Scicli, critiche alla Sacra Rappresentazione, Cartier rompe il silenzio: “Ecco perché ho fatto certe scelte”

Carlo Cartier, come uomo e professionista che tiene alla tradizione della sacra rappresentazione del miracolo della Madonna a cavallo nella pugna fra normanni e saraceni per il predominio su Scicli e sull’isola, spiega in sei punti le ragioni che hanno ispirato la sua direzione artistica dell’evento che si è tenuto sabato sera in città. Lo fa dopo pochi giorni, giorni di critiche e giorni di consensi.

“Di sciagurato non si sa cosa possa esserci, poiché mi è stato spiegato che il palco-castello, in quella posizione, nasce nel 2023 (da una scelta condivisa da amministrazione e, certamente, Comunità Ecclesiale), viene replicato nell’anno 2024 (ripristinando il castello e ingrandendo nuovamente il palco: nel 2023 fu un palco di 8 metri per 8 con altezza 90 cm e il castello totalmente assente). Nell’anno 2024, dunque, torna il palco e il castello è, quest’anno, sempre nella stessa ubicazione, con la differenza che, invece di essere alla destra del chiosco (area Chiesa Madre), è stato collocato a sinistra, guardando da piazza Italia. Con minori problemi di traffico, poiché le sedie sono state collocate sulla piazza e la visione risultava ottima per tutti.”

Sulle considerazioni del vicario di Scicli

“Mi è stato rimproverato di non averlo contattato. Il vicario avrebbe potuto benissimo venire a trovarci durante le prove. La porta era aperta, ogni suo suggerimento sarebbe stato accolto con rispetto e attenzione, e nessuno gli avrebbe impedito di partecipare o dire la sua – afferma il regista –. Se non lo ha fatto, non può imputarmi una mancanza di dialogo che non è mai stata impedita né evitata. Francamente, non comprendo in che misura questo avrebbe influito sullo spettacolo.” Sul testo della sacra rappresentazione, Cartier spiega che “è stato recitato integralmente, come previsto dal bando regionale. Non ho modificato una sola parola. Ogni allusione a interventi arbitrari è semplicemente infondata.”

Ed il saio dell’eremita?

“Sorprende che qualcuno oggi si scandalizzi per il cordone francescano, ignorando che quel costume è presente da oltre quindici anni – spiega Carlo Cartier –. Ci si accorge oggi di un dettaglio che è sempre stato presente? C’è una ricca documentazione fotografica che lo testimonia. Forse sarebbe più utile guardare l’insieme con maggiore onestà intellettuale.”

E sulla scelta di non urlare “Allāh, Allāh”?

“Vista la situazione internazionale attuale, ho scelto per coscienza di non usare quella specifica invocazione. Ho cercato un suono simile per mantenere la dinamica della scena, ma purtroppo, per inesperienza dei recitanti, è diventato un poco efficace ‘lalalalala’. Lo ammetto. Inoltre, non ho voluto rappresentare morti in scena: ho preferito un epilogo in cui i saraceni fuggono alla vista della Madonna, una scelta che reputo più coerente con un messaggio forte, ma non cruento.”

E di un Belcane che irride l’avversario? Così spiega

“È stata una scelta registica ben precisa. Può piacere o meno, e certo si può discutere. Ma non è pensabile modificarla solo perché a qualcuno non è piaciuta. La libertà artistica ha un valore, e finché rispetta il testo e lo spirito dell’opera, va tutelata – conclude Carlo Cartier –. Il simulacro della Madonna sulla scena: la presenza fisica della Madonna sul palco, in mezzo alla battaglia, è stata una scelta nuova e d’impatto, molto apprezzata dal pubblico. Un’immagine forte, viva, che ha dato profondità drammatica alla scena. Insieme a questo, l’interpretazione de Il canto dell’Angelo ha rappresentato un ritorno alla figura infantile e innocente dell’angelo, da sempre parte della tradizione. Un modo delicato e potente, vista l’impeccabile interpretazione, per ripristinare un elemento simbolico fondamentale, senza forzature né effetti speciali, ma con semplicità ed emozione.
Eppure, nonostante queste scelte sentite e rispettose, qualcuno si è fermato a criticare solo un cordone.”

Sugli aspetti tecnici, audio e luci, che non sono a capo del regista, Carlo Cartier così commenta

“Preferisco stendere un velo pietoso. Non erano sotto il mio diretto controllo, ma prendo atto dei limiti evidenti e di come abbiano influito negativamente sull’andamento dello spettacolo. Le critiche ricevute sono sembrate più polemiche di principio che osservazioni costruttive. Chi ha guardato con attenzione e buona fede sa che lo spettacolo è stato messo in scena con cura, rispetto e senso di responsabilità. Questo dovrebbe contare più di un cordone.”

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