Migranti: caso “Mare Jonio”, a Ragusa udienza preliminare

Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato per trarne profitto e irregolarita’ in merito al Codice della navigazione. E’ in programma oggi alle ore 11 al Tribunale di Ragusa davanti al gup Eleonora Schinina’, l’udienza preliminare che esaminera’ la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura di Ragusa nei confronti Luca Casarini, Giuseppe Caccia, Alessandro Metz, Pietro Marrone, Agnese Colpani e Fabrizio Gatti. Posizione stralciata per Georgios Apostolopoulos, per problematiche legate alla notifica degli atti. Sono indagati per una operazione di trasbordo migranti che la Mare Jonio unica nave di soccorso in mare battente bandiera italiana, effettuo’ a settembre del 2020 prendendo a bordo 27 persone messe in salvo dalla Maersk Etienne: in particolare Pietro Marrone come comandante a settembre del 2020 della nave Mare Jonio, Alessandro Metz, legale rappresentante della Idra Social Shipping (societa’ armatrice), Giuseppe Caccia vice presidente del Cda della Idra e capo spedizione, Luca Casarini dipendente della societa’ – ma che gli inquirenti ritengono esserne amministratore di fatto – Agnese Colpani, medico e Fabrizio Gatti, soccorritore. Georgios Apostolopoulos viene indicato come tecnico a bordo. A Marrone, Caccia, Casarini e Metz vengono contestate anche irregolarita’ in merito al rispetto del Codice della navigazione. Nessun coinvolgimento di Mediterranea Saving Humans che attraverso la Mare Jonio sostiene le missioni umanitarie in mare.

I FATTI

Il 10 settembre del 2020 viene annunciato il ritorno in mare della nave Mare Jonio. E’ Alessandro Metz legale rappresentante della Idra Shipping, societa’ armatrice della Mare Jonio a parlarne pure sui social citando anche, e non solo, il ‘caso’ della nave mercantile Maersk Etienne – assieme ad altri fronti difficili tra Egeo e Mediterraneo centrale. Il grande cargo danese aveva incontrato lungo la sua rotta commerciale una piccola imbarcazione con a bordo una trentina di migranti. Era il 5 agosto. Li aveva messi in salvo e si era diretta verso Malta, dove contava di potere sbarcare le persone soccorse. E invece Malta a piu’ riprese non aveva autorizzato lo sbarco. La Maersk Etienne stava attendendo in rada da 38 giorni, che la situazione si sbloccasse. Il 10 settembre del 2020, dunque. La Mare Jonio parte da Licata e a qualche ora dalla partenza viene contattata dal comandante della Maersk Etienne che chiede supporto per emergenze mediche a bordo.

La nave Mare Jonio si dirige verso Malta per raggiungere il mercantile. Il personale della Mare Jonio effettua un controllo medico sui migranti salvati dalla nave commerciale e decide per il trasbordo delle 27 persone – due verranno poi evacuate con una procedura di urgenza medica (medevac) – che trasferira’ a Pozzallo con una operazione che si compie e si conclude tra l’11 e il 12 settembre del 2020.

L’INCHIESTA

E’ l’1 marzo del 2021 quando l’inchiesta esplode. Partono le perquisizioni che interessano le province di Trieste, Venezia, Palermo, Bologna, Fermo, Trapani, Ascoli Piceno e Siracusa. La notizie viene data con una nota inoltrata dalla Guardia di finanza; la Procura di Ragusa rende noto che “Le indagini fin qui svolte, corroborate da intercettazioni telefoniche, indagini finanziarie e riscontri documentali, hanno permesso di far emergere che il trasbordo dei migranti effettuato dall’equipaggio della Mare Jonio (senza nessun preventivo raccordo con le Autorita’ maltesi, competenti per l’evento SAR, o con quelle italiane ed apparentemente giustificato da una situazione emergenziale di natura sanitaria, “documentata” da un report medico stilato dal team di soccorritori imbarcatosi illegittimamente a bordo del rimorchiatore) e’ stato effettuato solo dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le societa’ armatrici delle due navi, accordo in virtu’ del quale la societa’ armatrice della motonave Mare Jonio ha percepito un ingente somma quale corrispettivo per il servizio reso”. Si tratta di 125.000 euro. E’un nucleo interforze (Nucleo Pef della Guardia di Finanza Ragusa, Squadra mobile della Questura di Ragusa, Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Pozzallo, Guardia Costiera di Pozzallo e Nucleo Speciale di intervento del Comando Generale delle Capitanerie di Porto), a dare esecuzione al “decreto di perquisizione personale e locale e sequestro nei confronti della societa’ proprietaria ed armatrice del rimorchiatore Mare Jonio” e di alcuni soggetti, “risultanti esserne soci, dipendenti o amministratori, di fatto o di diritto”. L’inchiesta viene coordinata dalla Procura di Ragusa, dal sostituto Santo Fornasier e dal procuratore capo di Ragusa Fabio D’Anna.

