MANIFESTO SELVAGGIO COLPISCE ANCORA A RAGUSA IL RACKET È SEMPRE IN LIBERTÀ

Dopo la vile aggressione del 5 ottobre scorso nei confronti di Angelo Pulino, avevo lanciato un appello. I candidati, i cui manifesti sono nelle mani del pregiudicato e del suo gruppo che li affiggono occupando manu militari ogni spazio, abbiano l’onestà e la dignità di dichiararlo, anche per chiarire se intendano continuare così. L’unica risposta fu il silenzio.

Invitai allora i cittadini che hanno a cuore la legalità a riflettere su un dato. Quanto più avessero visto muri,  tabelloni e spazi di ogni tipo inondati dalla faccia di un candidato, tanto più sarebbe stato probabile che il mandatario per l’affissione fosse l’artefice di così brutali scorribande.  Insomma, osservai: la verità che i candidati coinvolti non hanno il coraggio e l’onestà di dichiarare, è scolpita nelle loro facce ed è stampata sui muri!

Oggi possiamo aggiungere che perfino dopo tante denunce e le conseguenze drammatiche dell’aggressione, i “clienti” del racket non si sono fermati. Appena pochi giorni dopo, i manifesti di alcuni candidati hanno ripreso ad occupare tutti gli spazi altrui, nell’inerzia dei Comuni preposti a fare rispettare la legge. E poiché tali candidati non sono tutti della stessa lista o della stessa area politica – ma delle tre coalizioni di potere in lotta tra di loro, accomunati dal dispendio di mezzi finanziari e dalla scelta scellerata di fare scempio della legalità, senza disdegnare di arruolare pregiudicati per la causa – l’occupazione selvaggia è la riprova del ritorno del racket alla piena attività dopo l’arresto dell’aggressore.

E questa è solo la punta di un iceberg, gravissima  e preoccupante, di un fenomeno più diffuso. Avevo denunciato l’esistenza di questo racket prima dell’aggressione. Avevo anche segnalato l’assoluta illegalità di tutti i manifesti – ed erano migliaia – affissi, anche negli appositi spazi, prima dell’8 ottobre.

Un abuso, non casuale, ma reiterato tutti i giorni in ogni zona delle città, ad opera di chi – e nell’atto stesso in cui – si candida a curare il bene pubblico e quindi gli spazi di tutti. Non è una cosa da poco. E’ una fondamentale e imprescindibile questione di principio.

Chi non si fa scrupolo di commettere una così palese violazione delle norme sotto gli occhi di tutti e nel momento della massima attenzione collettiva per occupare uno spazio che non è il suo, quindi per appropriarsi di qualcosa che non gli appartiene, senza farsi scrupolo di ingaggiare pregiudicati per riuscire meglio nell’impresa, cosa sarebbe pronto a fare,  lontano da sguardi indiscreti potendo disporre di tanti altri beni comuni, a  cominciare dal danaro pubblico?

 

 

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