È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
SAN GIORGIO E LE “BOMBE”
03 Giu 2012 03:25
“Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?”, esclamava Giuda Iscariota quando Maria, sorella del risuscitato Lazzaro, profumava i piedi di Gesù. L’evangelista Giovanni annota con amarezza: “Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro …” (Gv 12, 5-6). Con la stessa amarezza scriviamo questo nostro documento. Per la verità, come di solito ogni anno, ce lo aspettavamo, ma non prima della festa. Rispondiamo, non per dare credito a un fantomatico personaggio che si cela dietro a una frase già vecchia, “perché tanto spreco in un tempo di crisi”, ma per dare ragione della nostra scelta a quanti potrebbero essere turbati da persone come queste. La festa di S. Giorgio è catalogabile nell’alveo delle feste popolari le cui caratteristiche comuni ed essenziali che l’accomuna ad altre feste sono la banda musicale, le luminarie e i botti. Una festa che vuole essere tale non può essere menomata da una di queste componenti. Diversamente, si celebra non una festa ma un rituale penitenziale. Quando S. Giorgio è stato portato processionalmente l’11 gennaio del 1993, trecentesimo del terremoto, giustamente nessuno si è sognato di chiamare un fuochino o di porre luminarie festose. Nessuno contesta che viviamo in un momento di particolare crisi che impone sacrifici un po’ a tutti, ma ricordiamo che questa festa viene realizzata con i piccoli sacrifici che gli stessi poveri offrono liberamente. Non sono soldi carpiti con autorità a un gruppo di persone per riempire le tasche di altri. E se gli enti pubblici si sono prodigati a dare il proprio contributo, lo fanno perché è un dovere, come si fa da secoli, il mantenere una tradizione portatrice dell’identità e della cultura di un popolo che esprime anche in questo modo il senso della festa e per il ritorno economico e turistico che arricchisce la stessa città. Per di più il privare la festa dei botti o di altri effetti collaterali significherebbe rendere più poveri tante persone che con tali feste si guadagnano il pane. Comunque, abbiamo programmato, e già prima che qualcuno lo chiedesse, che i proventi della festa non fossero tutti spesi per la sua buona riuscita, ma che una parte di essi vada alla S. Vincenzo della Parrocchia della Chiesa Madre S. Giorgio. Alle persone che si “scandalizzano”, come Giuda, vogliamo chiarire che anche volendo ormai è troppo tardi per disdire gli impegni già presi. Ma pensando al prossimo futuro per l’altra grande festa della città: perché invece di comprare i ceri per la festa di S. Giovanni, non si invita la gente a dare il corrispettivo del prezzo della candela ai poveri? Sicuramente si raccoglierebbe molto, ma molto di più di quanto si spendono per i botti di S. Giorgio, con il risultato che si snaturerebbe la festa perdendo la sua caratteristica, i poveri ci sarebbero lo stesso, con il di più che una tale scelta allargherebbe il numero dei poveri con l’aggiunta dei venditori di ceri.
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