Nel 2020, ogni cittadino ibleo ha perso in media 2.600 euro

Sulla base della perdita di Pil a valori correnti registrata lo scorso anno, si può affermare che, in rapporto al numero di abitanti, lo scorso anno ogni cittadino ibleo abbia perso la media di 2.600 euro a testa per quanto riguarda le attività economiche. Crisi di domanda e crisi di offerta si intrecciano e si sovrappongono, producendo effetti differenziati sia tra settori di attività economica sia sulle variabili aggregate”. Lo afferma il presidente provinciale Confcommercio Ragusa, Gianluca Manenti, sulla base delle elaborazioni redatte dall’ufficio studi nazionale della confederazione. “Nel 2020 la quasi totalità delle perdite – spiega Manenti – è stata dovuta al crollo dei consumi interni, che includono anche la spesa degli stranieri sul territorio. Le perdite di acquisti di beni e servizi sono concentrate in settori di importanza capitale nell’economia nostrana.

Vestiario e calzature, servizi di trasporto, ricreazione e cultura, alberghi, bar e ristoranti fanno contare complessivamente un calo dei consumi pari all’83% dell’intera flessione di questa componente della domanda. Simmetricamente, i cali di valore aggiunto settoriale si concentrano su commercio non alimentare, servizi ricettivi e di ristorazione, trasporti, cumulativamente afflitti dai due terzi dell’intera perdita di prodotto calcolato ai prezzi base. La concentrazione delle perdite di consumi e valore aggiunto su tali settori appare oggi come un elemento di debolezza del sistema e giustifica la richiesta di sostegni adeguati a far transitare questa parte di tessuto produttivo dalla crisi pandemica al momento della ripresa”.

La perdita di occupazione è cresciuta di una proporzione molto al di sotto della riduzione di prodotto lordo e delle stesse ore lavorate. “L’input di lavoro, inteso come quantità di lavoro impiegata nei processi produttivi di beni e servizi – prosegue ancora Manenti – è sceso di oltre il 10%, mentre gli occupati totali definiti come titolari di un rapporto di lavoro dipendente e come autonomi si sono contratti solo del 2% circa. Esiste quindi, al momento, una flessione occupazionale potenziale che non ha ancora un riflesso nelle statistiche ufficiali.

La disoccupazione in senso stretto – cioè la condizione di coloro che hanno perso un precedente lavoro – conteggiata secondo gli usuali metodi condivisi, è oggi limitata dai provvedimenti di blocco dei licenziamenti e dall’estensione della cassa integrazione in deroga. Questa è la fotografia di una situazione complessa, destinata prima o poi ad esplodere se non si interviene con ristori adeguati e con una politica che sappia gestire con la massima attenzione questa delicata fase della ripartenza”.

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