L’UVA SACRA UMBRA

 

Una volta, quando si parlava di vino umbro, il pensiero volgeva immediatamente ai vini bianchi di Orvieto. Oggigiorno, invece, l’Umbria viene sempre più identificata con il vino rosso e in particolare con il vitigno sagrantino. Secondo alcune teorie, sembrerebbe che il sagrantino sia un’uva molto antica. La sua presenza in Umbria risalirebbe a molti secoli prima, rispetto alla prima testimonianza scritta, dove si parla chiaramente di sagrantino: un documento, risalente al 1549, nel quale si narra di un mercante di Trevi che aveva ordinato del mosto di uva sagrantino considerandolo eccellente.

Ma secondo alcuni, come detto antecedentemente, la sua origine risalirebbe a molto prima e non si tratterebbe neanche di un vitigno autoctono. Una teoria vorrebbe che il suo arrivo in Umbria si deve ai seguaci di San Francesco d’Assisi, che, giunti qui per dedicarsi alla vita francescana, avrebbero portato con loro questo vitigno, forse dalla Spagna. Il nome stesso deriverebbe da sacer e alluderebbe ai Sacramenti.

Un’altra teoria, invece, sostiene che si tratti di un vitigno autoctono e sarebbe un’evoluzione dell’Itriola, un’uva coltivata nella vicina Bevagna, già descritta da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia.

L’origine del sagrantino è comunque materia ancora da approfondire, ma certo il nome denuncia un probabile uso del vitigno in ambito ecclesiastico. Ciò che è però certo è che questo vitigno, soltanto a partire degli anni ‘90 del XX secolo, ha iniziato un processo di valorizzazione delle sue potenzialità, grazie alla DOCG Montefalco Sagrantino.

Oggi il sagrantino è conosciuto come un vino rosso di notevole corpo, ma in passato da sagrantino i francescani ricavavano un vino dolce, proprio perché quest’uva è capace di accumulare notevoli quantitativi di zucchero. La sua rinascita, però, come si è già accennato, è in veste di vino rosso secco, nonostante il disciplinare preveda, in omaggio alla tradizione, anche la versione passito dolce.

Sembra incredibile, ma questo vino che oggi gode di un notevole successo, sia in patria, sia all’estero, in passato ha rischiato l’estinzione. La causa principale di ciò era riconducibile alle rese basse di uva, elemento oggi fondamentale per ottenere un prodotto di qualità. Ma, se alle basse rese aggiungiamo anche il fattore di marcata irregolarità nelle rese, si capisce come mai questo vitigno sia stato abbandonato quasi del tutto. La sua presenza, infatti, si venne a ridurre a pochissimi ettari intorno al territorio di Montefalco: un territorio collinare, fra i 300 e i 500 metri, con clima asciutto e ventilato, con terreni di medio impasto, argillosi-calcarei. La DOCG comprende il comune di Montefalco e parte di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria, tutti in provincia di Perugia.

Il disciplinare del Montefalco Sagrantino mira molto alla qualità. Le rese sono decisamente basse e per di più il sagrantino è prodotto in purezza che non prevede l’apporto di altri vitigni. Deve possedere una gradazione alcolica di minimo 13% (14.5% per il Passito) e subire un affinamento di minimo 31 mesi, di cui almeno un anno in botti di legno.

Il Montefalco Sagrantino è un vino relativamente giovane, il cui creatore è Marco Caprai, proprietario dell’azienda Arnaldo Caprai. I grandi sforzi per promuovere, non solo a livello nazionale, il Montefalco Sagrantino furono premiati nel 1992 con l’ottenimento della DOCG. Era il dodicesimo vino italiano a ottenerla.

L’uva sagrantino accumula notevoli quantitativi di zucchero, il che rende i vini particolarmente alcolici, ma accumula pure molti polifenoli (tannini e antociani). È, infatti, ricca di materia colorante, ma soprattutto di tannino, rendendola una delle uve più ricche in assoluto di materia tannica. Il grappolo è medio-piccolo e un po’ spargolo. L’acino ha buccia coriacea, che assieme all’apporto zuccherino, la rende adatta all’appassimento, poiché una buccia sìffatta impedisce qualsiasi forma di marciume dell’acino. A questo si aggiunga anche un certo carattere aromatico, che si sviluppa però solo nella versione passito, quando i terpeni si fissano sugli zuccheri. La maturazione dell’uva giunge nella prima metà di ottobre.

Il Montefalco Sagrantino, nella versione secca, è un vino  dal colore fitto e impenetrabile. Grande è la complessità olfattiva, ma si corre il rischio di ottenere un forte impatto alcolico, che ne penalizza l’eleganza e l’equilibrio della persistenza. In bocca è robusto ed enorme, con tannini ben in evidenza, che rischiano, nel caso si verificasse un’annata con difficoltà di maturazione dei polifenoli, di rovinare il vino. Nel complesso è un vino equilibrato, poiché eccede in tutto, sia nelle parti morbide sia in quelle dure, rendendolo spesso esagerato. Ha un certo potenziale di invecchiamento.

Viene spesso associato al Barolo e in genere ai grandi vini da uva nebbiolo, per la sua forte componente tannica, ma a differenza del nebbiolo, è meno austero, meno elegante e rischia spesso di avere una persistenza meno equilibrata. In compenso però è più ricco in glicerina, più scuro e con sentori tipici di frutta matura che lo rendono più approcciabile rispetto al Barolo.

Si sposa molto bene con la cucina invernale umbra e con tutti i piatti di carne particolarmente elaborati.

 

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