Psicoanalisi di una tumpulata: a Will Smith l’Oscar della Pace


“Houston! … qui Ragusa.”
La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola


Risuona ancora sui social l’incredulo “sbang” della ciafalata rifilata pochi giorni fa (sul ring degli Oscar) dal diversamente Principe di Cambridge/Bel-Air al comico reo di aver irriso la rasatura della moglie (affetta da alopecia), tale Chris Rock, divenuto, in mondovisione e in un solo indimenticabile istante digitale, il cuscino più famoso del mondo.Come mai resiste ancora nel firmamento la scia chimica della sberla? Forse perché le nostre psicologie alquanto provate non ne possono più di sfrangiarsi filosoficamente tra una pandemia e una guerra. Diciamolo.

E forse anche perché lo spunto è appetitoso. Succoso. E agevola cucchiaiate di zucchero alla tazzina del dibattito sociologico.Certo, se fosse stata una messinscena, la recitazione della tumpulata sarebbe stata da premio Nobel. Ma a me parve un tranvata autentica. Originale. E senza stuntman.

Per inciso e per così dire, io non ce lo vedo Will Smith a bombardare gli asili in Ucraina, solo perché ha dato una sberla a un amico insolente. Certi paralleli retorici e sillogismi da tastiera, azzardati allusivamente da alcuni commentatori, sono tragicomici. Un po’ da pellicola hollywoodiana: Independence Day, La Tumpulata.Non mi convince l’idea che, se sei dichiaratamente pacifista, non puoi sbroccare (per un istante in un solo esecrabile gesto con la mano aperta). Sarebbe come scambiare fave con ceci (come direbbero appunto a Cambridge). E soprattutto significherebbe ignorare ingenuamente che le guerre non sono il gesto istintivo di un individuo suscettibile e impulsivo. Al contrario, sono il lucido, cinico e algido calcolo di un manipolo di esseri assetati di potere. Il male è una strategia. Una meditatio.E il vincitore dell’Oscar si è prontamente scusato: “La violenza in tutte le sue forme è velenosa e distruttiva. Il mio comportamento … è stato inaccettabile e imperdonabile. Le battute a mie spese fanno parte del lavoro, ma una battuta sulle condizioni di salute di Jada era troppo per me da sopportare e ho reagito emotivamente… ho sbagliato. Mi vergogno e le mie azioni non rappresentano l’uomo che voglio essere…”


Aveva inoltre spiegato in un libro autobiografico, da abile psicologo di sé stesso: “Quando avevo nove anni, vidi mio padre colpire mia madre alla testa con tanta forza da farla svenire e sputare sangue… Insita in tutto quello che ho fatto da allora … c’è sempre stata una sottile sequela di scuse a mia madre per l’inerzia mostrata quel giorno. Per averla delusa in quell’istante. Per non aver tenuto testa a mio padre. Per essere stato un codardo… Avrei dovuto essere capace di proteggere mia madre…”Per alcune autorevoli commentatrici, il pugno di Will Smith è ingiustificabile, perché esprime solo la violenza di una maschilità patriarcale. Io non credo che sia necessariamente così. Peraltro, molte donne hanno ammirato il modo in cui il marito si è ribellato alla violenza verbale che ha colpito la sensibilità della donna.E comunque, se il comico avesse offeso, per dire, il fratello di Will Smith, seduto impassibile al suo fianco, la stessa reazione dell’attore avrebbe suggerito una lettura non meno pregnante e riconducibile a una dinamica affettiva più ampia: uomini e donne, a tutte le età, sono portati a difendere le persone a cui vogliono bene.


Lo so. La violenza non è mai la risposta. E in effetti, come ho già scritto altrove, da psicologo pacifista, mi sarebbe piaciuto che ad alzarsi fosse stata la donna offesa. Non il marito. E che lei, a nome di tutte le donne, avesse puntato, armata del suo serafico charme, il comico impenitente, dicendo: “Sai Rock, perché così tante donne perdono i capelli?! Ma restiamo comunque belle. Sin da bambine, impariamo che i nostri capelli sono preziosi. Poi, a volte, li perdiamo. Anche tu hai perso una buona occasione per essere gentile. E i miei capelli potrebbero ricrescere. I tuoi neuroni no. Ora ringrazia mia madre che mi ha insegnato ad essere gentile: altrimenti ti avrei già assestato un bel calcio sullo spillo che hai tra le gambe.”

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