È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
L’EVOLUZIONE DELL’HOMO FABER
27 Mag 2017 16:31
All’inizio dei tempi l’uomo, in posizione eretta, si nutre dei frutti raccolti e degli animali catturati colle proprie mani. Poi diventa homo faber, impara a trasformare i materiali naturali in oggetti utili a se stesso. Di un pezzo di legno ne fa un’arma per difendersi e per offendere o ne fa un tavolo per stare più comodo quando mangia. Insomma, impara a trasformare i materiali in “utensili”.
Ci prende gusto e ne produce tanti, più del necessario e allora comincia a barattarli con le comunità confinati e gli utensili diventano “merci”. Per facilitare gli scambi inventa il “denaro”. L’equazione dello scambio è: Merce – Denaro – Merce. La comunità produce merci per l’uso, il di più lo cede in cambio di denaro, e con questo compra quelle merci d’uso che non produce. L’attenzione è sulla merce, sul suo valore d’uso. Il denaro è strumento. Se una merce non ha valore d’uso per una persona o per una comunità, non ha neanche valore in denaro. Per esempio il frigorifero, per gli eschimesi, non ha alcun valore, né d’uso né di denaro. Come la stufa per i sahariani. A produrre merci sono agricoltori e artigiani.
Le cose funzionano bene e il denaro diventa tanto e nascono le aziende che producono in serie. L’attenzione è ancora sul valore d’uso per cui la progettazione e la produzione delle merci è centrale e fondamentale.
Le cose funzionano ancora meglio e il denaro diventa ancora di più e cambia nome, diventa “capitale” e acquista una nuova caratteristica: viene utilizzato per generare altro capitale. L’equazione diventa Capitale – Merce – Capitale. Col capitale si producono merci al fine di generare altro capitale. L’attenzione si sposta. La merce diventa strumento e la sua importanza non dipende dal suo valore d’uso ma dalla capacità di generare capitale. Si possono produrre merci inutili e/o anche nocive, ma, se producono capitali, vanno benissimo. A produrre merci sono i capitalisti con le aziende industriali. La commercializzazione diventa prioritaria rispetto alla progettazione e alla produzione. Si progetta e si produce non quello che può essere più utile, ma quello che si riesce a piazzare meglio. La pubblicità col suo potere persuasivo diventa l’anima dell’attività.
Cambia anche la prospettiva temporale. Il contadino e l’artigiano tendono a mantenere la capacità produttiva dell’attività perché garanzia della sussistenza sua e dei suoi discendenti. Il capitalista guarda al profitto e all’aumento del capitale, sfrutta in modo intensivo e, se e quando, l’attività si esaurisce, no problem, sposta il capitale accumulato in altri settori.
Le cose funzionano molto, molto bene, anche se non per tutti, e il denaro cresce molto, molto di più e cambia ancora nome e natura: diventa “fondo d’investimento” ovvero può generare altro capitale non investendo in merci ma in altri capitali. L’equazione diventa: Capitale – Capitale – Capitale. Il denaro che genera denaro ha regole sue proprie che sono diverse da quelle della produzione delle merci e della gestione delle aziende. Così nella direzione delle aziende entrano banchieri e finanzieri esperti nella gestione del denaro e poco o nulla s’intendono di merci e produzione. La proprietà delle aziende passa in mano alle banche, agli enti finanziari, ai gestori dei fondi d’investimento.
Cambiano obiettivi e strategie. La necessità di ottenere risultati nel breve periodo, per soddisfare gli investitori, penalizza gli investimenti aziendali a medio-lungo termine e, di conseguenza, la competitività e la crescita delle aziende. La finanza prevale sulla economia, la banca prevale sull’industria. La politica, specchio della realtà, appoggia la finanza e se prima scendeva in campo per salvare le aziende, ora scende in campo per salvare le banche.
Conclusione. La catena evolutiva, originata dai materiali naturali, attraverso le tappe degli utensili, delle merci, dei denari, dei capitali, è approdata, nel corso di diecimila anni, ai fondi di investimento che, senza ombra di dubbio, possiamo considerare agli antipodi del punto di partenza. Ci sarà un’altra tappa o siamo al capolinea?
Ragusa, 10 febbraio 2017
Ciccio Schembari
Articolo pubblicato sul n. 139/2017 “Homo faber” della rivista on line www.operaincerta.it
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