È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
NON ORA!
23 Set 2013 15:52
All’Assemblea nazionale del Pd non si sono presentanti o quanto meno non hanno partecipato al voto 500 delegati, per cui la riunione non dato esito alcuno. Tutto rimandato. I più accreditati candidati alla segreteria del partito hanno dovuto prendere atto che gli assenti, nella sostanza, avevano manifestato un loro intendimento di voto che era quello di evitare la fissazione di un punto di partenza la cui fine si sarebbe dovuta concretizzare per l’elezione del nuovo segretario prevista per il prossimo 8 dicembre.
E’ di tutta evidenza la contrapposizione fra i sostenitori di Letta e Renzi non ostante che quest’ultimo non manca sempre di dichiarare che il governo va sostenuto.
E’ singolare, però, che a parte i propositi espressi verbalmente di governare il loro partito, non è dato capire in modo semplice e chiaro quale programma operativo e politico ognuno di loro intendono rappresentare proporre. Chi esprime un suo voto o una preferenza per un partito intende manifestare la sua adesione ad un programma che ritiene conforme al mantenimento del suo stato sociale o al perseguimento di finalità economiche, politiche e culturali nelle quale ritiene di conformarsi o perseguire.
Nei defunti partiti della c.d prima Repubblica c’era una non discussa e discutibile separazione fra il capo della segreteria politica e la candidatura alla guida del governo. Quest’ultimo era, per così dire, delegato a trasformare in tutto o in parte di concerto con gli altri rappresentanti politici dei rispettivi partiti le idealità, le finalità programmatiche di cui gli stessi partiti erano portatori in aderenza al consenso che gli iscritti o gli elettori avevano ritenuto loro di assegnare. L’elettore non votava a caso la dc, il pci, il psi o gli altri partiti indifferentemente. Riteneva, magari sbagliando, che quella formazione politica per il suo programma era aderente e confacente alle sue esigenze del momento o proiettate nel futuro. Non esisteva il dogma per il quale le cariche elettive erano il prolungamento di quelle partitiche.
Andreotti fu eletto per sette volte capo del governo, ma non fu mai segretario del suo partito.
Quanto è successo non potrà non avere delle ripercussioni sull’assetto governativo, anche se non appare del tutto chiaro quale sino le finalità che il capo del governo intende perseguire. Da un parte il presidente Letta, in modo simpatico, sostiene che in fronte non ha scritto “giocondo”, come a voler dire che a fronte dello stato un poco altenelante in cui poggia lo scanno del suo non mancherà di esprimere al riguardo il suo pensiero. Dall’altra il suo alleato di governo proclama l’obiettivo della riduzione fiscale, senza però chiarire in quale settore e con quali risorse si può raggiungere tale risultato per il quale non c’è nessuno che si possa dichiarare contrario. Con la prossima legge di stabilità occorre reperire non meno di sei miliardi di euro per sfuggire anche alla probabile attivazione europea della procedura d’infrazione.
C’è, però, un altro grande e importante problema ad un vicino esame delle camere che è quello della modifica dell’art. 138 della Costituzione che prevede l’eliminazione del doppio cameralismo, la riduzione del numero dei parlamentari e la contemporanea approvazione del semi presidenzialismo a cui deve, anzi dovrebbe, seguire la modifica dell’attuale legge elettorale.
Le accennate modifiche non sono fra loro interdipendenti. Una legge, con la prevista modifica, può essere approvata solo dalla camera a prescindere della variazione del numero dei deputati. Stesso rilievo per il semipresidenzialismo e stesso discorso per la modifica dell’attuale “porcellum”. Si potrebbero innestare tanti distinguo o rilievi comunque idonei a non fare niente se non c’è un vero ed effettivo obbligo dei partiti ad apportare le necessarie modifiche. Se si abbina la modifica della legge elettorale con la riduzione del numero dei parlamentari si è proprio sicuri che buona parte di essi è disponibile a votare la sua probabile non candidatura alla prossima tornata?
Basti pensare che appena un anno addietro si cercò di adeguare gli emolumenti dei parlamentari alle media di quelli percepiti dai loro colleghi europei. Dopo tre mesi il soggetto incaricato che ora è ministro vi rinunciò, non per sua incapacità ma per le resistenze che dovette registrare.
E’ da ritenere che il governo, almeno nell’immediato, non cadrà.
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