È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
LA SICILIA È NOSTRA
01 Mar 2015 18:48
Il 28 febbraio a Ragusa si è tenuta al Centro Feliciano Rossitto una manifestazione alla presenza dell’eurodeputata Eleonora Forenza, eletta a maggio tra le file della lista elettorale di sinistra unitaria L’Altra Europa con Tsipras. Assieme a lei abbiamo avuto importanti contributi di Olga Nassis del Comitato dei Lenzuoli Bianchi 27 settembre, Claudio Conti di Legambiente, la giornalista ed esponente della Rete Tilt! Giuliana Buzzone e Nicola Colombo della CGIL.
Ma cosa si intende con questo nome, La Sicilia è nostra? L’idea di questa manifestazione originariamente era quella di limitarsi alla contestazione contro le trivellazioni nella Valle dell’Irminio sancite dal varo del decreto Sblocca Italia. Tuttavia prendendo contatti e guardandoci attorno, da organizzatori, ci siamo resi conto che la Sicilia è zeppa di comitati di lotta territoriali. C’è il No Triv, il No Muos, il No PUA a Catania, insomma ovunque ci si giri c’è qualche comitato spontaneo che lotta contro una privatizzazione, una speculazione… In una parola contro una devastazione imminente del luogo in cui vive.
Lottano da soli, senza che un riflettore si accenda per loro, ma soprattutto, senza che un solo partito di peso si interessi minimamente alle loro richieste. Questi movimenti si dicono sempre al di fuori della politica e dei partiti non per velleitarismo, ma perché la loro volontà non trova spazio nell’agone politico attuale. Anzi, il problema è proprio questo: non importa chi sale al potere, sia destra o sinistra, le politiche delle persone che si succedono al comando sono perfettamente sovrapponibili, praticamente intercambiabili.
E allora il punto è proprio questo: non ci si può limitare a dire di no e basta, sperando che una singola lotta possa “mitigare” le conseguenze di scelte già prese e calate dall’alto. Bisogna portare tutto ad un livello superiore. Bisogna lottare contro questa politica. Non si vuole qui dire che è arrivato il momento di mettere tutti i politici in prigione, basta con questa demagogia da quattro soldi inattuabile e ingannatoria, basta con questa politica d’opposizione che alla fine si riduce ad essere riassumibile al massimo in una parolaccia.
La strada da seguire è lottare contro una visione, contro una ideologia egemone secondo cui tutto è in vendita, tutto è privatizzabile e sacrificabile all’interesse del mercato e del singolo privato. In base a ciò noi non vediamo differenze tra chi lotta contro le trivellazioni e chi lotta per esempio contro la cessione della spiaggia di Randello: è sempre una storia di saccheggio di un bene comune all’interesse di un ricco privato, il quale ha i mezzi per finanziare partiti che non hanno più bisogno di militanti e influenza media che non hanno più bisogno di giornalisti, perché a fare copia-incolla di mera propaganda non ci vogliono menti raffinate e spiriti nobili.
Noi non vediamo differenze tra il ricatto occupazionale che c’è nelle città dove sono presenti petrolchimici e il jobs act, perché sono situazioni figlie della stessa ideologia: il lavoro, i diritti e l’ambiente non sono più le pietre angolari del vivere in pace. Sono costi comprimibili, sono intralci alla crescita, sono occasioni per lucrare.
Da qui il senso di questa manifestazione. Bisogna mettere insieme queste esperienze di lotta nei territori, perché, anche se non ce ne rendiamo conto, dal Vallone a Sutera a Niscemi, dall’Irminio a Partinico è la stessa e il nemico è comune. Chiamiamolo Renzi, chiamiamolo neoliberismo, chiamiamolo austerity o capitalismo selvaggio, non importa, ma laddove c’è un fiume devastato o laddove c’è una fabbrica che licenzia perché sappiamo benissimo quali sono le leggi che impediscano loro di produrre, noi dobbiamo essere lì perché il nostro fronte è comune. Dobbiamo fare rete, costruire una visione e una identità ben precisa, prima da un punto di vista sociale e poi politico, perché la Sinistra non può limitarsi ad essere l’addizione di qualche partito a ridosso di un’elezione: la battuta sulle percentuali da prefisso telefonico non fa ridere più nessuno. La Sinistra deve prima di tutto avere una visione alternativa e radicalmente opposta allo status quo , deve rompere gli schemi del dibattito imperante e convincere che si trova dalla parte sbagliata della crisi non si trova da solo a desiderare in cuor suo cose reputate da troppi come impossibili. Bisogna mettersi in testa che questa terra, la Sicilia, è depredata e svenduta al potente di turno e che la politica attuale, come diceva Marx, si occupa solo di garantirne gli interessi. Solo se abbracciamo una visione comune possiamo passare dalla semplice protesta alla proposta politica e lottare concretamente in nome di essa.
Questa visione sabato l’abbiamo riassunta in una frase: La Sicilia è nostra! Non è di Mario Ciancio, non è della NATO, non è dell’Enichem, non è della mafia, non è di nessuno. È nostra e siamo noi a decidere cosa farne.
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