Pandori e Ferragni, babbiata immaginaria di un bambino ibleo

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Giuro, avrei resistito volentieri al Canto delle Ferragne. Ma oggi, se non commenti questa faccenda (delle querule scuse della influ nazionale), non sei nessuno. Odisseo, per l’appunto.

La storia infatti ha già soppiantato l’affaire internazionale della clamorosa esclusione dei Jalisse da Sanremo. In scioltezza.

Ma per cominciare, diciamocele tre cosine in tutta onestà: l’influencer la si attendeva al varco in tanti. Un po’ squali dell’etica nel pianeta Retorica (a duecento anni-luce dall’universo reale in cui tutti comodamente agiamo). Bando alle ipocrisie. Ella risulta diversamente simpatica per svariate ragioni. Ideologiche: lei e Fedez si sono apertamente e ferocemente schierati contro una parte politica (oggi al potere). Anagrafiche: folle di boomer “disprezzano” il mondo dei social a prescindere (a volte non conoscendo né la grammatica del web né la generazione che ne fa uso). Umane: l’invidia per una tipa che ha saputo creare dal nulla un impero (ricchezza, fama, bellezza) è inconfessabile ma trapelante. E talora, tracimante. Estetiche: alcune manifestazioni del fenomeno “Ferragnez” non appaiono eleganti e sono in dissonanza col Pantheon valoriale delle ideali e profondissime altezze. Ci sta.

La vicenda non scalfirà il suo “successo”, anche perché avere milioni di follower non equivale affatto ad avere uno stuolo di fedeli idolatranti. I follower non sono seguaci. Tecnicamente  non di rado sono solo curiosi o persino detrattori che semplicemente anelano ad esserci. Peraltro, la sua instagrammata di scuse è efficace. Ancora una volta la leggiamo viralmente tutti e tutti ne parliamo. Inoltre, detto tra noi, meglio fare beneficenza (anche se poca) vantandosene che non farla per niente segretamente.

Io però, anche questa settimana, scelgo di pubblicare la lettera che un bambino mi ha letto in sogno stanotte per rispondere alla Chiara.

“Cara Chiara Ferragna, sono di nuovo io nuovamente mi chiamo Ciccio detto Francesco di Carpintieri e sono un bambino di nove anni di Monterosso Almo che è vicino a Giarratana come tu ben sai e sono figlio unico ma assieme a mia sorella Nunzia detta Tina che lavora al panificio di contrada Rustichelli n. 20 e fa anche i pandori ma non li vendono a 9 euro cadauno come i tuoi perché a 9 euro noi ci mangiamo in cinque i funci di carrua della trattoria del signor Spampinato una volta l’anno e ti voleva domandare mio pino Alfio ma che minchia ci mettete in questi pandori balocchi? E i pandori che fa mia madre li regalano anche ai bambini orfanelli e un po’ monelli come me della Casa Don Bartolo ma senza dirlo a nessuno perché mio nonno è saggio e dice cose vere e giuste e dice che la vera beneficenza si fa e non si dice (ssssst, mutu cu sapi u iocu, Chiara) e tutte le genti del paese a mio nonno lo chiamano l’Osho di Monterosso Almo perciò se ora ti trovi a passare da Monterosso io ti offro una fetta dei nostri pandori genuini che si chiamano barocchi non balocchi e non sono griffati ma manco schifiati, ora ti salutai e ti voglio con la salute e non te ne pigliare se ti fecero un milione e mezzo di multa tanto tu sei ricca e io ti voglio bene ma la multa non te la possiamo pagare dice mio padre manco se nei pandori ci mettiamo i funci di carrua placcati in oro.”

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