LA TESI DELL’ACCUSA

Secondo la tesi accusatoria, alla base del trasferimento dei migranti ci sarebbe stato un accordo economico tra la Maersk, societa’ armatrice del cargo, e la societa’ armatrice della Mare Jonio, la Idra Shipping. In cambio del trasferimento dei migranti che di fatto ha “liberato” il mercantile, la societa’ italiana avrebbe ricevuto un bonifico da 125mila euro, una somma di gran lunga inferiore rispetto a quanto era stato “richiesto” e frutto di una fitta rete di contatti.

Sempre secondo la tesi dell’accusa, la Mare Jonio avrebbe messo in atto una serie di operazioni per camuffare l’operazione commerciale, non un salvataggio. Secondo la ricostruzione della Procura di Ragusa, la Mare Jonio per completare l’operazione con la Maersk Etienne parte da Licata il 10 settembre sostenendo di essere diretta a Lampedusa per portare 80 litri di carburante. Pur avendo il divieto di imbarco di personale con un provvedimento della Capitaneria di porto, avviene un rendez vue al largo delle coste dell’Agrigentino e la Mare Jonio imbarca due persone di equipaggio. A quel punto arriva la ‘chiamata’ della Maersk che chiede aiuto e che la Procura ritiene fosse stata concordata a priori. La Mare Jonio quindi fa rotta a verso Malta, il personale medico rileva a bordo della Maersk Etienne uno stato di sofferenza generale e grave dei migranti, tale da richiedere una evacuazione urgente per una donna al sesto mese di gravidanza e decidere di trasbordare i migranti sulla Mare Jonio per trasferirli in Italia. Ma quella donna risultera’ dai controlli, non solo in buone condizioni di salute tanto che verra’ dimessa senza prognosi dall’ospedale, ma non era nemmeno in stato di gravidanza. E i rapporti dell’Usmaf – l’Ufficio di sanita’ marittima – all’approdo dei migranti a Pozzallo non avrebbero evidenziato alcuna criticita’ tale da richiedere approfondimenti medici ulteriori e il gruppo delle persone sbarcate viene trasferito da Pozzallo, direttamente nel Siracusano. La societa’ armatrice della nave cargo, la Maersk a distanza di due mesi da quel fatto, ha versato 125mila euro alla Idra Social Shipping, per “servizi resi in acque internazionali”, somma che gli inquirenti ritengono essere frutto appunto dell’accordo commerciale. La somma sara’ posta sotto sequestro preventivo per equivalente, a dicembre 2022.

IL RACCONTO DEL ‘SALVATAGGIO’ DI MARE JONIO

Con una serie di comunicati stampa, Mare Jonio aggiorna sulla situazione; dopo la comunicazione di Alessandro Metz del 10 settembre, che annuncia la ripartenza della nave, l’11 settembre arriva la nota che dice: “Questa notte la Mare Jonio ha ricevuto un’urgente richiesta di assistenza da parte della nave mercantile Maersk Etienne: situazione disperata a bordo per 27 persone soccorse 38 giorni fa”. Poi “La Mare Jonio, in rotta verso la zona Sar Libica, si e’ diretta nelle prime ore del mattino verso la Maersk Etienne: alle ore 8 e 30 la nostra qualificata equipe medico sanitaria l’ha raggiunta. Alle ore 9.00 abbiamo iniziato un primo check delle condizioni di salute fisica e psicologica dei 27 naufraghi a bordo”.

