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PIAZZA TAKSIM NON È PIAZZA TAHRIR
12 Giu 2013 18:11
Cosa sta succedendo in Turchia? Proteste, scontri e dimostrazioni stanno dilagando in varie città della Turchia da qualche settimana a questa parte.
Come noto la scintilla che ha scatenato la rivolta è Parco Gezi, ad Istanbul, vicino alla centralissima Piazza Taksim. Una reazione di protesta contro l’abbattimento degli alberi del parco a favore di un centro commerciale cui hanno aderito gruppi di studenti, giovani, militanti dei partiti politici d’opposizione e facinorosi, scesi in strada ed in rete a sostegno dell’insurrezione.
Basterebbe dare un’occhiata a queste due fotografie per comprendere come elementi anarco-insurrezionalisti, vegani e della sinistra turca hanno un ruolo protagonista nei fatti del Parco Gezi. In un cartello c’è scritto “Vegan Direniş” che significa “Insurrezione Vegana”.
Il pretesto: il presunto autoritarismo imposto dalla politica governativa di Erdoğan.
Una versione che dilaga su stampa e notiziari nazionali ed esteri.
Non mancano ovviamente i parallelismi con le primavere arabe, tant’ è che il 5 giugno scorso sul web dell’emittente televisiva araba, Al Jazeera , compariva uno slogan creato ad hoc: “From Tahrir to Taksim Square / Da Piazza Tahrir a Piazza Taksim”[1], che sta imperversando sulla rete. E qui i social network inveiscono allo scopo di far cadere la cosiddetta “maschera moderata” del Premier turco, tacciato di atteggiamenti autocratici.
Oltre alla questione del parco, alla protesta si sono aggiunte altre, piuttosto banali e poco convincenti, quali il veto alla vendita degli alcolici fra le 22 e le 6 di mattina imposto dal governo, piuttosto che certe libertà di comportamento in un Paese dove, a parte qualche donna con il velo, le ragazze vestono in maniera quasi più disinvolta che in Italia. Basta guardare qualche servizio in Tv con un po’ di attenzione per rendersene conto.
L’editorialista del quotidiano turco Zaman, Şahin Alpay, commenta lo slogan di Al Jazeera, scrivendo che. “Sebbene ci siano alcuni elementi di similitudine fra la rivolta in Egitto del 2011 e l’attuale Turchia, Piazza Taksim rappresenta la dose di opposizione necessaria per una democrazia sana e robusta”[2].
Quindi, aggiunge che se le proteste di Piazza Tahrir erano rivolte contro Hosni Mubarak, ultimo degli autocrati che aveva guidato l’Egitto senza concedere al popolo alcuna libertà di scelta, Tayyip Erdoğan salì al potere nel 2002 attraverso libere ed eque elezioni. Riconfermato nel 2011 è un grande riformatore ed è stato uno dei leader più benvoluti della vita multipartitica del Paese.
Mentre le condizioni dell’economia dell’Egitto di Mubarak erano disastrose, il governo di Erdoğan, seguendo salde politiche economiche ha innalzato di circa tre volte il reddito medio pro capite, accrescendo considerevolmente la classe media. Ma al di là degli aspetti economici ha saputo anche apportare un contributo al dibattito su questioni politiche fondamentali. Come ad esempio la questione curda, iniziando trattative di pace con il PKK[3].
Peraltro lo stesso Premier molto ragionevolmente ha dichiarato:
“Queste manifestazioni sono state espressamente utilizzate da alcuni capital groups, lobby d’interesse e mezzi d’informazione. Coloro che stanno dimostrando in Piazza Taksim ora, sono apertamente adoperati da chi sta prendendo di mira l’economia, il turismo e gli investimenti della Turchia. Voglio tutti i manifestanti lì a vedere il quadro generale, affinché comprendano la posta in gioco e li invito ad abbandonare la zona. Me lo aspetto come Primo Ministro di questo Paese”[4].
È evidente che data la grande importanza strategica e geopolitica della Turchia, che come affermava lo studioso turco Suat Ilhan, è un Paese al crocevia di tre continenti, il suo successo economico in un’epoca di crisi generale, la sua politica estera e le sue ambizioni danno fastidio a molti. Soprattutto a chi osteggia il multipolarismo.
Forse non è del tutto fortuito che si voglia accostare questa rivolta turca alle primavere arabe. I venti di destabilizzazione politico-economica che hanno soffiato sulle sponde meridionali e poi settentrionali del Mediterraneo, sembrano ora dirigersi ora verso il mondo turcofono.
È del 2 giugno scorso il caso della moglie dell’oligarca kazako Mukhtar Ablyazov, accusato di bancarotta fraudolenta ed altri crimini, espulsa dall’Italia per possesso di documenti contraffatti, come peraltro confermato dal Ministro Anna Maria Cancellieri. Un ladro trasformato in vittima al fine di destabilizzare il Paese centrasiatico con i mass media occidentali che plaudono. Così come plaudono alla rivolta turca contro il neo-dittatore islamista e la presunta intolleranza del suo governo.
[1] http://www.zaman.com.tr/sahin-alpay/taksim-elbette-ki-tahrir-degildir_2099239.html.
[2] http://www.zaman.com.tr/sahin-alpay/taksim-elbette-ki-tahrir-degildir_2099239.html.
[3] http://www.zaman.com.tr/sahin-alpay/taksim-elbette-ki-tahrir-degildir_2099239.html.
[4] http://www.todayszaman.com/news-317956-.html.
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