanguinei. Compri merce necessaria alla sopravvivenza tua e della tua famiglia. Compri merce che non ti serve a nulla, ma proprio a nulla, ma in tal modo avrai soddisfatto la tua ambizione (illusione?) a ritenerti economicamente sufficiente, capace di spendere grazie all’avere realizzato il tuo personale e virtuoso (secondo i nostri attuali canoni) ciclo di “lavoro, guadagno, spendo”, porto a casa e allontano (definitivamente? Forse. Per quanto ancora? Non possiamo saperlo noi piccoli consumatori del centro commerciale, posto che non lo sanno nemmeno i guru dell’economica e della finanza mondali) l’atavico spettro della miseria, del non avere da mangiare, del morire di fame e di freddo, del diventare preda per non essere riuscito ad essere predatore.

Ho capito, mi fermo, sto svicolando. Si trattava solo di dire che i centri commerciali saranno aperti oggi, domenica 13 marzo 2011 e poi anche nelle domeniche di aprile (ma ad aprile quest’anno cade Pasqua. A Pasqua cosa faranno?). Forse, se ho capito bene.

 

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