POLITICA ANTIMERIDIONALISTA DEL GOVERNO BERLUSCONI

Il Governo il 3 marzo scorso ha approvato in via definitiva lo schema di decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Tale decreto avrebbe dovuto riformare gli incentivi in modo da rendere raggiungibili gli obiettivi europei che per il nostro Paese prevedono il raggiungimento del 17% di fonti rinnovabili sul consumo energetico finale al 2020 e che sono stati recepiti dal Piano di Azione Nazionale che il nostro Governo ha inviato a Bruxelles.

Nella versione approvata in particolare il Governo non ha ritenuto di aderire alla richiesta di elevare la soglia di potenza (prevista a 5 MW) oltre alla quale si prevede l’introduzione di un sistema di aste al ribasso considerato da quasi tutti gli operatori del settore farraginoso, poco comprensibile e che non è stato adottato con successo in nessun Paese, causando in concreto l’interruzione di ogni possibile programmazione da parte degli operatori su impianti eolici in particolare. al fine di impedire l’utilizzo improprio di territorio agricolo a fini energetici si è voluto porre mano agli incentivi previsti per il fotovoltaico in aree agricole; ma nella modifica approvata non si sono adeguatamente fatti salvi gli investimenti già in essere e le percentuali di occupazione del terreno previste risultano poco chiare e renderebbero in pratica impossibile la realizzazione di impianti anche in quelle aree agricole marginali e non più utilizzate e per cui non sarebbe necessaria alcuna tutela particolare oltre a quelle già previste dalle ordinarie procedure di VIA.

L’anticipazione al 31 maggio 2011 della scadenza, inizialmente prevista al 31 dicembre 2013, del secondo conto energia sul fotovoltaico, rimandando a un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico da emanarsi di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare entro il 30 aprile, getta nella totale incertezza un intero settore e ha già bloccato tutti gli investimenti in essere. In generale l’approvazione del decreto ha suscitato un diffuso ed elevatissimo allarme in tutte le associazioni di imprenditori del settore delle rinnovabili (tra cui Anev, Aper, Anie‐Gifi, Assosolare, Assoenergie Future) e nella stragrande maggioranza delle imprese tanto che nelle ore immediatamente precedenti l’approvazione del decreto, il governo ha ricevuto oltre 14mila mail di protesta.

Il settore delle rinnovabili in questo periodo di crisi economica è stato tra i pochi che, in controtendenza, ha aumentato l’occupazione. Secondo le stime di Asso Energie Future sono circa 120.000 coloro che direttamente o indirettamente sono occupati nel settore del fotovoltaico. Gifi‐Anie, associata a Confindustria, ha denunciato che sono a rischio 40 miliardi di euro di investimenti programmati nei prossimi mesi nel fotovoltaico e che per almeno 10.000 persone si dovrà far ricorso immediato alla cassa integrazione. Anche i nuovi investimenti nell’eolico sono attualmente a rischio a causa dell’incertezza dovuta al non chiaro funzionamento dei nuovi meccanismi basati sulle aste al ribasso. Il sistema bancario ha già annunciato la sospensione dei finanziamenti previsti.

Per queste ragioni il decreto sta producendo conseguenze negative per numerose imprese tra le più innovative del nostro sistema economico soprattutto in Sicilia dove si è avuto un incremento considerevole degli investimenti in questo settore. E’ necessario, dunque, che tutte le istituzioni regionali di concerto con le associazioni di categoria, con ogni mezzo di pressione spingano il governo ad intervenire rapidamente per correggere gli errori commessi in fase di approvazione del decreto recuperando anche le indicazioni giunte dal Parlamento e dalla Conferenza delle Regioni,  in particolare di non lasciare nell’incertezza il settore del fotovoltaico sino al 30 aprile e quindi di anticipare l’emanazione del previsto decreto ministeriale per la determinazione del nuovo sistema di incentivazione, senza imporre tetti limitanti allo sviluppo del mercato, garantendo certezze nel tempo agli investimenti e riconoscendo un adeguato valore degli incentivi.

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