È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
SFATATI ALCUNI MITI
05 Apr 2013 17:06
In un colpo solo, in un solo giorno, la caduta non di uno ma di più miti. Napolitano aveva istituito due commissioni di “saggi”, di personaggi della politica e delle istituzioni che, dall’alto delle loro competenze e della loro estrema credibilità, avrebbero avuto l’arduo compito di trovare delle convergenze fra le coalizioni, per arrivare alla formazione di un governo.
La decisione non aveva suscitato grande approvazione, soprattutto fra i politici, per quanto anche illustri personaggi, anche dell’apparato statale, mettevano in dubbio, se non le capacità degli interessati, certo l’opportunità e la fondatezza di una simile decisione. La presenza di nomi importanti sgombrava, però, il campo da soverchie riserve sulla procedura.
Uno dei più accreditati componenti la commissione era un eminente giurista, già Presidente della Corte Costituzionale e docente universitario alla Statale di Milano. Un personaggio su cui, fino a ieri, non ci sarebbe stato nulla da eccepire.
Invece ecco che Napolitano ci rifila una figura che, appena sotto i riflettori, perde il controllo, come una olgettina intervistata dai giornalisti, e cade in un classico scherzo telefonico della Zanzara di Cruciani, si fa chiamare al telefono da una sedicente Margherita Hack e si lascia andare a considerazioni da bar sulla validità e sulla efficacia delle commissioni dei saggi, giudicate “inutili, buone solo per coprire lo stallo”, stroncando così l’operato del Capo dello Stato che li aveva volute e che aveva voluto lui fra i componenti.
Come se questo non bastasse, quasi volesse dare una sua immagine più completa, si fa trascinare dalla finta Hack in un giudizio del tutto irrispettoso verso Berlusconi, “Berlusconi vuole solo protezione, è anziano e speriamo decida di godersi la vecchiaia lasciando in pace gli italiani”, giudizio che, ancorchè condiviso da una parte degli italiani, certifica la leggerezza di alcuni personaggi che la sinistra vorrebbe addirittura propinarci per il governo della nazione.
Lasciamo perdere se fosse stato Berlusconi ad essere sorpreso in un fuori onda di questo tipo, diretto a qualche papavero della sinistra o delle istituzioni, si sarebbe gridato allo scandalo e si sarebbero invocati provvedimenti della magistratura, questo perché c’è la democrazia e l’uguaglianza sancita dall’articolo 3 della Costituzione.
Secondo mito che cade: Grillo e il suo movimento avevano fato della trasparenza e della chiarezza il vessillo dei 5 stelle. Tutto si doveva fare alla luce del sole, lo streaming doveva diventare il credo di stato.
Già una prima crepa c’era stata con una delle riunioni del gruppo al Parlamento, quando venivano a galla alcune smagliature fra i componenti eletti a Camera e Senato. Più di uno e in più occasioni comincia a scalpitare, a nulla valgono gli appelli di Grillo all’unità e al rispetto delle decisioni prese, si concretizzano le illazioni di quanti erano sicuri che il profumo dei palazzi romani avrebbe solleticato i percettori più sensibili degli eletti grillini. Prima c’era stata una riunione a porte chiuse, cosa legittima e comprensibile, ma non andate a parlare, allora di streaming, se no va finire come con l’auto blu del Vice Presidente della Regione.
Stamane un evento a metà fra la fiction televisiva e una fuga da film di spionaggio, in formazione con due pullman che aprivano un lungo e ridicolo corteo di circa trenta auto di giornalisti al seguito: tutti intruppati, almeno quelli che hanno risposto alla convocazione, poco più della metà degli eletti, chiamati dall’istitutore Grillo che li aspettava, in località segreta, per una riunione dove i ragazzi sarebbero stati istruiti, ancora una volta, ai principi base della fedeltà al movimento e all’osservanza dei dettami del capo, il tutto risoltosi, poi, in una scampagnata presso un agriturismo dell’agro romano, con contorno di paccheri e guanciale. Lo streaming alla prossima volta.
Si pensava che la Boldrini alla Presidenza della Camera sarebbe stata coerente con le sue idee e con quelle del partito di appartenenza, contro ogni forma, innanzitutto di spreco e di clientelismo, specie se di partito o di coalizione. Si era gridato allo scandalo quando, a fine legislatura, l’ex Presidente della Camera, con una delle solite infornate di fine mandato, voleva stabilizzare alcuni collaboratori del consiglio di presidenza.
Alla faccia della linearità e delle regole, sotto la Presidenza della Boldrini, non si perde tempo a imbarcare, a suon di profumati stipendi, trombati della politica e figli d’arte.
Normalmente il Presidente di Montecitorio porta con sé un portavoce e si appoggia, per altre mansioni, ai giornalisti dell’ufficio stampa della Camera. La Boldrini assume, invece, quattro “esterni” e non li trova tramite il collocamento.
C’è Roberto Natale, già capo del sindacato Usigrai, nonché ex presidente della Fnsi, Federazione della Stampa italiana, trombato di SEL alle ultime elezioni.
C’è Valentina Loiero, figlia del democratico Agazio già governatore della Calabria, nominata capo della comunicazione.
Ancora, a far da consigliere politico-istituzionale alla Boldrini sarà Carlo Leoni, già vicepresidente della Camera in quota Pd. Anche lui non rieletto. Per il ruolo di addetta ai rapporti con gli organismi internazionali c’è Giulia Laganà, figlia dell’ex parlamentare Pd Tana de Zulueta.
Occorre riconoscere che c’è anche, fra le nuove assunzioni, Giovanna Pirrotta, incaricata dell’immagine sui social network e delle nuove tecnologie, che, però, pare, fino a questo momento, non potrà vantare titoli, nè di trombata alle ultime elezioni, né di figlia d’arte.
Altro mito crollato è quello di Benigni: i dati Auditel sanciscono un tonfo che non ammette nessuna comprensione e che, anzi, interroga sull’ostinazione del servizio pubblico a mantenere in vita un costosissimo programma che interessa a pochi.
Il programma TuttoDante, in onda ieri su su Rai Due, in prima serata ha collezionato un altro fiasco: 2,52 di share, per un totale di circa 747mila telespettatori. Numeri da monoscopio per il comico toscano, doppiato anche dalla serie Tv The Closer trasmessa da Rete 4. Sembra eccessivo per un programma che costa 500.000 euro a puntata per un totale previsto di 6 milioni di euro. Come se non bastasse anche un film in onda su Iris, (Black Book di Paul Verhoeven), pellicola sulle resistenza olandese, ha fatto di più. Per la prima volta una rete tematica digitale supera una tradizionale, per di più con una trasmissione culturale di una TV privata che ha battuto la TV pubblica.
Albus
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