Il racconto procede: “La Mare Jonio ha appena completato il trasferimento a bordo delle 27 persone da 38 giorni sulla Maersk Etienne. Il nostro Team Medico li ha trovati in gravi condizioni psico-fisiche ormai incompatibili con ulteriore permanenza sulla petroliera. Abbiamo gia’ chiesto alle Autorita’ di Malta, responsabili di questo evento Sar del 5 agosto, di indicarci al piu’ presto un porto sicuro di sbarco per queste persone che hanno urgente bisogno di cure”. A questo segue la testimonianza della dottoressa Agnese Colpani: “Siamo a 14 miglia dal porto di Pozzallo, sono passate oltre 24 ore da quando abbiamo soccorso i naufraghi della Maersk Etienne. Abbiamo richiesto un porto sicuro alle autorita’ che non ci hanno ancora dato risposta. Le condizioni di salute delle 25 persone ancora a bordo della Mare Jonio si stanno aggravando soprattutto dal punto di vista psicologico. Sono tutti severamente provati dal viaggio, dal soccorso e dai tanti giorni, 38, trascorsi a bordo della Maersk Etienne. Abbiamo persone persone che hanno minacciato atti di autolesionismo e manifestato intenti suicidari. Abbiamo persone completamente apatiche che non reagiscono piu’ alla situazione circostante che hanno perso la fiducia in una soluzione positiva. Richiediamo alle autorita’ di poter sbarcare immediatamente per poterci prendere cura adeguatamente, a terra, delle persone che ne hanno piu’ bisogno”. Sara’ Pozzallo il porto assegnato. I 25 migranti – perche’ la donna che viene ritenuta in stato di gravidanza, assieme al marito e’ stata evacuata con procedure mediche di urgenza a bordo di una motovedetta della Capitaneria di porto – sono 24 uomini e un minore maschio e provengono da Sudan, Libia, Ciad ed Eritrea. Sono passati da territorio danese (stato di bandiera della Maersk Etienne a territorio italiano perche’ la Mare Jonio batte bandiera italiana e Pozzallo e’ anche porto di bandiera. Il 24 settembre 2020 la Capitaneria di Porto di Pozzallo, notifica alla Mare Jonio il “diniego all’imbarco” di due membri, paramedico soccorritore ed esperto di ricerca e soccorso in mare, del Rescue Team di Mediterranea Saving Humans”. Una persecuzione, dicono; non e’ il primo provvedimento.

LA POSIZIONE DELLA MAERSK

Il 2 marzo, il giorno dopo l’esplosione dell’inchiesta, il capo della comunicazione, Kis Soegaard, pubblica una nota, ancora reperibile nella sezione della Maersk Etienne. “Abbiamo appreso di un’indagine ufficiale che coinvolge l’organizzazione non governativa Mediterranea in relazione all’incidente della Maersk Etienne”. Nella nota si ricorda che il salvataggio da parte della Maersk era avvenuto su “richiesta delle autorita’ maltesi” ma anche che “una volta salvati, loro e l’equipaggio sono rimasti bloccati per un periodo senza precedenti di 38 giorni, senza alcuna autorita’ disposta a consentire alla nave di fare scalo in porto e consentire lo sbarco in sicurezza delle persone soccorse”.

La ricostruzione dei fatti prosegue: “Dopo che diverse richieste di aiuto sono rimaste senza risposta, la situazione e’ diventata disastrosa dal punto di vista umanitario. Abbiamo concordato con Mediterranea che avrebbero condotto una valutazione sanitaria utilizzando l’e’quipe medica a bordo della Mare Jonio. Il trasferimento sulla nave e’ avvenuto in seguito alla valutazione che le condizioni delle persone soccorse richiedevano cure immediate in strutture sanitarie adeguate. Si trattava di una situazione umanitaria e vogliamo chiarire che in nessun momento prima o durante l’operazione e’ stata discussa o concordata alcuna compensazione finanziaria o sostegno. Mesi dopo l’operazione di salvataggio, Maersk Tankers ha incontrato i rappresentanti di Mediterranea per ringraziarli per la loro assistenza umanitaria. A seguito di questo incontro abbiamo deciso di donare un contributo a Mediterranea per coprire parte dei costi sostenuti a seguito dell’operazione. Cio’ e’ stato fatto per un importo di 125.000 euro e con il pieno supporto del management di Maersk Tankers. Al momento non siamo stati contattati dalle autorita’ in relazione alle indagini, ma siamo pronti ad assistere, se contattati. Continuiamo a spingere per un’azione politica decisiva per evitare il ripetersi dell’incidente di Maersk Etienne. Il lavoro piu’ notevole sulla questione e’ svolto da Denmark Shipping, che dialoga con le autorita’ danesi, l’Unione europea, l’Organizzazione marittima internazionale e altre parti interessate”. Fin qui la Maersk Etienne che dice alla fine di avere “donato un contributo a Mediterranea”, ma cio’ che risulta e’ un bonifico per “servizi resi in acque internazionali” alla Idra Social Shipping, non a Mediterranea.

