LE BANDIERE DI TAFAZZI

Sabato scorso l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico è stata oggetto di titoli sui principali giornali, ma non certo in modo positivo.

Per non parlare poi delle dichiarazioni di fuoco dei principali “alleati” (?) di quel partito e dell’immancabile “battuta” di Grillo che ha buon gioco nel dire qualsiasi sciocchezza: “tanto è un comico”!

Ma questo casomai sarà argomento di un’altra riflessione…

Dicevamo che i maggiori quotidiani hanno titolato sulla divisione interna al PD, sull’incapacità di decidere, sulla mancanza di democrazia interna etc etc. 

Ma cos’è accaduto? Cominciamo con ordine: in varie assemblee sia a Varese che a Busto Arsizio che a Roma il PD ha discusso e approvato varie “proposte programmatiche” sui più vari argomenti (sono 19 documenti che spaziano dalla Pubblica Amministrazione, alla salute, ai problemi del Mezzogiorno, alla green economy, all’Università e ricerca, all’agricoltura, al Fisco, al Lavoro e welfare etc), restava un argomento di grande importanza in cui si doveva trovare un punto di equilibrio nella proposta programmatica: il problema dei diritti delle persone.

Ebbene su questo delicato argomento si è insediata un Comitato dei Diritti che ha lavorato oltre un anno per produrre una proposta da presentare all’assemblea nazionale che operasse una sintesi condivisa dal partito.

Presiedente del Comitato è stata designata Rosy Bindi, che assieme a Barbara Pollastrini aveva nel 2007 steso il testo dello sfortunato Disegno di Legge sui Di.Co. approvato dal governo Prodi e poi abortito assieme a quel governo.

Il Comitato ha redatto un documento in 6 capitoli, molto articolato e completo che raccoglie le sfide della società contemporanea dove va coniugato il diritto di uguaglianza con le tante diversità, il multiculturalismo, il diritto all’integrità fisica e alla cura, il diritto alla libertà di informazione e di opinione, i diritti della sfera spirituale e alla fine del 5° capitolo propone di coniugare in modo originale i diritti delle famiglie tutelati dall’art. 29 della Costituzione con il diritto, anch’esso costituzionalmente garantito dall’art. 3, di dare vita a qualsiasi “formazione sociale”  “idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri», mutuando questo concetto da una storica sentenza della Corte Costituzionale  (138/2010) e proponendo “speciali forme di garanzia per i diritti e i doveri che sorgono dai legami differenti da quelli matrimoniali, ivi comprese le unioni omosessuali”. 

Premesso che l’assemblea nazionale del PD conta 1.000 membri di cui circa 700 erano presenti sabato, ebbene il documento (che ribadisco affrontava tutte le tematiche dei diritti della persona) è passato con soli 38 voti contrari! 

38 su 700 è un partito spaccato? E’ un partito che non decide? Un partito che sottopone tutte le proposte programmatiche al dibattito assembleare e poi al voto specialmente in un panorama di “partiti personali” o per essere benevoli a “forte leadership” può essere accusato di scarsa democrazia? 

Chi ha già testimoniato non a parole ma con atti giuridici (il Disegno di Legge dei Di.Co. è stato approvato dal Consiglio dei Ministri in data 8 febbraio 2007) una forte volontà di riconoscimento dei diritti civili dei conviventi e la ribadisce facendo approvare dall’organo deliberante del partito una linea politica di riconoscimento di tali diritti, può essere accusato di “ragionare con logiche da secolo scorso”? 

E’ vero: nel documento non c’è il riconoscimento del “matrimonio gay”, c’è solo il riconoscimento dei diritti economici, contrattuali, personali e civili delle persone che convivono a qualsiasi titolo, non solo “more uxorio”, ma notoriamente la proclamazione del “diritto al matrimonio gay” invece che unire tutti quanti nella soluzione concreta dei problemi che tutti i giorni queste persone affrontano, avrebbe diviso dietro una “bandiera ideologica” il partito rendendo aleatorio il raggiungimento del risultato concreto.

Si sono confrontate due logiche diverse di approccio ai problemi, quella “ideologica” che propone bandiere dietro cui dividersi (qualcuno ricorda la “bandiera ideologica” delle 36 ore?) e quella “pragmatica” che cerca soluzioni concrete ai problemi quotidiani.

Quest’approccio, forse sembrando provocatorio a qualcuno, lo definirei “veramente laico” perché se laicità è essere liberi da schemi discendenti da autorità o da dogmi questo deve valere non solo per l’ambito “religioso”, ma anche per l’ambito “ideologico”.

 

Peraltro la bandiera sventolata dai 38 dissidenti ha avuto come unico effetto, oltre a tre giorni di visibilità per qualche quadro di secondo livello, la possibilità per coloro che aspirano a “grattare” qualche consenso al PD di gonfiare a dismisura un modesto episodio di sparuta dissidenza interna a fini propagandistici: quindi un effetto in linea col Tafazzismo che da sempre caratterizza questo partito.

 

Un partito moderno e laico deve abbandonare la logica dei proclami altisonanti e delle battaglie ideologiche e concentrarsi sull’efficacia dell’azione politica e sulla risoluzione concreta dei problemi quotidiani; peraltro un approccio che ha improntato l’azione ministeriale di Bersani che non ha mai fatto proclami ma concretamente ha prodotto azione concreta positiva portando dei vantaggi concreti ai cittadini, come ad esempio l’eliminazione del balzello di 5 euro per la ricarica dei telefoni, la liberalizzazione dei farmaci da banco che ha fatto diminuire del 18% il loro prezzo, la portabilità dei mutui, la cancellazione automatica delle ipoteche, l’eliminazione delle spese di chiusura del conto corrente, la possibilità di trasferire i conti da una banca all’altra etc. etc.

 

Niente proclami ne promozione di immagine e visibilità, semplicemente risoluzione di problemi di tutti i giorni e piccoli  miglioramenti della qualità della vita dei cittadini consumatori…!

 

Molto meglio “dell’ agitare delle bandiere” che aumenta le divisioni, spesso non risolve i veri problemi, fa fare autogol in termini elettorali e ha come unico effetto l’incremento di pagine dei giornali.  

 

 

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