È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
NUOVI STUDI CONFERMANO LA TOSSICITA’ DEL BISFENOLO-A
16 Gen 2014 08:08
Ancora una volta il Bisfenolo A è chiamato al tavolo degli imputati quale sostanza pericolosa per la salute.
«Il Bisfenolo A (BPA) è una sostanza chimica usata prevalentemente in associazione con altre sostanze chimiche per produrre plastiche e resine. Ad esempio il BPA è usato nel policarbonato, un tipo di plastica rigida, trasparente e altamente performante. Il policarbonato viene utilizzato per produrre recipienti per uso alimentare come le bottiglie per bibite con il sistema del vuoto a rendere, i biberon, le stoviglie di plastica (piatti e tazze) e i recipienti di plastica. Residui di BPA sono presenti anche nelle resine epossidiche usate per produrre pellicole e rivestimenti protettivi per lattine e tini. Il BPA può migrare in piccole quantità nei cibi e nelle bevande conservati in materiali che lo contengono» (fonte EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare).
Dal giugno 2011 in Italia, in seguito al recepimento della direttiva europea 2011/8/EU, non è più possibile vendere biberon contenenti BPA, che però si trova ancora presente in moltissimi prodotti come stoviglie e bottiglie di plastica, vernici per lattine, prodotti farmaceutici e confezioni alimentari.
Un recente studio della Illinois University pubblicato sulla rivista scientifica Endocrinology «fornisce la prima prova diretta che l’esposizione del feto al BPA durante lo sviluppo a livelli comuni nella nostra vita quotidiana aumenta il rischio di cancro alla prostata nel tessuto prostatico umano» poichè in grado di sostituirsi ed ‘imitare’ l’ormone estrogeno, interferendo così nei processi di regolazione ormonale.
Inoltre, da uno studio condotto dal CNR e della Seconda Università di Napoli si evince una stretta correlazione tra il BPA e la resistenza insulinica a sua volta associata all’obesità infantile: «Con questo studio, unico nel suo genere in Italia, abbiamo misurato i livelli di BPA nelle urine di circa 100 bambini obesi campani. Il dato nuovo e originale dello studio è il riscontro di una correlazione positiva tra i livelli di BPA urinario e il grado di insulino resistenza in tali bambini. In altre parole, più alti erano i livelli di BPA e maggiore era l’insulino-resistenza. Poiché l’insulino-resistenza è correlata con le complicanze dell’obesità, è possibile ipotizzare che il BPA giochi un ruolo rilevante nella modulazione di complicanze come l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia e la sindrome metabolica anche nell’obesità pediatrica». Va cioè a disturbare il sistema endocrino interferendo nell’abilità di gestione dell’immagazzinamento e del consumo di calorie.
A supporto della tossicità di tale sostanza si aggiungono altre prove: in uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista scientifica Journal of Medicinal Chemistry, i ricercatori di due università tedesche hanno dimostrato che il Bisfenolo A altera la funzione di alcune proteine chiamate GTPasi. Sono degli enzimi presenti nelle cellule in due forme diverse: si trovano in una forma ‘attiva’ se legate alla GTP (una molecola a più alto contenuto energetico) e in una forma ‘inattiva’ se legate alla GDP (molecola a più basso contenuto energetico); oscillando tra le due forme le GTPasi fungono da “interruttore molecolare” in grado di regolare processi fondamentali per le cellule. Dallo studio è risultato evidente che il BPA si lega alle GTPasi al posto della GTP e della GDP impedendo il normale funzionamento dell’interruttore ed interferendo in modo deleterio nella trasmissione si segnali ed informazioni essenziali all’interno delle cellule.
Ci sono altre evidenze che il BPA è responsabile nell’aumentare il rischio di sviluppare anche malattie cardiovascolari, neuronali e tumore al seno.
Sarebbero quindi auspicabili normative mirate a bandirlo del tutto dai processi di produzione di contenitori utilizzati per confezionare e conservare gli alimenti.
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