GLI AVVOCATI DELLE DIFESE

Il 4 marzo la prima nota dei legali delle persone coinvolte nell’inchiesta, gli avvocati Gaetano Fabio Lanfranca e Serena Romano che nell’annunciare istanza di “riesame del provvedimento cautelare adottato dalla Procura di Ragusa” affermano che “l’ingresso sul territorio nazionale non e’ stato ‘illegale’ ma e’ avvenuto nel rispetto delle procedure di legge e con assegnazione di un Place of Safety da parte delle autorita’ competenti. Riteniamo che non sia possibile dubitare che le 27 persone soccorse l’11 settembre del 2020 versassero in uno stato di necessita’ e d’altronde ricordiamo che il personale dell’Unhcr, intervenuto al momento dello sbarco, ha constatato che si trattava di soggetti provenienti da Sudan, Ciad, Camerun, Libia e Eritrea in condizioni di vulnerabilita’ estrema, al punto da esprimere pubblicamente il proprio apprezzamento per l’intervento risolutivo della Mare Jonio nel superamento di una delle piu’ drammatiche vicende umanitarie degli ultimi anni”.

LA STORIA PROCESSUALE

Dal Riesame il 23 marzo iniziano ad emergere altri dettagli. Si discute sul decreto di sequestro probatorio.

Le difese in aula sottolineano la reale condizione di necessita’ che ha portato la nave Mare Jonio a decidere di intervenire; l’avvocata Romano in merito al caso contestato della donna fatta evacuare perche’ in gravidanza e con complicazioni e poi non risultata incinta sostiene che la stessa e il marito erano stati rapiti, venduti e portati in un campo dove le donne venivano violentate. “A quella donna, per la quale secondo quanto scritto nel decreto di sequestro non erano necessarie cure, non e’ stato mai chiesto delle violenze subite. E di sevizie e violenze subite in Libia, ci sono rapporti e sentenze” dice. Parla poi della situazione a bordo della Maersk con migranti ed equipaggio di fatto sequestrati per un mese in attesa della assegnazione di un porto sicuro, in zona sar maltese. “Ne’ cabine ne’ piscine a bordo, e senza risorse sufficienti, i migranti chiesero aiuto scrivendo una lettera su un piatto di carta; ‘se non ci fate sbarcare torneremo al mare da dove siamo venuti. Meglio morire che stare cosi”. E chiedono aiuto agli stati e alle ong. Vivevano accampati a terra, coperti dagli agenti atmosferici con teli di fortuna, cibo razionato, peggio delle bestie – dice ancora la Romano -. La situazione era diventata ingestibile e lo disse anche il capitano tanto che tre persone si gettarono in mare”. Episodio che viene accolto con perplessita’: migranti che non sapevano nuotare, dopo un salto di decine di metri, e il tempo di attivare il soccorso, sarebbero probabilmente morti. In merito al decreto di sequestro le difese eccepiscono sul reale legame dei materiali sequestrati rispetto alle finalita’ probatorie, e chiedono l’annullamento della misura per inefficacia non essendo stati forniti tutti gli atti e non essendovi indicazione esatta del materiale da sequestrare. Per la Procura interviene il procuratore capo di Ragusa, Fabio D’Anna che richiama sull’ oggetto del Riesame: “la valutazione degli elementi che il pm offre al Tribunale per la misura cautelare siano idonei a configurare l’ipotesi di reato allo stato degli atti” contestando una narrazione che non avrebbe attinenza con l’udienza. Ribadisce in aula che la “ong Mediterranea Saving Humans non e’ stata oggetto di alcuna perquisizione o indagine”. Anche la Procura pero’ entra nel merito e D’Anna aggiunge: “il comandante della Maersk chiede solo una verifica del welfare a bordo e non parla di una emergenza sanitaria che pare creata dagli indagati. Nel giornale di bordo 6 schede mediche con trattamento di paracetamolo, un antibiotico e soluzione salina”. E chiede la conferma del sequestro. Il 26 marzo il Tribunale del Riesame respinge il ricorso delle difese che annunciano il ricorso in Cassazione. Il 4 giugno viene depositata la copia forense del materiale estrapolato dai dispositivi sequestrati e da quella data, la polizia giudiziaria – Guardia di Finanza e Squadra Mobile a cui e’ stata delegata l’indagine – e’ al lavoro per esaminarne il contenuto a supporto delle ipotesi di reato configurate. Il 10 giugno viene depositata dalle difese, l’istanza per richiedere il dissequestro dei dispositivi elettronici sequestrati.

