LAST NOMADS IN ANATOLIA: SARIKEÇILILER e WATCHTOWER

La prima, un documentario: LAST NOMADS IN ANATOLIA: SARIKEÇILILER (Ultimi nomadi in Anatolia:gli Sarikeçililer) . Questo popolo è l’ultimo rimasto a rappresentare il nomadismo, che è una tradizione antichissima, in Anatolia, la parte asiatica della Turchia. Essi seguono le  stagioni e si spostano risalendo verso le alte pianure in estate e spostandosi verso il mare d’inverno. Famiglie che, con  un grande gregge di capre, qualche cavallo e alcuni dromedari per il trasporto delle tende, attraversano  le regioni secondo un rito antico.

Quello che  colpisce è l’allegria che vi regna. I vari incarichi li distribuiscono le donne che  sono quelle che  dirigono la carovana, approntano i campi di sosta, caricano e scaricano gli animali delle masserizie e gli uomini aiutano. Altrimenti non mangiano, dicono  ridendo, le donne. C’è armonia e gli spazi anatolici sono splendidi. Raccontano  storie, un anziano spiega la differenza tra un gregge di pecore e  quello di capre. Queste ultime sono molto più ‘raffinate’. Scelgono il maschio e non si fanno convincere, anche se ce n’è uno più prepotente e forte, muovendo la coda in modo particolare. Difficilissimo rinchiuderle in un recinto, si avvisano tra di loro quando i pastori per esigenze devono farlo, creando serie difficoltà nell’intento. Le capre, dice ridendo uno degli anziani, sanno difendersi dai lupi, mentre le pecore no, inoltre adorano arrampicarsi sulle rocce. I segni che col  loro comportamento danno nel cambio di stagione, tutte osservazioni di  coloro che ‘vedono’ la Natura e ci convivono armoniosamente. Dicono che non litigano mai, per non rompere gli equilibri e stare sereni. Ma c’è un ‘ma’. Oramai sono costretti ad affrontare ostacoli sempre più grandi, come ad esempio l’espansione agricola, il rimboschimento e la privatizzazione dei terreni.

Durata del film 75’. Il regista, Aksu Yüksel, è nato in Turchia nel 1966. Dopo la laurea in Geografia, studia Cinema e TV alla Dokuz Eylül University. Dal 1988 al 1993 recita in compagnie teatrali di Izmir e lavora come assistente alla regia. Scrive, dirige e produce una serie di spettacoli televisivi e, nel 2006, realizza “Ice Cream, I Scream” , candidato turco per il migliore film straniero agli Academy Awards. La distribuzione è di Ankara Cinema Association – Festival on Wheel.

WATCHTOWER (Torre di sorveglianza), si tratta di un racconto molto bello e pieno di pathos. La località dove si sviluppa il film è meravigliosa e si trova nella zona di Trebisonda  a Tosya. Il filo rosso che unisce i due protagonisti è il senso di colpa.

Nihat decide di vivere in solitudine  come guardiano antincendio in una  casa-torre di osservazione dei boschi circostanti in uno sconfinato paesaggio montuoso, magnifico, ma molto isolato. E’ depresso. Seher invece nel frattempo si occupa come hostess di pullman, dove si trova casualmente  Nihat, che si reca alla torre per iniziare il suo lavoro.

Entrambi nascondono un segreto che li tormenta. Seher smette di viaggiare sul pullman e si impiega come cuoca alla stazione. Intanto  si vede Nihat che dopo un certo periodo confida per radio che  la moglie e figlio sono morti in un incidente causato da un colpo di sonno che lo aveva sorpreso mentre guidava.

Seher, studentessa universitaria va dalla madre e le dice di lavorare in una stazione di pullman, ma madre la redarguisce e le intima di tornare dallo zio che la fa studiare pagando le rette  e lei le sbatte in faccia la terribile verità. Lo zio l’ha stuprata e messa incinta. La madre  zittisce e non dice nulla nemmeno al marito dell’accaduto e lei torna alla stazione dei pullman. Finche un giorno, in stanza , da sola, partorisce. Prende il bambino lo avvolge tra le coperte e si allontana, ma per caso alla stazione, proprio quel giorno,  c’è Nihat che la vede allontanarsi furtiva con un fagotto che lascia dietro un muretto, la gonna è macchiata di sangue. Sì ritrovano sul pullman e dato che la ragazza sta male, l’aiuta e la porta,chiedendo un passaggio su alla torre.

Poi al buio corre alla stazione a cercare il fagotto e trova il bambino. Riporta alla madre il piccolo e la costringe, un po’ con le buone,  un po’ prendendo l’iniziativa, con le brusche, a prendersi cura del bambino e ad allattarlo. Ma le difficoltà di entrambi soprattutto della ragazza rende difficile la comunicazione, finché una sera lei fugge e lui la rincorre e la mette davanti alle sue responsabilità, ma lei ritorce contro quanto sta dicendo e gli rivela  come sono andate le cose con lo zio, hanno ragione entrambi e litigano. Nihat, offeso, si volta e si riavvia  alla torre dove il piccolo è solo, lei non lo segue e lui quando se ne accorge torna indietro  e la rincorre la rincorre, ma scoppia un violentissimo temporale con un fulmine che non ha colpito la ragazza per un pelo. Lui la sollecita ad alzarsi, perché, dice, le radio sono rimaste accese e se un fulmine colpisse la torre attratto dalle onde magnetiche… Tornano e, il tomento dei due,  si placa. Lui è più gentile e attento e lei  accetta le attenzioni. A detta della regista stessa che poi ha risposto a varie domande, non è dato sapere come si svilupperà la storia tra i due, del resto non è importante. Il finale quindi è aperto, ma secondo me, da come è costruito il racconto  quanto meno, anche se non ci fossero sviluppi di tipo sentimentale, ci saranno senz’altro sentimenti di amicizia e di mutuo sostegno per riuscire a perdonare sé stessi e accettare il loro vissuto drammatico.

Il film è turco del 2012 durata 100’; la regista, Pelin Esmer è nata e cresciuta ad Istambul. Questo è la sua seconda fiction, ha ricevuto moltissimi premi.

Ritengo che Watchtower sia uno dei più bei film del festival.

 

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