Ragusa prima in Italia per qualità della vita: 123 ragioni. Eccole

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Meraviglia! Avete letto? Noi della provincia di Ragusa ora siamo primi in classifica al Sud. Per qualità della vita. E nella top ten nazionale siamo sesti. Io l’avevo scritto già due anni fa quando ci massacravano nei giornaloni del Nord. A gratificare le nostre esistenze iblee sono il lavoro, le relazioni, la solidarietà, la qualità del tempo libero, la famiglia, l’accoglienza, l’impegno civile, la fiducia negli altri. E non hanno considerato la qualità della vita su Facebook! Altrimenti saremmo primi. E non ce ne forra per nessuno.

Cito spudoratamente me stesso. A detta di autorevoli testate giornalistiche nazionali a Ragusa, riguardo alla qualità della vita, non eravamo messi affatto bene. Bambini, giovani, diversamente giovani e anziani. Non si salvava nessuno. Così dicevano da anni le classifiche: eravamo circa centesimi su 107 province italiane partecipanti. Non esattamente un trionfo olimpico (agli Europei avevamo fatto decisamente meglio, seppure ai rigori). Il tema della “qualità della vita” e del “benessere” non può lasciarmi insensibile come psicologo. E come ragusano. E, in tutta onestà, avvertivo una certa insofferenza immunitaria per queste classifiche, che ogni anno, balsamo puntuale come un clistere, sopraggiungono a tonificare il nostro spirito, l’autostima e la fiducia in noi stessi. 

Le analisi statistiche pubblicate tengono generalmente conto, per farla breve, di alcuni macro-criteri come ricchezza e consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi, demografia e salute, giustizia e sicurezza, cultura e tempo libero. Ottimi indicatori. Ma criteri senza un’anima. Infatti, “qualità della vita”, “benessere” sono espressioni e parole profondissime, ineffabili, soggette a interpretazioni molteplici. Mi domando, è possibile tirare in ballo queste etichette senza legarle indissolubilmente alla condizione psicologica della persona? Ha senso vederle, cioè, separate dalla soggettività dell’individuo, dalla sua biografia di mille storie e dall’estetica delle sue relazioni più intime e significative? Nessuno può negare che da molti decenni, anche in quest’area (forse meno sfortunata) della Sicilia, siamo afflitti da contraddizioni, involuzioni, incompiutezze, immobilismo … E la nostra provincia è tutt’altro che uniforme. Ma davvero la qualità della vita dei nostri figli, dei nostri genitori (esagero, persino la nostra) complessivamente è così bassa rispetto a quella di chi occupa il podio delle classifiche nazionali? 

Già tre anni fa esprimevo così le mie perplessità riguardo alle solite graduatorie. Non bisogna essere uno psicologo sociale per accorgersi che nel nostro mondo ancora sopravvive faticosamente il culto per i genitori ed i nonni, come e più che in altre realtà italiane. Non occorre essere un sociologo per rendersi conto che nel nostro mondo è onnipresente e capillare il welfare, l’attenzione alla fragilità (l’azione dei servizi sociali, il sostegno psico-sociale di rete, nelle forme del volontariato, delle attività parrocchiali e delle agenzie educative, e via dicendo).

È centrale il tema dell’inclusione reale di migliaia di bambini “extracomunitari” nelle scuole. Scuole che peraltro, in molti casi, vedono la presenza quasi costante anche degli psicologi da decenni (in una esclusiva quasi tutta ragusana), da molto prima che il tema dello “psicologo scolastico” diventasse improvvisamente più attuale alla luce dell’emergenza Covid. Non bisogna essere un antropologo per capire che le donazioni del sangue da record (Avis), per dirne una, basterebbero da sole a farci balzare verso la seppur inarrivabile Bolzano. Chiedetelo a Margaret Mead dove sarebbe Ragusa se avesse stilato lei la classifica. Margaret Mead. E gli sforzi funambolici riguardanti la raccolta differenziata dei rifiuti? Ma davvero possiamo sottovalutare così tanto il nostro nuovo slancio eco-psicologico? E bisogna essere professori in psicologia per apprezzare l’energia ideale e la forza mentale di innumerevoli imprenditori del territorio nel rifiutare ostinatamente la resa a una pandemia mondiale? E sul piano culturale, meriterebbe certo un riconoscimento maggiore lo sforzo creativo e ammirevole profuso da tanti protagonisti del teatro locale, delle rassegne letterarie, dell’arte, dei cineclub, delle biblioteche, del fermento musicale delle bolle che si dischiudono nel nostro territorio, nell’anelito di un piccolo ma non fittizio Rinascimento ibleo.

E infine, mi domanderei anche se fossi un neolaureato in Psicologia: retorica a parte, come potrebbero non influire nella qualità della vita degli esseri umani ragusani (e in quelle dei nostri figli) il sole, il mare, la campagna, il cibo, le consuetudini dei rapporti umani (la “densità sociale”)? Magari la bellezza non salverà il mondo. Ma ci farà scalare qualche posto nella classifica? 

E tuttavia lo so. Non dobbiamo compiacerci narcisisticamente allo specchio restando immobili. Ora, se vogliamo che i nostri figli non fuggano da qui, è arrivato il momento di avere visioni più vive, rivoluzionarie e moderne a livello politico e civile. Con più idee e ideali e meno logichette del quotidiano. Con più competenza innovativa. Con nuovi slanci e più coraggio. Meno Montalbano e Gattopardo e più presente e futuro. Più opportunità e bellezza, nella poesia delle cose a venire. Non basta gestire l’ordinario. Dobbiamo puntare allo straordinario. Dobbiamo asfaltare le vie di sogni e di nuove possibilità. Un orizzonte per cui valga la pena restare o tornare nella casa in cui si è stati bambini con le ali degli arcobaleni.

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