SCUOLA, BENTORNATI RAGAZZI!

Lo zaino, stranamente, è già pronto ed al suo interno: qualche quaderno, l’immancabile diario e abbaglianti evidenziatori. La scelta del vestiario è già accuratamente completata ed “infiocchettati” gli scolari sfilano per l’occasione: il primo giorno di scuola.

La campanella trilla, riaprono i battenti, i corridoi si affollano e rimbombano di sonore voci; la “spietata” corsa per accaparrarsi i migliori posti, alias gli ultimi, è iniziata; la soddisfazione dopo la conquista è immensa ed il battibecco con il compagno, secondo arrivato, quasi assicurato.

Via le lunghe nottate afose e baldanzose, via gli abbronzanti ed i parei: si parte con una nuova avventura di studio, di compagnia, di “ricreazioni”.

 Allo scoccare dell’ora fatidica di riapertura, in automatico, la maggiorparte degli studenti, sempre più demotivata, fantastica sulle prossime beate vacanze, vivendo così lo studio come una agonia, una noia straziante. Ma un giorno capiranno, anche loro, che il fine ultimo della scuola, palestra di vita, è quello di permettere la conoscenza e quindi di creare uomini liberi.

Aspettando quel momento risolutivo, intanto, ogni anno piovono le immancabili polemiche in relazione alle problematiche che il sistema scuola è costretto a sopportare: tagli, precariato, sicurezza, diritto allo studio, concorsi pubblici, qualità ecc.

A soffrire di tale impasse altro non sono che i nostri giovani studenti. Vittime di un dilagante sfaldamento della società, dei valori, figli della generazione perduta, del precariato, dell’insofferenza , non credono più nell’istruzione come elemento qualificante o forse, ancor peggio non credono più in nulla, non riescono a sognare…

Nella fattività, agli anni che avanzano corrispondono, da una parte, un numero dilagante di studenti che abbandonano la scuola e cercano di immettersi nel sempre più critico mercato del lavoro, dall’altra, una massa di universitari in un limbo nevrotico di insoddisfazione per i tanti anni sulle “sudate carte”.

Il problema? Un sistema scolastico obsoleto, con metodi per nulla stimolanti. I giovani di oggi non sono più quelli di una volta; bisogna analizzare le esigenze di una generazione figlia di una società liquida, veloce, e, così, sperimentare nuovi accorgimenti per non far spegnere la loro favella e non innescare una regressione, senza ritorno.

Ed ancora sarebbe utile abolire molti corsi universitari, appendici di appendici similari, inutili; organizzare “accademie di mestieri”; formare educatori motivati ed appassionati, pronti a “forgiare” gli uomini e le donne del futuro.

Sperando che la forbice dei politici non operi più tagli nel settore scuola, si coglie l’occassione per salutare il nuovo anno scolastico con le pregnanti riflessioni di Chomsky, il quale ritiene che lo scopo dell’educazione sia quello di:

“trasmettere il senso del valore delle cose che non fanno parte delle forme di dominio, contribuire a creare dei cittadini equilibrati di una comunità libera, e attraverso la combinazione di questa appartenenza alla comunità con la creatività individuale mettere gli uomini in condizione di conferire alla vita quello splendore che, come un limitato numero di persone hanno dimostrato, la vita può raggiungere“.

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