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Omicidio di Peppe Lucifora: la Procura generale chiede in Appello la condanna di Corallo a 17 anni e 4 mesi
15 Lug 2024 20:06
La Procura generale, nel processo di Appello per l’omicidio di Peppe Lucifora, ha chiesto al condanna a 17 anni e 4 mesi di reclusione, per Davide Corallo. Udienza stamani, alla Corte di Assise d’Appello di Catania (presidente Elisabetta Messina, a latere Sabrina Lattanzio) per il secondo grado del processo, L’omicidio venne consumato il 10 novembre del 2019 nella casa di Lucifora in largo XI febbraio a Modica. Il corpo seminudo del cuoco modicano venne rinvenuto all’interno di una stanza chiusa a chiave. Si pensò ad un delitto passionale che ipotizzava una relazione tra i due uomini. Davide Corallo, all’epoca dell’omicidio unico indagato, 41enne e carabiniere, oggi difeso dagli avvocati MIchele Vaira e Piter Tomasello, era stato assolto a marzo 2022 con formula piena dopo avere trascorso 2 anni in carcere. Alla sentenza si era appellata sia la Procura di Ragusa, sia la parte civile, (i tre fratelli di Lucifora) attraverso l’avvocato Ignazio Galfo. La procura generale, rappresentata da Giovannella Scaminaci, oggi ha sostenuto la sua requisitoria durata quasi tre ore e mezza, in cui ha evidenziato gli elementi che secondo la pubblica accusa condurrebbero alla colpevolezza di Corallo.
L’iter processuale
Nel corso del processo di Appello sono stati risentiti tutti i periti e consulenti intervenuti nel primo grado di giudizio oltre al medico legale Giuseppe Iuvara che effettuò l’autopsia e 12 testi non sentiti in primo grado. In avvio di Appello venne anche nominato un nuovo perito d’ufficio, il maggiore Cesare Rapone dei Ris di Roma. Nella casa di Lucifora vennero effettuati altri due accessi dei Ris – Reparto investigazioni scientifiche – dei carabinieri di Roma con il maggiore Cesare Rapone, nominato appunto dalla Corte d’Assise di Appello di Catania, con l’ex comandante del Ris di Parma, generale in congedo Luciano Garofano, consulente della difesa retta dagli avvocati Orazio Lo Giudice (oggi sostituito da Michele Vaira) e Piter Tomasello. Oltre ai tecnici già nominati, hanno partecipato anche i Ris di Messina con il tenente colonnello Carlo Romano consulente della Procura di Ragusa e di parte civile. Gli ulteriori approfondimenti oggetto della perizia erano incentrati su reperti prelevati dalla stanza da letto e dal bagno, maniglie e oggetti oltre al sifone del lavandino. Era stata una traccia mista di sangue di Lucifora e di Dna di Corallo, presenti nella corona dello scarico del lavandino del bagno, a portare i sospetti su quest’ultimo ma la datazione del reperto che individuava Corallo come presente in casa in orario compatibile con l’omicidio non aveva dato certezza scientifica. Particolarmente discussa, fu una traccia di dna misto dei due uomini evidenziata ed analizzata dal Ris di Messina, e rinvenuta nello scarico di un lavandino. Una prova che secondo la Procura avrebbe collocato Corallo in quella casa in orari compatibili con la morte di Lucifora; di diverso avviso i consulenti della difesa nominati dagli avvocati Orazio Lo Giudice e Piter Tomasello.
L’omicidio di Lucifora – che per quanto accertò l’autopsia, morì tramortito e poi soffocato dalla morsa letale di una mano che gli sfondò la trachea – sarebbe maturato in ambienti omosessuali. Le ulteriori tracce biologiche e dattiloscopiche raccolte durante il processo di Appello sono state anche comparate con quelle repertate all’epoca dei fatti. Tornando all’udienza di oggi, sono state calendarizzate le prossime udienze in cui interverranno parti civili e difese prima della sentenza prevista a gennaio del 2024. Oltre alla condanna a 17 anni e 4 mesi (in primo grado la pubblica accusa aveva chiesto la condanna a 16 anni), la Procura generale ha chiesto l’interdizione perpetua di Corallo e il versamento di una provvisionale di 10.000 euro a ognuna delle tre parti civili costituite, cioè i tre fratelli di Lucifora.
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