PER L’AEROPORTO DI COMISO O ATTIVARE LO SCALO O RESTITUIRE I SOLDI ALL’UNIONE EUROPEA
09 Ago 2012 06:41
La notizia è davvero clamorosa e non neghiamo di stentare a crederci anche se la fonte è buona, anzi buonissima. Un deputato europeo ha già pronta, per l’aeroporto degli Iblei, una risoluzione a far votare al Consiglio Generale dell’Unione Europea che reciterebbe testuamente : poiché il finanziamento per la realizzazione dell’aeroporto di Comiso a suo tempo concesso all’Italia (sotto la presidenza del Consiglio dei Ministri di Massimo D’Alema, n.d.r.), non è stato condotto a buon fine si intimi all‘attuale presidente del Consiglio Monti a restituire le somme a suo tempo stanziate alla stessa U.E. per la realizzazione della infrastruttura con gli interessi legali per gli anni nei quali non si è prodotto l’effetto del completamento e l’attivazione dell’opera.
Se la notizia si rivelerà fondata sarebbe un altro duro colpo alla incapacità realizzatrice di opere pubbliche nel nostro Paese primo assoluto forse al mondo per le cosiddette incompiute dovute anche alla farraginosa, snervante burocrazia con l’inaccettabile lentezza che attanaglia ogni azione realizzatrice in Italia. Mentre in altri Paesi le grandi opere anche con il contributo delle imprese italiane (Vedi Metropolitana di Caracas, Tunnel del Bosforo in Turchia, Ponti sul Bosforo delle stesso Paese, Ponti nel nord Europa, etc etc) si concludono in tempi rapidi se non rapidissimi da noi, specialmente al sud, non si riesce a far decollare completare una struttura di grande interesse strategico ed economico per l’area del Mediterraneo quali l’aerooporto di Comiso, l’Autostrada Ragusa-Catania, l’Autostrada Siracusa-Gela e, ultimo non ultimo, il Ponte sullo stretto di Messina, che dopo avere ingoiato un mare di soldi persino nella fase degli espropri e della progettazione definitiva pare non si realizzi più. Un vero disastro politico, tecnico e amministrativo che pesa enormemente sulla nostra economia mentre alcuni si chiedono il perché delle crisi occupazionali attuali in Italia dove non si sa realizzare un solo nuovo posto di lavoro.