LEGALITA’ E SVILUPPO: NON BASTA INTITOLARE UNA STRADA A ROCCO CHINNICI

Una crisi senza precedenti, mai conosciuta dalla generazione che è nata e vissuta nella fase repubblicana della storia d’Italia, scuote le nostre campagne e l’economia del Mezzogiorno e della Sicilia.

Tutti gli indicatori denunciano una caduta verticale del circuito di scambio sociale ed economico e le aziende produttive precipitano implosivamente verso il fallimento e la dissoluzione, con gravissime conseguenze sulla vita di centinaia di migliaia di famiglie.

Lo stesso Parlamento europeo, riunitosi in Sessione Plenaria a Strasburgo in data 26 Marzo 2009, ha stigmatizzato con una  Risoluzione approvata a larga maggioranza, gli atteggiamenti spregiudicati e molto spesso illeciti  della GDO verso le aziende agricole e le realtà territoriali, auspicando  interventi riparatori da parte dei singoli Stati nazionali.  Questo documento  non ha trovato sinora orecchie attente e menti libere nelle varie Sedi Istituzionali, parlamentari o governative, così come sono rimaste marginali e oscurate le denunce di prestigiosi Istituzioni nazionali, quali La Fondazione Cesar,  l’ Antitrust nazionale e poi Sos-Imprese, sulle varie forme di illegalità e di inquinamento mafioso che gravano  sulla intera  filiera  agroalimentare, a partire dai nostri Mercati  e dalle strutture mercantili, al Nord e al Sud del Paese, dove il lavoro dei produttori e il valore dei prodotti soggiacciono al dominio assoluto di pratiche illegali.

Le stesse  assurde condizioni operative imposte dalla GDO, con pagamenti dei fornitori a 120 giorni e la pretesa di introitare dagli stessi premi finali di acquisto illegali, che giungono al 6-7% del fatturato, sono citate sistematicamente in tutte le assemblee popolari e in tutte  le occasioni possibili.  

E’ stata la stessa Pac ad alimentare i meccanismi devastanti della distruzione e dell’impoverimento  simultaneo  di intere regioni dell’Europa mediterranea. L’apertura senza controlli dei nostri mercati a produzioni  dell’area mediterranea ha sconvolto equilibri decennali e sbaragliato tradizioni agrarie antichissime.

Progetti per la realizzazione di centinaia di macro-aziende  da parte dei grandi gruppi della GDO sono finanziati dalla UE nei diversi Paesi dell’area mediterranea, in violazione di esplicite clausole della Normativa comunitaria e nazionale che impedirebbe scelte concorrenziali con le produzioni nazionali.

E’ una apocalisse che ci sta divorando.

Non chiediamo solo Misure anticrisi, aiuti economici rivolti ad evitare il fallimento: chiediamo soprattutto riforme della filiera agroalimentare, legalità, innovazioni, nuovi strumenti e nuove forme di intervento per il governo dei prezzi e lo sviluppo dell’agricoltura siciliana e meridionale.

L’ortofrutta italiana parla ancora oggi il dialetto meridionale.  Le famiglie che vi lavorano non possono essere sacrificate sull’altare della modernità feroce della GDO.

Ora noi abbiamo di bisogno non di soldi per il sottogoverno ma di una politica agraria  e del territorio innovativa,  che rilanci il Mezzogiorno, induca a nuove forme di organizzazione della produzione, partendo dalla specificità siciliana e meridionale, capace di salvare il valore e la dignità di una grande civiltà agraria. Senza tuttavia una restituzione,  anche parziale, di poteri e competenze agli Stati nazionali, la questione agraria, cioè la questione siciliana e dell’intero Mezzogiorno,  è destinata ad acuirsi.

I vincoli imposti dalla UE non  consentono di attivare interventi anticrisi per il settore agricolo seri ed efficaci, non consentono di intervenire efficacemente sul   risanamento aziendale e sulla erogazione di credito utile alle aziende.  Nello stesso tempo il modello economico consolidato nell’area Ue, largamente condiviso per tanti anni dai governi dei Paesi Ue mediterranei e dall’Italia, è stato quello di puntare a una sorta di neocolonialismo imprenditoriale nordista orientato a Sud, interessato solo alla ricerca dei contatti e dei contratti   con i regimi dittatoriali esistenti, ai quali abbiamo spalancato le nostre frontiere, con  una compensazione diseguale che ha devastato commercialmente l’agricoltura meridionale, mettendo in crisi centinaia di miglia di aziende agricole e affossato l’economia agraria della Sicilia.

Sotto il  profilo delle politiche agricole tutti i Governi si sono mossi in continuità:  modello nordista in sede Ue, apertura delle frontiere alla concorrenza mediterranea, marginalizzazione del Mezzogiorno.

E’  l’intera strategia di sviluppo dell’Isola che va riconsiderata nel quadro delle nostre convenienze globali. E tutto questo lo si potrà fare se riusciamo a spostare l’attuale  direzione di marcia della Pac in sede Ue, che ci vede attualmente perdenti e soccombenti, pronti a subire modelli incentrati sugli interessi  nordisti. 

 

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