I VESCOVI SICILIANI

Il 3 luglio, viene ‘battezzato’ il primo ‘equipaggio di terra per Mediterranea Saving Humans a Pozzallo. Monsignor Antonio Stagliano’, allora vescovo della Diocesi di Noto ma anche responsabile delle politiche migratorie dalla Conferenza episcopale siciliana dice: “Noi vescovi stiamo cercando di capire le modalita’ concrete di sostegno; non possiamo pagare stipendi e gasolio per Mediterranea, ma possiamo invece investire ingenti risorse economiche per cio’ che serve ai migranti, giubbotti di salvataggio, cibo, test anti covid. Vorremmo dare un segno alla vostra impresa – dice in pubblico rivolgendosi allo staff di Mediterranea – perche’ ci interessa, e’ una questione di umanita’. Abbiamo iniziato e speriamo di potervi accompagnare sempre”. Il rapporto stretto con la Chiesa di alcuni indagati, finalizzato al sostegno delle missioni umanitarie, emerge anche dalle carte dell’indagine. La Cassazione e le ragioni delle difese Il 3 dicembre 2021 la Corte di Cassazione, non accoglie i ricorsi delle difese sul decreto di sequestro di materiali probatori. Sono stati 6 i motivi di doglianza; in sostanza si eccepiva sul reale legame dei materiali sequestrati rispetto alle finalita’ probatorie, chiedendone l’annullamento non essendo stati forniti tutti gli atti e non essendovi indicazione esatta del materiale da sequestrare, e lamentando il non riconoscimento dello stato di necessita’ a bordo della Maersk per i migranti che poi vennero trasferiti a bordo della Mare Jonio e sbarcati a Pozzallo. Nelle doglianze si fa riferimento al rispetto, nel soccorso, delle convenzioni Solas 1974, Sar Amburgo 1979 e Onu 1982 sulla salvaguardia delle vite in mare. Il pronunciamento della Corte di Cassazione che non puo’ entrare nel merito della vicenda ha ritenuto infondati tutti i motivi di doglianza delle difese. A dicembre 2022, a oltre due anni da quel settembre del 2020, viene autorizzato il sequestro preventivo per equivalente di 125.000 euro, sui conti della Idra; si tratta della somma ritenuta oggetto della transazione tra Maersk e la societa’ armatrice di Mare Jonio.

LA CHIUSURA DELLE INDAGINI E L’UDIENZA PRELIMINARE

I primi giorni di marzo del 2023 viene notificato l’avviso di conclusione indagini. L’ipotesi di reato contestata a 7 persone oltre alla societa’ armatrice della nave, la triestina Idra Social Shipping e’ il favoreggiamento della immigrazione clandestina aggravato, per trarne un profitto. Gli indagati sono Pietro Marrone, comandante della Mare Jonio, Alessandro Metz, legale rappresentante della Idra Social Shipping, Giuseppe Caccia vice presidente del Cda della Idra e capo spedizione; Luca Casarini dipendente della societa’ (ma che gli inquirenti ritengono esserne amministratore di fatto), e i tre componenti di equipaggio Agnese Colpani, medico; Fabrizio Gatti, soccorritore e Geogios Apostolopoulos tecnico a bordo. A Marrone, Caccia, Casarini e Metz vengono contestate anche irregolarita’ in merito alle norme del Codice della navigazione. Risale invece allo scorso giugno la richiesta di rinvio a giudizio. Viene stralciata la posizione di Geogios Apostolopoulo, ma solo per problematiche legate alla notifica degli atti, e per non rallentare il procedimento.

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